Caro Celli, altro che emigrare all’estero: è ora che i giovani facciano invasione di campo e mandino a casa i grandi vecchi
14 anni, 11 mesi fa di Alessandro Rosina
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Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un Paese per giovani (Marsilio) inaugura la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti. L’Italia è diventata, negli ultimi decenni, uno dei paesi sviluppati che meno offrono opportunità ai giovani. La strategia più comune è diventata quella di rimanere a vivere il più …
Riccardo
14 anni, 11 mesi fa
Gent.mo Prof Rosina, continua a essere un piacere questo scambio di idee. Ma davvero lei crede che chi emigri lo faccia prima di non averle provate tutte in italia o perchè all'estero è più "facile"? O che uno "rinunci in partenza"? Parlando solo per me, le posso dire che la decisione è maturata dopo 3 anni nei quali il vaso della mia pazienza si è riempito fino all'ultima gocciolina, e poi è traboccato di fronte all'ennesimo episodio tragicomico (nel senso che ci sarebbe da ridere se non fosse stato vero..).
Lei mi dice che ogni generazione "ha il compito di conquistare il proprio spazio e FORZARE se necessario, il cambiamento nella direzione giusta". Ora Le dico: bene, daccordo. Facciamolo. Come? Dando per scontato il fatto di agire con metodi legali e democratici, quali sono le opzioni? Presentare una proposta di legge ad iniziativa popolare? La informo subito che tali proposte, per quanto valide e quale che sia il colore del governo della Repubblica, vengono solitamente e volutamente lasciate marcire o fatte passare per le nobili toilette di Montecitorio o Palazzo Madama. Referendum? Idem, e poi gli italiani preferiscono andare a fare la gita fuori porta nei weekend. Facendo manifestazioni? Daccordo, a patto di mettere insieme più di 4/5 milioni di persone. Cosa improbabile, visto che anche Lei è daccordo sul fatto che i giovani contano poco dal punto di vista demografico. Votando/fondando un partito? Non scherziamo, non si può più neanche scegliere personalmente i membri del parlamento. Resta l'ultima, che secondo me è una cosa molto preziosa: facendo informazione. Questo è quello che sta facendo Eleonora (e bene, mi sembra, da quello che vedo). E sperando che pian pianino si formino delle coscienze che spengano quella "maledetta" televisione italiana. Per me, ripeto, la risposta alla sua domanda è: "no, non ci sono le condizioni nè politiche, nè economiche, nè sociali per un cambiamento". Tuttavia sono sempre stato un sognatore, e quindi voglio credere che questo cambiamento sia possibile. Se vogliamo proprio cercare una falla nel sistema, secondo me è proprio il fatto di poter emigrare. Siamo in Europa (per ora), e teoricamente anche il mercato del lavoro ha la sua domanda/offerta. Know-how e lavoratori con elevata professionalità stanno lasciando l'italia con un buon ritmo: non sia mai che in futuro le aziende italiane si rendano conto che i loro competitor europei/esteri hanno lavoratori-dirigenti-operai assai migliori e provino ad invertire la tendenza.. ma questo dovrebbe avvenire in un ambiente competitivo, e sappiamo bene quanto l'italia ami la vera competizione.
La lascio, scusandomi per la lunghezza del post, con qualche idea normativa sulla quale mi piacerebbe avere la Sua opinione:
- Possibilità di utilizzo dello stage solo sotto i 24 anni d'età -E- solo se il soggetto in questione risulta iscritto ad un corso universitario di primo o secondo livello.
- Retribuzione dello stagista pari al 60% della retribuzione lorda del CCNL del ruolo per il quale lo stagista viene formato.
Per il resto, o si LAVORA o esiste l'apprendistato..
