Stage, la Commissione Ue suggerisce standard di qualità ma "dimentica" il compenso minimo

Marta Latini

Marta Latini

Scritto il 30 Dic 2013 in Notizie

Il tirocinio è uno strumento usato in tutta Europa. La funzione naturale sarebbe quella di agevolare il passaggio dal mondo della formazione a quello del lavoro: infatti è uno degli elementi chiave del programma Garanzia per i giovani, approvato ad aprile 2013, rivolto a coloro che hanno un’età inferiore ai 25 anni. Tuttavia, spesso e volentieri, il tirocinio può diventare un’occasione di sfruttamento o un vicolo cieco per chi decide di farlo, se non vengono rispettate norme basilari che ne assicurino la qualità.

Per questo da anni molti gruppi e organizzazioni, tra cui anche la Repubblica degli Stagisti, hanno sollecitato le istituzioni europee a definire criteri tali da permettere la tutela dei tirocinanti: una risposta positiva è arrivata con la stesura e l’approvazione della Carta europea per la qualità dei tirocini e degli apprendistati, sottoscritta poi anche dal presidente del Parlamento europeo, con cui si chiede una condotta netta e coerente in materia di tirocini, curriculari ed extracurriculari, e di periodi di apprendistato.

Anche la Commissione europea il 4 dicembre scorso ha presentato la proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro di qualità dei tirocini, stabilendo una serie di linee guida per tutti gli Stati membri, affinché siano migliorati i contenuti di apprendimento e le condizioni di lavoro.

La Repubblica degli Stagisti ha deciso di passare in rassegna queste linee guida e dall’analisi sono emersi alcuni aspetti problematici.

Occorre subito precisare che la raccomandazione non intende coprire i tirocini curriculari ma soltanto quelli «open market» o “nel libero mercato” «svolti generalmente al termine degli studi e/o nel quadro della ricerca di un posto di lavoro»». La priorità che apre la raccomandazione è l’obbligatorietà della conclusione di un accordo scritto tra le due parti, prima dell’inizio dell’esperienza. Al centro c’è dunque la volontà di affermare un principio di trasparenza, come dichiara dal suo sito ufficiale Lázló Andor, commissario europeo responsabile della direzione generale Occupazione, affari sociali e inclusione: il promotore dovrà mettere nero su bianco, da subito, come funzionerà il tirocinio e quali sono le aspettative formative.

Ecco però il punto debole e contraddittorio. Nella sezione iniziale del documento, dove è illustrato il contesto della proposta, viene esplicitamente detto che tra le condizioni di lavoro inadeguate denunciate nelle consultazioni vi è «la retribuzione/indennità nulla o di scarsa entità» e che «una buona parte dei tirocini non retribuiti o scarsamente retribuiti può dar luogo a un problema di parità di accesso e determina anche la tendenza a sostituire lavoratori retribuiti con tirocinanti». Ebbene, la Commissione punta alla trasparenza: tuttavia raccomanda di non prevedere una retribuzione minima obbligatoria per gli stagisti ma di garantire che «il contratto di tirocinio chiarisca se sia prevista una retribuzione e/o un’indennità e, in caso positivo, ne precisi l’entità».

Viene quindi lasciata indietro una questione fondamentale, per la quale la Repubblica degli Stagisti si è sempre battuta e che anche la Carta tratta in modo molto più severo, esponendo queste misure all’articolo 3: «al tirocinante va corrisposta una retribuzione dignitosa non inferiore alla soglia di povertà per l’Ue (ossia il 60% del reddito medio nazionale) o al salario minimo nazionale, se quest’ultimo importo è più favorevole, e corrispondente alle mansioni svolte e alle ore di lavoro prestate (le ore di straordinario vanno compensate con un’indennità supplementare). La retribuzione corrisposta per il tirocinio deve essere regolamentata da disposizioni di legge o da contratti collettivi, conformemente alla prassi in vigore a livello nazionale».

