Un lettore della Repubblica degli Stagisti scrive alla redazione per chiedere se la sua università ha il diritto di rifiutarsi di attivare uno stage: una opportunità che lui si è trovato autonomamente e a cui terrebbe molto, ma che sembra cozzare con la policy dell'ateneo sui tirocini curriculari. Purtroppo la risposta è sì: a causa di una situazione normativa ingarbugliata e sfumata, i tirocini curriculari non hanno ad oggi un chiaro quadro normativo. Ma non tutto è perduto: ci sono anche altri modi per poter "salvare capra e cavoli", e non dover rinunciare alla possibilità di intraprendere questo percorso di formazione “on the job”. Ecco la email del lettore e la nostra risposta.
Sono uno studente fuori corso iscritto ad un corso di studi triennale presso la facoltà di economia dell'Università degli Studi di Torino. Di recente ho trovato un'interessantissima azienda che mi prenderebbe per uno stage curriculare di 6 mesi, ma l'università mi nega l'attivazione dello stesso poichè il loro regolamento prevede che gli studenti di triennale facciano stage di massimo 1 mese full time o 2 mesi part time. Di fatto mi stanno negando un'opportunità davvero importante, quindi sto cercando di capire se esista un modo per cui l'università possa venirmi incontro. Poco fa ho letto il D.M. 142/1998, che pare essere la normativa che regola la materia, ed alla voce durata dice solo che la durata massima non deve essere superiore a 12 mesi per gli studenti universitari. Voi sapreste darmi qualche informazione in più in merito? l'università può porre dei limiti ulteriori a quelli del Decreto Ministeriale? Entrare in questa azienda per me è davvero importante poichè moltissimi stagisti vengono confermati a tempo indeterminato e perchè è leader mondiale del settore. Spero possiate aiutarmi; purtroppo il tempo a mia disposizione è molto limitato. Ho letto su Cliccalavoro.gov.it che possono esserci altri enti promotori per lo stage curriculare, ma non riesco a trovare quali possano essere.
Daniele
Per inquadrare il problema sollevato dal lettore bisogna fare un passo indietro, e spiegare che da qualche anno i tirocini sono formalmente suddivisi in due tipologie. Vi sono i tirocini extracurriculari, svolti al di fuori del percorso di studi, cioè dopo aver concluso la scuola superiore o l'università: questi tirocini possono essere "di formazione e orientamento", se effettuati entro i primi 12 mesi dal conseguimento dell'ultimo titolo di studi, oppure "di inserimento / reinserimento lavorativo", se dopo. Nel primo caso il soggetto promotore può essere l'ufficio stage universitario, nel secondo invece ci si può rivolgere ai centri per l'impiego, alle agenzie per il lavoro e a una serie di altri soggetti autorizzati a svolgere questa azione di "intermediazione tra domanda e offerta di lavoro". I tirocini extracurriculari sono stati al centro, tra il 2012 e il 2014, di un cambiamento normativo che ha mandato in soffitta il decreto ministeriale 142/1998, a cui fa riferimento Daniele e che in effetti per circa 15 anni aveva regolamentato l'attivazione di tutti gli stage sul territorio nazionale (senza distinzione tra curriculari ed extracurriculari). Al suo posto oggi abbiamo le Linee guida sottoscritte nel gennaio 2013 dalla Conferenza Stato-Regioni e ben 21 normative regionali diverse, che fanno sì che a seconda di dove si svolge lo stage si possano avere differenti diritti-doveri.
Vi sono poi i tirocini curriculari. Noi della Repubblica degli Stagisti da anni denunciamo il fatto che siano rimasti in un sostanziale vuoto normativo; alcuni sostengono che per questa tipologia di stage possa ancora essere applicato il vecchio dm 142/1998, che effettivamente non è mai stato abrogato. Ma in realtà applicare questo decreto alla situazione di oggi è quasi impossibile - basti pensare all'articolo 1, che prescrive i limiti numerici di utilizzo dei tirocinanti in rapporto al numero di dipendenti: le normative regionali sugli extracurriculari prevedono anch'esse limiti numerici, che vanno a sovrapporsi a quelli dettati dal vecchio decreto, rendendo quasi impossibile raccapezzarsi. Fatta dunque questa premessa, e chiarito che la regolamentazione dei tirocini curriculari ad oggi non è affatto chiara - ragion per cui sarebbe ora che il Parlamento o il Governo intervenissero in merito - arriviamo alla risposta al quesito posto dal lettore.
