«Perché i medici tirocinanti/specializzandi sono pagati e gli psicologi no? Perché questa differenza se, per legge, le due professioni sono equiparate?»: parte con questa domanda la petizione online lanciata su Change.org dall’associazione dei Giovani psicologi della Lombardia, per rompere il silenzio su questo tema e cercare di dare pari dignità ai due ruoli professionali.
«La nostra mission associativa è promuovere la cultura psicologica e facilitare i giovani professionisti della nostra categoria a realizzarsi il prima possibile. Per farlo, però, è necessario un minimo di portafoglio mentre la nostra categoria è oberata da tirocini gratuiti sin dal percorso universitario» spiega alla Repubblica degli Stagisti Matteo Baruffi, 28 anni, psicologo dal 2014 e tesoriere dell’associazione. «Il vero problema è che i tirocini senza rimborso spese continuano anche nel percorso della specializzazione in psicoterapia, periodo in cui invece un medico viene profumatamente pagato».
E allora «stanchi di questa situazione» ecco che gli attivisti di questa associazione, nata nel 2006 e aperta ai giovani laureati entro 15 anni dal titolo magistrale o 10 da quello triennale, hanno deciso di partire con questa petizione online che al momento ha raccolto quasi 2mila firme: il “traguardo” è fissato a 2.500. «Appena avremo raccolto un numero sufficientemente ampio di firme andremo al passo successivo». Che è quello di presentarsi all’Ordine professionale lombardo, chiedere il sostegno alla petizione e fare pressioni sul governo. «L’idea è quella di usare gli organi che caratterizzano la nostra professione. Un conto è presentarsi al ministero come piccola associazione, un altro spalleggiati da un ordine professionale, come quello degli psicologi lombardi, che conta 16mila iscritti».
Anche perché al momento l’associazione è sola nel condurre questa battaglia: «Esistono altre associazioni di giovani psicologi presenti nelle altre regioni» spiega alla Repubblica degli Stagisti Cecilia Pecchioli, presidente della GPL, «ma hanno una natura prettamente politica, quindi non in linea con la nostra realtà. Proprio perché sollecitati da colleghi di altre regioni, ci stiamo però muovendo per creare nuove sedi distaccate».
L’obiettivo dei Giovani psicologi lombardi è cercare di equiparare almeno in parte il percorso di specializzazione medica con quello in psicologia. Un problema che riguarda anche le altre professioni sanitarie e di cui la Repubblica degli Stagisti si è già occupata in passato, evidenziando come mentre i colleghi dottori hanno diritto a un contratto di formazione per tutta la durata della specializzazione, a uno stipendio mensile di circa 1.800 euro, alla copertura previdenziale, maternità e malattia, tutti gli altri – biologi, veterinari, psicologi, fisici, chimici, farmacisti – non godono dello stesso trattamento.
La discriminazione tra medici e altri professionisti dell’area sanitaria in realtà non avrebbe ragione di esistere. Baruffi la spiega come una «questione culturale. Il medico c’è da secoli, lo psicologo e le altre figure si sono affermate nel tempo. Quindi nell’immaginario culturale il medico rappresenta colui che ti guarisce dai problemi più impellenti, ma le altre professioni aiutano "solo" a mantenere una qualità della vita migliore. Andrebbe invece cambiata la mentalità della gente e dei medici su questo punto» spiega il giovane psicologo.
Certo, almeno sul fronte dell'orario si potrebbe obiettare che la specializzazione di uno psicologo non è così impegnativa come quella di medico: per gli psicologi è concomitante l’anno accademico e deve essere tra le 180 e le 200 ore l’anno per quattro anni. Anche se spesso si finisce per fare molte più ore perché «è una pratica che aiuta molto». Al di là del problema di costi - non indifferente visto che, facendo una media, si arriva a 12.500 euro solo per i cinque anni universitari - c'è però poi «il tirocinio post laurea di mille ore per iscriversi all’albo e fare l’esame di stato abilitante. Anche questo senza rimborso spese».
Questo tirocinio professionalizzante deve essere svolto in 12 mesi ed è totalmente gratuito. «Il tirocinio post lauream è definito “osservativo”» spiega la presidente Pecchioli, «e come tale non è retribuibile. Nei fatti, però, la natura di questi stage dipende molto dal contesto in cui vengono svolti. Ufficialmente sono osservativi, ufficiosamente i colleghi sono messi a fare lavori di vario tipo».
