Sono un lettore della Repubblica degli Stagisti fin dai tempi del blog, e vorrei farvi una domanda su un contratto che mi è stato offerto dopo aver terminato lo stage (e lo so che già questa è una cosa abbastanza rara). Sono entrato in azienda con uno stage durato tre mesi (rimborso spese 300 euro mensili), dopodiché mi è stato proposto un contratto a progetto di due mesi (prolungati poi di un ulteriore mese), contratto col quale adesso lavoro e che mi dà uno stipendio netto di 900 euro mensili. Ora un mio collega ha deciso di andarsene, e mi hanno proposto di subentrare al suo posto. Siccome lui, come tutti gli altri che svolgono le sue mansioni, aveva un contratto a tempo indeterminato, volevo sapere se fosse giusto (o almeno possibile secondo le leggi) assumere me per la stessa mansione lasciata vacante dal mio collega dimissionario con un contratto a tempo determinato di un anno.
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Premessa: nel settore privato ogni assunzione è a sé stante, fatta salva la contrattazione sindacale che può avvenire – specie in realtà molto grandi. Ogni impresa, cioè, è libera di proporre il contratto che vuole a chi vuole (chiaramente sempre nel rispetto delle leggi: per esempio, non potrebbe proporre un contratto di apprendistato a un ultratrentenne, o un contratto a progetto laddove non ci fosse un concreto progetto – anche se purtroppo questo accade molto spesso...). L'aspetto positivo è però che il lavoratore è altrettanto libero di accettare, rifiutare o anche rilanciare.
La situazione che il lettore descrive è piuttosto comune: in un ufficio se ne va un dipendente con un contratto a tempo indeterminato, e chi è chiamato a prendere il suo posto (e magari è lì dentro con un contratto atipico, come appunto il cocopro) ambirebbe a prendersi non solo le mansioni del dimissionario, ma anche la sua tipologia di contratto. La legge però non prevede per l'impresa obblighi in questo senso: i lavoratori sono distinti e separati, e il contratto a tempo indeterminato (o determinato) non si "eredita". Però, poichè spesso i responsabili delle risorse umane dicono "Vorrei poterti fare un contratto a tempo indeterminato ma ho le mani legate, non ho margine di manovra, non ci sono posizioni aperte", quando qualcuno abbandona la sua posizione – lasciandola di fatto libera e finalmente aperta – è comprensibile che a uno o più aspiranti venga l'acquolina in bocca.
Vi sono casi in cui il lavoratore precario, con gentile fermezza, ha fatto all'ufficio del personale questo ragionamento, riuscendo ad ottenerne un contratto a tempo indeterminato o almeno determinato (nella maggior parte dei casi, fra molti mugugni). Certo però si tratta di casi in cui questa persona ha fatto una scelta rischiosa, mettendo l'azienda di fronte a un aut-aut e dicendosi "o la va o la spacca".
Insomma: domandare è lecito, rispondere è cortesia. Se il lettore andrà a ricoprire esattamente lo stesso ruolo e a svolgere le stesse mansioni del collega dimissionario, potrebbe chiedere che il suo contratto a progetto venga trasformato almeno in un contratto a tempo determinato, se non indeterminato. Però la richiesta potrebbe anche cadere nel vuoto. Diverso (e ben più lungo e complesso) sarebbe il caso in cui invece l'azienda stesse utilizzando il lettore la tipologia di contratto a progetto impropriamente, e cioè senza che ci sia un vero progetto... Ma questa è un'altra storia, e la potremo raccontare solo un'altra volta – se il nostro lettore vorrà darci qualche particolare in più sulla sua vicenda.
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