Già nel 2013 la Repubblica degli Stagisti aveva ricevuto da alcuni studenti di università piemontesi segnalazioni in questo senso, che avevano costituito la base per un articolo di approfondimento dal titolo "Stop agli stage curriculari in Piemonte se non correlati a crediti formativi, gli atenei rivendicano: «Siamo autonomi in queste decisioni»" della giornalista Marianna Lepore. Politecnico di Torino e università di Torino avevano all'epoca deciso autonomamente di vietare gli stage curriculari non correlati a crediti formativi; questi ulteriori nuovi limiti elencati dal lettore Daniele, e il regolamento che li contiene, sono probabilmente una novità introdotta per limitare il più possibile i tirocini durante la triennale.
Alla Repubblica degli Stagisti Adriana Luciano, già all'epoca presidente della commissione per l'orientamento, il tutorato e il placement all'università di Torino - proprio l'ateneo al quale il lettore è iscritto - aveva spiegato che «i tirocini curricolari sono parte del processo formativo e devono quindi essere governati dalle strutture didattiche».
Il punto insomma sta lì: in mancanza di indirizzi precisi e vincolanti da parte del ministero dell'Istruzione, o comunque di una normativa nazionale che dia indicazioni specifiche sulla casistica dei curriculari, alcune università scelgono di darsi una propria policy. E in alcuni casi, come quello dell'università di Torino, tirano fuori le unghie per rivendicare l'insindacabilità delle loro scelte: «Come università siamo gelosissimi della nostra autonomia e rigidissimi sulle nostre competenze. Siamo noi gli unici responsabili del tipo di formazione che diamo agli studenti e di come escono i laureati» aveva detto infatti la Luciano alla Repubblica degli Stagisti: «Noi ci sottoponiamo senza discutere alle regole imposte dal ministero del lavoro e dalla Regione per i tirocini extracurriculari perché questa è materia di regolazione del mercato del lavoro. Ma i tirocini curricolari sono sotto la piena responsabilità e giurisdizione delle strutture didattiche e quindi non ci interessa assolutamente niente cosa pensa la Regione o il ministero, perché i curricolari sono una parte del piano di studi degli studenti e ne siamo totalmente responsabili come di ogni altra attività didattica».
Però non é detto che uno studente che ha trovato un'azienda disponibile a fargli fare un tirocinio, ma che si trova sbarrata la strada da parte dell'università, debba darsi per vinto. Può sempre andare al centro per l'impiego e farsi registrare come inoccupato; sarà il cpi a quel punto che potrà fungere da soggetto promotore per eventuali stage, anche svolti durante il periodo di studi.
La stessa professoressa Luciano aveva confermato già nel 2013 la percorribilità di questa strada: «Uno studente ansioso di svolgere un tirocinio mentre studia potrà iscriversi al centro per l'impiego, anzi un tempo lo facevano praticamente tutti perché dava alcuni benefit. L'importante è frequentare le attività didattiche e rispondere alle richieste del corso di laurea».
Attenzione però: essendo attivato a favore di uno studente, lo stage non potrà essere collocato nel perimetro dell'iniziativa Garanzia Giovani, e dunque non potrà godere dei benefici economici previsti da questa iniziativa; questo perché la GG è indirizzata a chi ha concluso gli studi ed è in cerca di lavoro, e non permette l'iscrizione agli studenti universitari. Inoltre, non essendo un tirocinio curriculare, all'azienda verrà richiesto di corrispondere l'indennità mensile minima prevista dalla normativa regionale, che per il Piemonte ammonta a 300 euro in caso di stage part-time (circa 20 ore a settimana) e 600 euro in caso di stage full time (circa 40 ore a settimana).
Dato che il giovane lettore nella sua email parla di una azienda “interessantissima” e “leader mondiale del settore”, noi come Repubblica degli Stagisti immaginiamo che preveda una generosa policy anche in favore dei tirocinanti curriculari - sebbene in questo caso non vi sia una legge che imponga la corresponsione di una indennità mensile minima - e che dunque il fatto di dover erogare un rimborso spese non sia un problema. In caso invece lo fosse, un consiglio spassionato per Daniele: se un'azienda è davvero leader come dice di essere, non ha problemi a garantire un compenso ai propri stagisti, anzi di solito lo prevede spontaneamente. Insomma: se ti sbarrasse la porta solo perché non può averti gratuitamente per 6 mesi, forse non è poi quella eccezionale opportunità che tu ritieni sia.
Le immagini che corredano questo articolo sono tratte dal sito dell'università di Torino
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