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Logica delle richieste di esperienza

6 anni, 11 mesi fa di Myron_Aub

disabilitàEtàfilosofiaInformaticalaurea magistralesenza esperienzastage

Salve a tutti, probabilmente questo argomento è già stato trattato da voi più di una volta ma non sono riuscito a trovarlo trattato in modo esteso in una discussione precisa.

Mi presento, dopo una laurea in filosofia conseguita in contemporanea con attività di volontariato in una associazione in paese che digitalizza foto e documenti d'epoca (abbiamo anche inaugurato un sito con i risultati di questi lavori) e che organizza feste e concerti ho frequentato un corso legato a un Istituto Tecnico Superiore per diventare un esperto di scrivere applicazioni per dispositivi mobili , corso che mi ha portato anche a fare due buoni stage, sono stato aiutato anche per il fatto di avere un'invalidità del 70%.

Il problema è che adesso, finite tutte queste esperienze, tutte le aziende che trovo chiedono sempre "esperienza", ovvero l'aver necessariamente compiuto attività lavorative precedente in quei campi. In più, spesso chiedono restrizioni di età (tipo: cercasi laureato con al massimo 21 anni...).

Quello che vorrei chiedere a voi più che altro è però capire quali sono le logiche vere e proprie che sottostanno rispetto a queste restrizioni per età ed esperienza perché io a volte stento davvero a rintracciarle. Ad esempio mi pare che i requisiti dell'esperienza si basino esclusivamente sulla quantità di attività lavorativa conseguita, disinteressandosi però totalmente della qualità di essa. Come è possibile pensare che 5 anni di esperienza di un certo lavoro siano totalmente uguali in tutte le persone, ignorando che persone diverse possono imparare le stesse cose con velocità diversa e magari ciascuna può imparare cose che l'altra persona non ha imparato nello stesso lavoro?

Altra cosa che ho trovato senza una vera logica è il fatto che l'esperienza passata debba essere necessariamente in un'attività lavorativa o in uno stage e non in attività come volontariato, servizio civile, tempo libero e simili... Senza contare che a volte nei lavori più umili si arriva al ridicolo di chiedere "esperienza" in cose come lavare i piatti e piegare i vestiti, cose che più o meno tutti a casa sanno fare...

Certo, come obiezione si potrebbe ribattere che in media chi ha fatto queste cose come attività lavorativa e in più anni le sa fare meglio di chi le ha fatte in altre occasioni, ma a questo punto non sarebbe meglio dare la possibilità alla persona a dire "Guardate che vi posso dimostrare che so fare questa cosa meglio di chi lo ha fatto in una esperienza lavorativa e magari in più anni di esperienza rispetto a me".

Dire che questo metodo farebbe perdere tempo alle aziende mi sembra poco credibile, in quanto si potrebbe fare lo stesso ragionamento dicendo che il criterio unico della sola quantità di esperienza lavorativa fa perdere tempo assumendo spesso persone che poi messe alla prova sul campo si scoprono di scarsa qualità, danneggiando l'azienda stessa...

Più o meno un discorso simile lo farei per le richieste di età, anche qui non vedo quanta logica ci sia nel ritenere che la qualità del lavoro cambi se si assume una persona di 20 anni piuttosto che una di 30, prescindendo da tutte le altre sue caratteristiche, esperienze, capacità, competenze e simili...

Vedete voi dunque di illuminarmi e di farmi capire queste logiche interne alle aziende. Mi piacerebbe sapere in particolare se sapete quali sono i modi più efficaci per dimostrare a queste aziende le mie qualità con mezzi diversi dal portare esperienza (penso a cose come segnalazioni da parte di altre aziende, riconoscimento di qualità da parte di testimoni e così via).

Grazie in anticipo e saluti

Myron_Aub

6 anni, 10 mesi fa

disabilitàEtàfilosofiaInformaticalaurea magistralesenza esperienzastage

In risposta a #24550

Mi sembra che le mie obiezioni alle motivazioni del perché scegliere persone in base alla maggiore esperienza lavorativa od età non siano discusse e quindi restino valide. Perché una maggiore esperienza ma di qualità bassa sarebbe preferibile a una minore esperienza (magari anche non retribuita) ma comunque di alta qualità?  Non capisco il motivo per cui voi dite che "Le selezioni svolte come proponi tu, valutando le sole capacità delle persone, mettendole alla prova a prescindere dalle esperienze, sono un ideale non sempre applicabile per le aziende però perché si prospettano come più rischiose".  

Poi quando voi dite "basta guardare tutti i casi di stage in cui i giovani vengono abbandonati a se stessi invece di essere seguiti e formati sul mestiere" io mi chiedo: allora perché non vengono aboliti questi stage e tirocini e sostituiti semmai con un'attività lavorativa reale e retribuita dato che a priori molte aziende ritengono in pratica che questi stage hanno valore zero al fini di esperienza lavorativa?

Un'altra curiosità, un altro utente e varie altre persone mi hanno detto che "la laurea in filosofia non è fra le più ricercate nel mondo del lavoro oggigiorno." In effetti leggo che nelle recenti statistiche, ad esempio qui 


che "il settore letterario è quello in cui i neo-laureati partono con un reddito più basso. Anche a distanza di cinque anni il guadagno medio supera di poco i mille euro" mentre "i laureati in ingegneria, assieme a quelli di medicina, risultano tra quelli che hanno in media una progressione di carriera più rapida. Non soltanto partono con un reddito più elevato e con minore possibilità di restare senza lavoro, ma entrambi gli aspetti migliorano molto con il passare del tempo".