E poiché occupa il tirocinante fino a 5 ore al giorno, questo tirocinio rende anche piuttosto difficile far svolgere nello stesso periodo altri stage o lavori part time che possano parzialmente ricoprire le spese. Anche perché per legge il monte orario complessivo non può superare le otto ore. Avrebbe quindi più logica aumentare le ore di stage giornaliere per ridurre i tempi dello svolgimento ed evitare che un neolaureato impieghi un intero anno, in cui non può fare null’altro, per raggiungere un monte ore che si potrebbe invece raggiungere in 6 mesi (a un normale ritmo di 40 ore a settimana).
Il problema dell’anno di tirocinio innegabilmente rallenta l’entrata nel mondo del lavoro: per questo è stato affrontato anche dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. A fine febbraio di quest’anno, infatti, durante un incontro con il sottosegretario al Miur Davide Faraone, il presidente del Cnop, Fulvio Giardina, ha segnalato le criticità relative all’accesso alla professione di psicologo che appare ancora troppo lungo per i giovani laureati e ha proposto di ridurre a sei mesi lo stage post lauream. Proposta presa in carico dal sottosegretario Faraone, ma che non ha ancora avuto esito. E che, è necessario segnalarlo, nonostante venga incontro ai giovani psicologi non è stata commentata positivamente da molti professionisti, tra cui anche il presidente dell’ordine psicologi del Lazio, Nicola Piccinini, che in rete (vari commenti si possono leggere qui o qui) hanno criticato la decisione considerando invece questo tirocinio il primo vero momento professionalizzante.
La Repubblica degli Stagisti ha provato a mettersi in contatto con il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, per verificare la posizione dell'Ordine nei confronti di questa istanza: ma purtroppo in oltre due settimane non è riuscita ad avere una risposta né alle mail né alle telefonate fatte al coordinatore dell'area comunicazione. Non è dato quindi sapere se il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi appoggi o meno questa petizione.
Il problema, comunque, non è solo il lungo tirocinio gratuito che i giovani psicologi sono costretti ad affrontare, ma anche il fatto che esso si sommi alla scuola di specializzazione di quattro anni. In teoria sarebbe a scelta, «ma ormai è diventata quasi obbligatoria visto che tutti i concorsi la richiedono, e alla fine si arriva a una spesa totale di 25-30mila euro tra università e specializzazione», spiega Baruffi. Cifra impensabile se dietro non c’è una famiglia che paga. Poi c’è l’impatto con il mondo del lavoro reale, in cui trovare un’occupazione è sempre più difficile perché la psicologia attira sempre più studenti - nella sola Lombardia ogni anno circa mille nuovi iscritti - ma gli sbocchi occupazionali, complice anche la crisi economica degli ultimi anni, non sono moltissimi.
Ora, però, per l'associazione dei Giovani psicologi della Lombardia la battaglia più importante è ottenere tirocini con il rimborso spese, cercando di raccogliere quanto più sostegno possibile - che, paradossalmente, se tarda ad arrivare da alcuni colleghi psicologi, arriva invece dai medici che, «quando si pongono nei panni di uno specializzando senza riconoscimento, capiscono qual è il problema».
Eppure Matteo Baruffi è ottimista e convinto che con calma e perseveranza si riuscirà a raggiungere l’obiettivo. «Forse nel nord Europa questi temi sarebbero stati risolti prima. In Italia ci vuole molto tempo per ottenere qualcosa. Ma siamo ottimisti perché la nostra azione serve per tutelare i professionisti che si affacciano sul mercato del lavoro».
Di una cosa Baruffi è sicuro: tornando indietro rifarebbe la scelta di intraprendere questo percorso di studi e lavoro. «È una scelta che arricchisce molto la persona. Bisogna lottare, come ormai in qualsiasi campo. Però con un buon curriculum e una buona preparazione è possibile farsi conoscere e avere successo con la libera professione. O avere la fortuna di farsi notare in qualche ente pubblico e superare quei quattro raccomandati, che ci sono sempre». Perché lì non c’è nessuna petizione che possa aiutare.
Marianna Lepore
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