Uno stage da mille euro al mese al ministero, senza possibilità di assunzione: buona opportunità o trappola?

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 01 Feb 2021 in Approfondimenti

500 giovani per la cultura Mibact Rimborso spese stage in enti pubblici

Un avviso di selezione del Ministero dei beni culturali per cercare quaranta tirocinanti sotto i trent'anni interessati al lavoro di archivio e digitalizzazione – la finestra per le candidature si è chiusa l'altroieri – ha evidenziato luci e ombre di un settore che la grave crisi ha messo in ginocchio, ma che tanto bene non stava neanche prima.

«Nei fatti nulla di nuovo»: è netta Rosanna Carrieri, venticinque anni, portavoce dell’associazione Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali che già a dicembre aveva pubblicato sul proprio sito un duro commento contro questa selezione. «È da anni che il Mibact continua a utilizzare selezioni di questo tipo chiedendo lavoratori specializzati e mascherando questo con bandi temporanei per giovani. Quest’ultimo, poi, è quasi inaccessibile perché si richiedono requisiti altissimi, una laurea di base in archivistica e poi punteggi aggiuntivi per contratti di ricerca, collaborazioni con il ministero, pubblicazioni. Un bando limitante perché è difficile, purtroppo, avere questa esperienza al di sotto dei ventinove anni. Nel piano di rilancio del ministero, poi, è prevista una forte digitalizzazione del sistema, ma nei fatti la si vuole fare sfruttando i 40 giovani che risponderanno all’avviso».
 
Anche l’Associazione nazionale archeologi intravede luci e ombre su questa selezione: «Se da un lato è una formidabile occasione di formazione, con un rimborso spese non scandaloso per uno stage, e qui siamo nel campo delle luci, ci sono poi elementi che destano perplessità: perché il titolo di specializzazione, che è teoricamente più professionalizzante del dottorato, viene valutato meno di quest’ultimo che è un titolo accademico puro?» chiede Oriana Cerbone, quarant'anni, vice presidente nazionale dell'Ana con delega al lavoro e all'ufficio stampa.

Sul fatto che si affidi il compito importante della digitalizzazione a uno stagista Carrieri precisa: «Più che un tirocinante sono richieste figure specializzate. Il ministero non lo dice, ma sta cercando dei lavoratori e si gioca a tappare i buchi con stagisti, lavoratori occasionali, senza assumere ma riempiendo i vuoti con impieghi per periodi limitati. Sul piano della digitalizzazione c’è molta confusione forse perché negli anni sono stati fatti dei piani poi rimasti nel cassetto».
 
«Un tirocinante già pienamente formato dall’accademia – e questa è la figura richiesta – è sicuramente in grado di svolgere il compito della digitalizzazione, purché sia realmente supervisionato da personale esperto» pensa invece Cerbone. L’Associazione nazionale archeologi non vede necessariamente in questo bando l’offerta di un lavoro mascherato da stage: «Non riteniamo scandalosa la pratica del tirocinio formativo, purché non si esaurisca in questo la strategia del ministero per procedere nella digitalizzazione del patrimonio culturale». E sul perché il ministero riproponga un bando su cui la Corte dei Conti aveva già espresso forti perplessità nel 2016, ipotizza che ciò sia frutto di una “distrazione”: «Diversamente dovremmo pensare che qualcuno si sia convinto di poter agire in contrasto con l’indicazione degli organismi di controllo dello Stato».

C'è anche chi giudica questo bando di tirocini positivamente. «Questo è un momento di grandissima difficoltà, in cui l’organico del ministero è sottodimensionato soprattutto in uffici che hanno una grandissima rilevanza per tutti noi qual è quello degli archivi. Fare i bandi è purtroppo lunghissimo, e il rischio è tenere chiusi gli archivi o non cominciare mai il lavoro di digitalizzazione: abbiamo tentato di adottare graduatorie di altre realtà, di fare delle proroghe per trovare degli archivisti, ma non ci siamo riusciti perché devono avere delle qualifiche molto alte» spiega Flavia Nardelli, deputata 74enne che oggi siede in Commissione Cultura alla Camera, già presidente di quella stessa Commissione e per oltre vent'anni segretaria generale dell’Istituto Luigi Sturzo. Nardelli precisa che non si tratta semplicemente di riprodurre in digitale un documento, ma di «metadatare: quindi il documento va studiato, vanno indicate le parole chiave, contestualizzate, un lavoro molto importante che rende gli archivi una straordinaria ricchezza, ecco perché si cercano persone con una qualifica molto alta.
Ed ecco perché non mi scandalizzo» che per queste attività siano previsti degli stage: «Sono convinta che sono comunque delle esperienze straordinarie che si troverà poi il modo di utilizzare. Se fossi un giovane con quei requisiti confesso che parteciperei, perché sarebbero dentro una realtà che sta cambiando, un mondo importantissimo, perché gli archivi oggi hanno bisogno di personale ed è evidente che ora non riusciamo ad assumerli ma che un’esperienza del genere consentirà poi di essere avvantaggiati».

