Intuizioni e metodologie aggiornate sui papiri con testi latini, piante e animali del Mesolitico europeo, storia del plurilinguismo nell'età medievale e filosofia della farmacologia: su questi argomenti si concentrano, e continueranno a misurarsi, quattro eccellenze della ricerca italiana che hanno vinto il bando 2014 della Starting grant finanziata dall'European research council. Tutti e quattro hanno ottenuto il massimo, ovvero circa un milione e mezzo di euro per ciascuno. La Repubblica degli Stagisti ha chiesto a questi ricercatori di raccontare il loro progetto, le aspirazioni e che cosa è cambiato nella loro vita dopo la vincita della prestigiosa e ricca borsa di studio. Il ricercatore che vince può infatti decidere di spostarsi, o di dividere fra due atenei il lavoro da svolgere in cinque anni.
Nel bando 2014 lo European Research Council ha valutato 3.273 progetti. 375 sono stati finanziati, e 36 di questi sono italiani. Tra loro la più giovane è la trentenne Maria Chiara Scappaticcio dell'università Federico II di Napoli, dove si è laureata in filologia classica e ha conseguito il dottorato, preferendolo addirittura a quello della Normale di Pisa. E' stata visiting scholar due volte negli Stati Uniti e ha conseguito un post doc in Belgio a Liegi: ha trascorso anche un anno a Parigi e poi è rientrata a Napoli come vincitrice di un'altra borsa. Il 2013-2014 l'ha passato tra la capitale francese e la sua città, dove intanto aveva ottenuto un posto da ricercatrice.
Il suo progetto è partito il primo aprile ed è incentrato sullo studio della lingua e della letteratura latina attraverso i testimoni - cioè i documenti scritti - su papiro. «Napoli è il posto ideale per fare ricerca nel mio campo. C'è una grande tradizione accademica e sono contenta di portarla avanti proprio qui. Ho ottenuto più o meno un milione e mezzo di euro e sono felice che il mio ateneo mi abbia permesso di tenere questo budget interamente a disposizione del mio progetto: ho assunto e sto assumendo altro personale accademico e potrò implementare la mia ricerca in diversi modi. Stiamo creando anche un sito(http://platinum-erc.it) e in autunno terremo una grande conferenza proprio a Napoli, con studiosi provenienti da tutto il mondo».
La ricerca si svolgerà principalmente in Italia, ma è di respiro europeo: l'istituzione ospitante del progetto è Napoli, ma Scappaticcio ha stabilito partnership con prestigiosi centri di studi a Parigi, Liegi e Heidenberg in Germania. «E' possibile fare ricerca libera in Italia, nel sud e ritengo che rimanere nel proprio paese, fargli ottenere prestigio e soldi sia una vera forma di lotta e resistenza intellettuale» racconta orgogliosa: «e se ci si crede veramente è possibile». Ma sul lato economico e contrattuale le soddisfazioni arrivano più lentamente. Per un ricercatore italiano a tempo determinato il salario non supera i 1800 euro. «Dopo aver vinto il bando, il lavoro e le mie responsabilità si sono moltiplicate» racconta la ricercatrice «senza che la normativa italiana presupponga, per la mia posizione attuale, un riconoscimento per la crescita dell'impegno scientifico che dirigere un progetto del genere naturalmente implica».
Grazie alla starting grant dello European Research Council è invece arrivato il "rientro del cervello" di Antonio Montefusco, 36 anni, filologo e storico medievale. Da anni al lavoro tra Parigi e Düsseldorf, dove ricopriva il ruolo di «Alexander von Humboldt fellow» alla Heinrich Heine University, ora Montefusco tornerà in Italia e sbarcherà a Venezia, all'università Ca' Foscari, che gli ha offerto una cattedra come professore associato in Filologia medievale e umanistica. La prestigiosa borsa di ricerca europea è stata conquistata dal professore con un progetto sul plurilinguismo nell’Italia dell’età di Dante. La borsa gli permetterà di creare il team di ricercatori necessario a portare avanti il progetto quinquennale. «E pensare che non ero affatto sicuro che sarei riuscito a proseguire con la carriera accademica» racconta alla Repubblica degli Stagisti: «Sono di Tuglie, in provincia di Lecce: ho fatto il liceo scientifico a Maglie, poi mi sono spostato a Roma per l'università e il dottorato. Nel frattempo ho lavorato anche nel mondo dell'editoria. Sono fuori dall'Italia da quasi 5 anni, oltre alla Francia e alla Germania sono passato anche per Vienna».
Il progetto di Montefusco è italiano, ma anch'esso coinvolgerà altri atenei: per metà si svolgerà nella parigina Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, dove il professore era borsista e dove, se non fosse arrivata la chiamata dall'Italia, avrebbe dovuto proseguire il progetto. «Sono davvero orgoglioso di contribuire a portare fondi, risorse umane e prestigio in Italia:Venezia è una sede importante e adatta al mio progetto. Sono tornato anche perchè avrò il tempo indeterminato: diventerò professore associato». Lo stipendio in Italia per questo inquadramento contrattuale si aggira sui 2.500 euro al mese. Non molto distante dunque dal compenso di un ricercatore senior in Germania o in Francia. Ai giovani dottorandi o studenti che aspirano alla carriera accademica Montefusco dà due consigli: «Portate avanti esperienze anche in altri settori professionali e non abbiate paura di andare all'estero, la mobilità non deve necessariamente trasformarsi in fuga: senza drammatizzazioni, fa parte del lavoro accademico e la arricchisce». La dura selezione dell'Erc ha permesso a Ca' Foscari di assumere il professore per chiamata diretta: il ministero dell’Istruzione ha autorizzato la chiamata e inoltre finanzierà il 50% del costo della posizione da professore.