Distinti saluti
Riccardo
Alessandro Rosina
14 anni, 11 mesi fa
Certo, l'"invasione di campo" e' metaforica ed e' un invito a fare l'opposto di quello che dice Celli, ovvero a rimanere in Italia per combattere assieme per un paese migliore. So bene che i giovani contano poco da ogni punto di vista (demografico, elettorale, economico, ecc), del resto l'ho scritto nel mio libro (che, non a caso, si chiama "Non e' un paese per giovani"). Vi sta scritto pero' anche che: per quanto siano alti gli ostacoli che si trova davanti, ogni generazione ha il compito di conquistare il proprio spazio e forzare, se necessario, il cambiamento nella direzione giusta. Se invece si rinuncia in partenza, tutto rimarra' come prima. Chiedo allora: oltre a rassegnarsi o andarsene all'estero, c'e' la possibilita' di una "invasione di campo"? Se la risposte e' "no", ok, siamo finiti, cerchiamo di gestire al meglio il declino. Se invece la risposta e' "almeno proviamoci", allora come farla? Qui sta la vera sfida. Ogni sistema, per quanto solido e apparentemente invincibile, ha una sua falla. A volte davide vince contro golia. Basta vittimismo, servono idee/proposte e disponibilita' a mettersi in gioco per un obiettivo comune.
Riccardo
14 anni, 11 mesi fa
Gent.mo Prof Rosina, innanzitutto la ringrazio per la Sua risposta. Mi permetto però di dirLe che secondo me la Sua idea di "invasione di campo" appare un pò troppo idealista, ed irrealizzabile in italia (il minuscolo, mi scuserà, è voluto). La reazione collettiva da Lei auspicata ci potrebbe essere solo da una "comunità di intenti" nazionale che mi sembra ben lontanta dalla situazione attuale..davvero vi è una tale massa critica di persone? Personalmente ne dubito.. e tutti sappiamo che i voti dei pensionati e dei dipendenti pubblici messi insieme saranno sempre di più di quelli dei precari e dei giovani. Quando questo rapporto si invertirà, o i "giuovani" si renderanno conto di prendere una pensione pari al 20% dell'ultimo stipendio, allora forse...ma probabilmente allora non farà alcuna differenza, visto che mentre in italia si giochicchia a chi la fa più lontano la sola popolazione della provincia cinese del Guangdong conta 86 milioni di abitanti (con un bacino di "classe media"- nel senso cinese del termine-che Lei può immaginare). Quanti abitanti fa l'italia? Good luck...
Distinti saluti,
Riccardo
dariobarberino
14 anni, 11 mesi fa
GRAN BELLE PAROLE DA PARTE DI TUTTI.
IN QUESTO MOMENTO SAREBBE ORA DI SVEGLIARSI DAL TORPORE ED AGIRE. IN PARTICOLARE MI PIACEREBBE RICEVERE DEI SUGGERIMENTI PRATICI SU COME EFFETTUARE LA C.D."INVASIONE DI CAMPO"?
VI RICORDO, E' NON SONO LE SOLITE SCUSE, CHE I GIOVANI CHE SI SONO SEMPRE SACRIFICATI, SONO E CONTINUANO AD ESSERE CON LE PEZZE NEL "BIP" ,E NON HANNO NESSUN POTERE ECONOMICO, QUINDI NEI SUGGERIMENTI GRADIREI CHE TENESTE CONTO DI QUESTO. GRAZIE!
Alessandro Rosina
14 anni, 11 mesi fa
Grazie per l'interesse verso l'articolo. Provo a dare qualche risposta.
A Riccardo dico che capisco molto bene il suo stato d'animo e che considero comprensibile la reazione di mandare "a quel paese" questo Paese. Pero' continuo anche a pensare sia utile una reazione collettiva, una metaforica "invasione di campo", che apra la strada ad un vero ricambio generazionale, virtuoso (basato su meccanismi trasparenti e meritocratici). Su questo punto sono molto in linea con quando detto da Elena. La solidarieta' generazionale e' fondamentale. Se l'"invasione di campo" la fa solo una persona, viene considerato un folle e subito marginalizzato. Se invece e' collettiva puo' davvero imporre un cambiamento delle regole.
Concordo anche con Seneca: conta molto una formazione che fornisca alle nuove generazioni gli strumenti giusti e non fatta solo per attrarre studenti e lasciar loro poi in testa solo illusioni (che si trasformano presto in frustrazioni). Anche questa e' una forma di sfruttamento dei giovani, quella, appunto, di chi li induce ad iscriversi (finanziando quindi i vari atenei) a corsi di laurea con nomi allettanti ma con sostanza quasi nulla.
elenabonifazi
14 anni, 11 mesi fa
C'E' SPAZIO PER UNA SOLIDARIETA' GENERAZIONALE
Gentile Professor Rosina,
è un piacere leggere il suo commento all'articolo di Celli: condivido pienamente, è la stessa cosa che ho pensato quando ho sentito il pezzo di Celli letto in radio nella rassegna stampa mattutina (per altro persino il giornalista che teneva la rassegna ha commentato con una battuta ironica nello spirito di quanto lei stesso scrive: Celli con la sua presenza perpetua è indifendibile, povero figliolo).