Il riferimento è alle conoscenze che si apprendono direttamente sul campo, mettendo in pratica i compiti su cui in tanti hanno studiato o si sono specializzati, ma anche alla possibilità di riconoscere poi questa esperienza nei fatti «con un impegno da parte nostra a cercare di riconoscere dei crediti nei concorsi pubblici». Una prospettiva interessante, ma che non mette d'accordo tutti. L'Ana per esempio la giudica molto pericolosa: «Che la partecipazione allo stage di oggi costituisca titolo preferenziale in altri concorsi domani è un rischio. Dato che l'accesso al bando prevede una soglia a ventinove anni, se ciò avvenisse sfocerebbe in una discriminazione verso i professionisti ben formati già over trenta. Su questo le associazioni di categoria dovranno fare buona guardia».

Rimane il nodo che il ministero stia ripetendo un bando che ha molte similitudini con un progetto già sviluppato nel 2013 e 2015 su cui addirittura la Corte dei Conti aveva espresso forti perplessità: «Abbiamo una domanda di lavoro pazzesca negli archivi e un’offerta di ragazzi preparatissimi, di grande competenza che non riescono a occupare quei posti di lavoro. Domanda e offerta di lavoro non si incontrano» commenta Nardelli: «O troviamo altre formule, magari facendo dei corsi concorsi, ma i bandi così come sono previsti dalla pubblica amministrazione sono lunghissimi, costano tanto, hanno dei contenziosi che si trascinano per anni, diventano un problema oggettivo», e aggiunge: «Siamo molto attenti alle carenze di organico in un settore delicatissimo come quello degli archivi. La storia è qualcosa che non possiamo eliminare dalle nostre vite, ma di fronte a questa carenza di personale, alle difficoltà per i tempi lunghi di bandire dei concorsi e all’urgenza di preparare persone che sappiano affrontare questi temi molto complessi di una metadatazione degli archivi, non mi sento di rimproverare questa procedura».

In ogni caso questo tirocinio avrà la funzione di «insegnare un mestiere» e consentirà l’avvio di un percorso di digitalizzazione altrimenti rimandato. Flavia Nardelli sottolinea l’importanza che uno stage del genere può avere nella in una carriera lavorativa e quanto al fatto di reclutare stagisti mettendo nero su bianco di non avere intenzione – né possibilità – di assumerli risponde pragmaticamente: «Ho visto giovani fare stage di questo tipo con dei privati con condizioni meno limpide e meno trasparenti. Se il ministero in un momento di crisi del settore fa una cosa di questo tipo in modo trasparente lo trovo positivo e non negativo».

Insomma il tirocinio da mille euro al mese è il massimo che il settore pubblico possa offrire, in questo momento. Perché alla fine, come spesso capita, il problema principale
– specie nel settore culturale – è la mancanza di investimenti e finanziamenti. Per questo Rosanna Carrieri dell’associazione Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali ricorda la loro proposta lanciata un anno fa: la costituzione di un sistema culturale nazionale che comporti una rivoluzione del settore. «Le istituzioni culturali sono essenziali perché generano benessere – perciò non andrebbero considerate come un costo ma come un aspetto fondamentale per la collettività. Ci dovrebbe essere maggiore apertura alla ricerca, alla valorizzazione del patrimonio culturale e tornare a internalizzare i lavoratori».

Anche l’Associazione nazionale archeologi sottolinea la necessità di una sufficiente dotazione economica. «C’è bisogno di innovazione sia nella dotazione digitale che nei processi di messa a disposizione del pubblico degli strumenti cognitivi per godere del diritto alla fruizione del patrimonio culturale» indica Oriana Cerbone. «E del coinvolgimento di forze nuove e fresche, sia attraverso una più corposa dotazione di personale dipendente a tempo indeterminato, essenziale per programmare, sia attraverso il coinvolgimento intelligente delle forze del libero mercato».

Un problema, quello della carenza di organico, che ricorre più volte nei ragionamenti di Flavia Nardelli: «Abbiamo bisogno di personale preparato e giovane che integri i dipendenti ormai ridotti con il tempo. Una carenza trasversale per tutto il ministero: musei, archivi, biblioteche: è un problema molto grande». Gli stagisti possono tamponarlo, per qualche tempo: ma non possono, verosimilmente, essere la soluzione.

Marianna Lepore


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