Io ho scelto la laurea in filosofia perché ho avuto difficoltà nel trovare lavoro a causa della mia invalidità e inoltre mi ritenevo molto bravo nel leggere, comprendere e scrivere testi, cose utili non solo in ricerca e insegnamento, ma anche in lavori come gestione di risorse umane, creazione e uso di testi per giornali, riviste, libri e siti, gestione della comunicazione nelle aziende e simili. Io adesso non so quanto le aziende cerchino lavori simili ma mi sembra strano che le aziende non riconoscano il valore di tutto ciò che viene imparato all'università. Io ad esempio nei corsi di estetica e di filosofia del linguaggio ho imparato tantissime cose ad esempio dei significati che possono essere espressi da parole o da immagini che penso in tanti aspetti della comunicazione, della pubblicità, della moda e del design... 

L'impressione che ho è che non è esattamente vero che ci siano troppi laureati in materie letterarie ma, più che altro non vengano abbastanza differenziati i laureati più bravi e meno bravi in certe capacità (mi sono laureato con 110 e lode ma alla mia facoltà questi voti abbondano dato che più l'università sforna laureati più finanziamenti riceve dal ministero, cosa che la dice lunga su quanto l'università importi differenziare gli studenti). Dunque secondo me il problema non è tanto mettere o no il numero chiuso in lauree umanistiche o simili, basterebbe fare in modo che gli studenti più bravi pagassero molto meno degli altri magari in base ai risultati di un test iniziale al primo anno, in Italia invece sembra che per avere agevolazioni economiche all'università si debba essere solo estremamente poveri... Non so cosa ne pensate voi, intanto aspetto...

Ciao

Redazione_RdS

6 anni, 10 mesi fa

disabilitàEtàfilosofiaInformaticalaurea magistralesenza esperienzastage

Ciao Myron_Aub,
ha ragione il nostro lettore fran. Sostanzialmente un candidato con esperienza per un'azienda significa capacità di lavorare in autonomia senza necessità di formazione, cosa che molto spesso le aziende non sono disposte a dare: basta guardare tutti i casi di stage in cui i giovani vengono abbandonati a se stessi invece di essere seguiti e formati sul mestiere. Un candidato con esperienza in buona sostanza come sottolinea Fran è un candidato che darà meno problemi e sarà da subito operativo.
E per il discorso dell'età è vero che scegliere persone più giovani significa avere a disposizione risorse meglio adattabili al contesto in cui opereranno perché libere da anni di esperienza pregressa. Verosimilmente poi avanzeranno anche meno pretese anche rispetto a retribuzioni più basse. Questo naturalmente a voler pensare male. Ci saranno invece anche aziende che preferiscono persone più giovani solo per poterle formare con più facilità rispetto a candidati più maturi.
Premesso questo, siamo d'accordo con te sul fatto che questo criterio di scelta potrebbe rendere più scadente la selezione perché - come ben dici - non è detto che chi ha esperienza o un'età più giovane sia più capace di fare rispetto a un altro. Le selezioni svolte come proponi tu, valutando le sole capacità delle persone, mettendole alla prova a prescindere dalle esperienze, sono un ideale non sempre applicabile per le aziende però perché si prospettano come più rischiose. Affidarsi al criterio dell'esperienza e dell'età rappresenta invece già in prima battuta una garanzia.
Grazie per lo spunto di riflessione, e torna a scriverci cosa ne pensi!
ps Di metodi di recruiting fuori dal comune abbiamo parlato spesso qui sulla RdS, ad esempio qui:
https://www.repubblicadeglistagisti.it/article/meet-the-future-ey

fran00

6 anni, 11 mesi fa

disabilitàEtàfilosofiaInformaticalaurea magistralesenza esperienzastage

Ti dico la mia sulle domande che hai sollevato, premesso che la laurea in filosofia non è fra le più ricercate nel mondo del lavoro oggigiorno. 


Vengono preferiti candidati con esperienza lavorativa ad altri che non hanno questo requisito perché di norma aver maturato un periodo di lavoro (anche da cameriere) lascia pensare che candidati di questo tipo sono abituati a lavorare con degli orari e delle scadenze prestabilite, in situazioni di stress e sanno relazionarsi in modo discreto sia con colleghi che con superiori. 

Queste cose nel volontariato possono essere anche presenti ed infatti molti selezionatori so che le prendono in considerazione, ma il mondo del volontariato non è proprio sovrapponibile al mondo del lavoro, tutto qui. In più si cerca esperienza pregressa in quel ruolo specifico (ad esempio "assistenza vendita" per una posizione di venditore) perché così il superiore dovrà formare/assistere di meno risparmiando tempo e denaro ed il neo assunto potrà fornire la propria esperienza-know how all'azienda.

L'età bassa in genere è preferita per lavori di "entry level" perché si ritiene che più si è giovani più sarà facile adattarsi, portare innovazione, accettare retribuzioni minori ed anche essere formati per una possibile carriera interna. Un'età più alta associata ad una discreta esperienza pregressa nel settore è preferita di norma per posizioni più di responsabilità e autonomia.

Spero di esserti stati di aiuto, considera che ciò che ho scritto va al di là delle miei giudizi in merito a queste dinamiche.

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