Il mio punto di vista personale è meno negativo di altri, perché la mia esperienza professionale - per quanto "giovane" 29enne, è passata da un pò l'epoca dello stage - è positiva, pienamente inserita in un contesto di lavoro dove ho fatto una bella esperienza e conquistato spazio di autonomia.
Tuttavia - e in questo trovo il mio punto di contatto con quanto scrive - quando mi guardo attorno rimango sempre colpita dal fatto che la mia generazione sia scarsamente rappresentata in gran parte dell'azienda dove lavoro. Se si escludono le funzioni di segreteria e amministrazione, dove trovare persone della mia età è più facile anche perché spesso sono funzioni cui si accede prima sul mercato del lavoro, non essendo spesso richiesta una laurea, per il resto la presenza di persone di età vicina alla mia con contratti a tempo indeterminato e quindi inserite pienamente nella dinamica aziendale è davvero difficile. Il tappo di cui lei parla creato dalle generazioni precedenti è particolarmente vero, e la cosa per me incredibile - questo lo ricordo anche in altra azienda ai tempi dello stage, e continuo a osservarlo nell'attuale e da altrui racconti - non c'è alcun tipo di solidarietà di chi è dentro inserito a pieno regime verso i ragazzi e le ragazze che sono fuori, spesso e volentieri non per ragioni di merito ma perché il loro costo non è assorbibile dalle aziende. Avrei molti esempi di giovani di talento che vedo tutti i giorni lavorare senza un reale riconoscimento e la possibilità di entrare a pieno titolo a rappresentare se stessi nella realtà per cui lavorano.
LA sua idea dell'invasione di campo può essere uno spunto, ma come ben saprà non è facile nel concreto trovare spazi. Ecco perché da sempre ritengo un compito fondamentale - e da sempre in prima persona mi spendo per questo - che chi è già riuscito a inserirsi tra i giovani tenga un occhio aperto verso chi è rimasto fuori. C'è spazio secondo me per una solidarietà generazionale particolarmente necessaria - basata ovviamente sul merito delle persone - che sappia farsi portavoce in azienda delle giuste esigenze e dei diritti delle nuove generazioni che lavorano senza spazi di espressione.
seneca
14 anni, 11 mesi fa
Salve a tutti. Innanzitutto premetto di aver trovato veramente valido e interessante l'articolo in questione e sottoscrivo quanto detto, essendo completamente d'accordo in tutto e per tutto. Nonostante ciò, voglio tuttavia provare a vedere le cose da un'altra prospettiva: il fatto che oggi non ci siano prospettive per i giovani in Italia è una verità assodata, tuttavia ci siamo chiesti per che professionalità?O meglio, proprio per tutti i giovani la realtà è questa?Secondo me no, o meglio, per la maggioranza si, ma non per tutti, a mio parere. Perchè ho un sacco di amici che senza alcuna laurea hanno ottimi lavori?Un mio amico elettricista, titolare di impresa individuale gaudagna una cifra che un laureato se la può solo sognare..ho amici rappresentanti di vari generi di prodotti che, nonostante il consistente calo dovuto alla crisi, continuano comunque a fatturare, chi più, chi meno, ma comunque hanno un loro guadagno dignitoso.
Conosco una diplomata all'istituto alberghiero che facendo la cuoca parte da uno stipendio che si aggira intorno ai 2000 euro..certo i turni sono massacranti, ma qual è il laureato che si avvicina a cifre simili? Ancora, consosco infermieri, fisoterapisti, dietisti..non hanno mai sentito parlare di stage..appena terminato il loro percorso di studi sono stati regolarmente assunti. Conosco un enologo, una sarta, un'addetta alla reception tutti regolarmente assunti e con i loro stipendi tranquilli..e una marea di ragionieri diplomati dipendenti di banche. Ancora, ho amici ingegneri (laureati da un paio di anni, perchè ora la crisi è forte anche in questo settore) che hanno subito trovato ottimi lavori. Sapete chi invece è sempre regolarmente disoccupato o in balia di lavoretti/stage (compresa la sottoscritta)? I laureati delle facoltà umanistiche.