Nonostante le intenzioni iniziali, non ha potuto sfruttare invece l'opzione della chiamata diretta per tornare in Italia Barbara Osimani, 45enne marchigiana, assistant professor e vincitrice del prestigioso finanziamento con un progetto di filosofia della scienza incentrato sulla sicurezza dei farmaci che è nato e che sarà sviluppato alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco. La ricercatrice è approdata in Germania dopo aver cominciato il suo percorso accademico in una università del centro Italia: «Mi sono laureata in Lingue a Macerata; poi ho fatto un master in Canada e il dottorato in Svizzera, e alcune consulenze in aziende private. Ho ottenuto una borsa da ricercatrice post doc all'università Cattolica di Milano con il progetto Gen-etica presso il Centro di Ateneo di Bioetica, poi sono stata a Camerino come research fellow. E ora lavoro in Germania come professore: grazie alla borsa Erc ho potuto assumere tre ricercatori per lavorare al mio progetto, che potrei portare ovunque. Da Camerino, dove ero ricercatrice, a qui, il mio stipendio è più che triplicato e questo centro di studi è davvero il massimo per il mio settore. Ma se mi offrissero il tempo indeterminato... forse tornerei in Italia». La starting grant prevede che una parte dei fondi ottenuti dal ricercatore, il 25%, venga messo a disposizione dell'ateneo ospitante (cosiddetto "overhead"). «Nel caso dei vincitori della starting grant la convenzione tacita è che la totalità o almeno la maggior parte di questa cifra sia messa comunque a disposizione del ricercatore che ha vinto il finanziamento» spiega la Osimani: «Il vantaggio di questo bando, che funziona in maniera davvero meritocratica, è la libertà di scegliere l'argomento di ricerca e la possibilità offerta al ricercatore di mettersi in mostra e proseguire il suo progetto nella migliore delle condizioni. Io per esempio ho progettato focus group che attireranno i massimi esperti del settore a Monaco da tutto il mondo».
Sul sistema accademico italiano, invece, molta amarezza: «Non c'è solo il problema della fuga dei cervelli: nonostante la ricchezza offerta dal patrimonio culturale, l'Italia non è per niente attrattiva per i ricercatori di altri paesi. La Germania per esempio punta molto a sostenere e promuovere le eccellenze universitarie». Lei per esempio racconta di essere stata molto assistita nella seconda fase di selezione del bando proprio dal KoWi, l'ente tedesco di riferimento per i finanziamenti europei della ricerca: «Invece l'Apre, a cui io stessa mi sono rivolta, si è rivelato totalmente inefficiente».
«Il mio consiglio per i ragazzi, se ne hanno la possibilità, è quello di tentare già il dottorato all'estero». A dirlo è Emanuela Cristiani, 39enne eccellenza romana del campo dell'archeologia ormai trapiantata a Cambridge. Anche lei ha ottenuto il massimo del finanziamento, in questo caso per un singolare progetto sull'alimentazione: «M'interessa capire se gli uomini vissuti da 40 mila fino a 8mila anni fa utilizzassero piante e radici per nutrirsi. L'istituzione ospitante sarà Cambridge, ma per i prossimi cinque anni ci muoveremo in Italia e nei Balcani alla ricerca di resti su cui lavorare. Me ne sono andata da Roma perchè, volendo proseguire gli studi, non c'era altra scelta» dice con grande sincerità: «Fino al dottorato ho lavorato gratis in un clima di pessimismo e di subalternità. Poi per fortuna ho tentato la Marie Curie: mi si sono aperte tante prospettive e mi è tornato l'ottimismo». Dopo aver vinto la borsa Marie Curie la Cristiani ha fatto un semestre alla Colombia University di New York e poi è tornata a Cambridge: «Come borsita Marie Curie guadagnavo 3.700 pound al mese» [circa 5.150 euro, ndr] «Avendo iniziato il primo luglio, devo ancora percerpire il salario nella mia nuova posizione lavorativa ma certamente sarà altrettanto competitivo e molto più alto di quello di un mio collega italiano nella stessa situazione. Di sicuro aumenterà il carico di lavoro e di responsabilità: anch'io mi sto occupando delle assunzioni del mio team di ricerca, saranno tre ricercatori di formazione archeologica, ma specializzati in settori diversi». Dopo aver vinto il bando dell'Erc, in realtà la Cristiani ha tentato di tornare alla Sapienza - dove si è laureata, ha fatto scuola di specializzazione e dottorato - ma senza successo: «So che il rettore si era mostrato favorevole, ma la cosa non è andata in porto. La chiamata diretta è consentita dalla legge: ma, tranne che a Venezia, è rimasta inattuata». A Cambridge invece, il finanziamento dell'Erc le ha permesso l'assunzione anche di una figura amministrativa per il suo progetto: «Sgravata dal peso della burocrazia e dall'insegnamento, mi sento davvero libera di dedicarmi alla mia ricerca».
Silvia Colangeli
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