In tutti i colloqui che sto sostenendo ultimamente sto incontrando solo gente disoccupata, laureata da un pezzo in "Scienze della comunicazione, Dams, Scienze politiche, Scienze Internazionali e Diplomatiche, Antropologia" e via dicendo..
Certo io non nego una legislazione fatta tutta a nostro sfavore, non nego la crisi,ecc..ma ritengo anche che per alcuni percorsi di studio non ci sia un reale sbocco occupazionale. Secondo me infatti il problema sta più a fondo:nelle università che dalla riforma del 3+2 si sono volute inventare corsi di laurea per aumentare le iscrizioni, inventando percorsi di studio assurdi e dalla nessuna attinenza con il mondo del lavoro..e proseguendo da qui con il businness dei master..perchè ormai quando ti sei laureato da un paio d'anni e non trovi uno straccio di lavoro pensi che l'ultima carta da tentare sia pagare 10-20000 nella fantomatica illusione di un posto di lavoro, speranza che al 90% verrà smentita.
Quello che voglio fare, insomma, è un po' di sana autocritica. So di attirarmi le ire di molti, ma quanto avete faticato realmente per ottenere una laurea nelle discipline suddette?Io, personalmente, quasi niente. Guardate inoltre un sito di ricerca lavoro (Monster, Job Rapido e via dicendo..) quanto sono richieste tali lauree? La risposta è la stessa: quasi niente. Anche per un semplice lavoro da impiegato commerciale sono richieste altre competenze (fatturazione, ecc) che una laurea umanistica non ti da. Parliamo di ufficio stampa, sbocco ambito di molti laureati in comunicazione: quante aziende hanno un ufficio stampa realmente?a mio parere solo aziende di grandi dimensioni, multinazionali e via dicendo..quanti laureati ci sono?una marea. Il risultato sono gli stage a 300 euro. Quello che voglio dire è che il sistema ha generato, specie negli ultimi anni, un sacco di illusioni nelle teste dei giovani (studia comunicazione, lavorerai in ambito pr dell'alta moda se farai il master a 20000 euro nel tale istituto) quando la realtà lavorativa italiana è compeltamente diversa e necessita di tutto tranne che di queste professionalità.
Questa è un po' la conclusione a cui sono giunta io, ma attendo però opinioni in merito.
Riccardo
14 anni, 11 mesi fa
Egregio Prof. Rosina,
non ho avuto l'opportunità di leggere il Suo libro, ma sono daccordo col suo punto di vista. Noi giovani dobbiamo riappropiarci del nostro futuro. Io ci sto provando, ma non è stato facile all'inizio..sa, è molto difficile trovare un lavoro con uno stipendio anche solo decente, che ti consenta di pagare un affitto e mantenerti da solo. Non parliamo poi di essere assunto solo per meriti propri, o sperare che un'azienda ti offra della formazione o investa su di te, "nuova leva" speranza per il futuro. Ora sa, dopo tanti sacrifici le cose vanno un pò meglio.. ho un buon lavoro che adoro, decenti prospettive di carriera, affitto un buon appartamento e, pensi, ho avuto pure la matta idea di sposarmi senza chiedere niente a nessuno.. ma il punto qual'è? Che sono emigrato più di un anno e mezzo fa...
Tornando alla sua metafora le posso dire che personalmente non ho alcuna voglia di giocare in una squadra che, seppur mi abbia addestrato da "Pulcino", non mi vuole ed ha espressamente e ripetutamente dimostrato di non avere a cuore il mio futuro. Il mondo e' pieno zeppo di squadre migliori, pronte ad accoglierti seppure nelle difficoltà che si possono incontrare nella vita.. andrò a giocare con quelle squadre, e se un giorno tornerò e segnerò un gol contro la mia "vecchia" squadra (probabilmente allora sarà ultima in classifica) non esulterò, ma andrò dalla "vecchia guardia" e chiederò loro: "Siete contenti, adesso?".. Distinti saluti,
Riccardo
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