Il fatto è ancora più degno di nota considerando l’atto legislativo scelto dalla Commissione, la raccomandazione, che «consente alle istituzioni europee di rendere note le loro posizioni e di suggerire linee di azione senza imporre obblighi giuridici a carico dei destinatari» si legge sul sito dell’Unione europea alla voce “Regolamenti”. Questo vuol dire che l’Ue fa presente ufficialmente agli Stati membri di essere dell’avviso che non sia necessario imporre una retribuzione o un’indennità minime, anche se il testo non è vincolante per gli stessi. E per le pratiche nazionali già operative. Come quelle italiane: ad esempio la Commissione fissa una «durata ragionevole che di regola non superi i sei mesi, salvo nei casi in cui una durata maggiore sia giustificata, come ad esempio nei casi dei programmi di formazione in azienda in vista di un’assunzione o dei tirocini svolti in un altro Stato membro». In Italia invece le linee guida concordate a gennaio, in sede di conferenza Stato-Regioni, hanno stabilito un’indennità minima di 300 euro lordi, innalzata poi da alcune Regioni, e una durata massima di 12 mesi per disoccupati e inoccupati, un limite dunque da dimezzare stando ai parametri europei.

In realtà, con l’adozione di standard minimi di qualità e l’utilizzo dei fondi strutturali e d’investimento europei, la Commissione si pone l’obiettivo di superare in qualche modo la profonda frammentazione normativa del settore, e di facilitare le opportunità di mobilità transfrontaliera, che ad oggi continuano a costituire quasi una rarità. In che modo? «Mediante un più chiaro quadro giuridico nazionale relativo ai tirocini “nel libero mercato”, la definizione di norme chiare circa l’accoglienza di tirocinanti di altri Stati membri o l’invio di tirocinanti in altri Stati membri e una riduzione delle formalità amministrative».

Le linee guida consigliano inoltre di fissare alcune regole precise dal punto di vista dei diritti e dei doveri lavorativi: «la durata massima del lavoro, i periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale e le ferie minime», nonché «la copertura assicurativa infortuni e malattia», le «condizioni in cui un tirocinio può essere prorogato o rinnovato», la necessità di un preavviso di due settimane per risolvere il contratto, il rilascio di una certificazione in cui viene riconosciuta l’attività e con essa le abilità e le competenze acquisite, il «coinvolgimento attivo delle parti sociali».

L’iniziativa è mossa da un’urgenza grave, quella di andare ad intervenire in una zona di confine in cui all’uso si sostituisce di frequente l’abuso. «Un recente sondaggio ha mostrato che un tirocinio su tre, nell’Unione europea, è al di sotto degli standard per quanto riguarda i contenuti di apprendimento e le condizioni di lavoro» spiega alla Repubblica degli Stagisti Cécile Dubois, membro dell’ufficio stampa della direzione generale Occupazione affari sociali e inclusione «È proprio indirizzandosi a questi temi che la Commissione ha avanzato una proposta di un Quadro di qualità per i tirocini».

Il sondaggio a cui fa riferimento Dubois è l’indagine Eurobarometro The experience of traineeships in the Eu dello scorso maggio, pubblicata a novembre, i cui risultati dimostrano che più del 46% degli intervistati ha fatto almeno un tirocinio, sebbene sei interpellati su dieci dichiarino di non aver ricevuto una retribuzione nella loro ultima esperienza e sebbene nel 23% dei casi il tirocinio più recente si sia concluso con l’offerta di un rinnovo anziché con un’assunzione vera e propria.

Tuttavia questi dati attestano ancora una volta che, per elevare la qualità e per aiutare realmente i milioni di stagisti europei, l’argomento della retribuzione minima obbligatoria non può essere ridotto ad una alternativa perché la sua imposizione è essenziale ai fini della tutela e del corretto inserimento del tirocinante.

La Repubblica degli Stagisti di certo non mancherà di verificare con attenzione e costanza l’iter della proposta di raccomandazione che dovrebbe essere effettiva entro la fine del 2014: «Il Consiglio avrà bisogno di raggiungere un accordo sulla raccomandazione e di adottarla poi formalmente in uno dei prossimi incontri nel 2014» conferma Dubois. Il traguardo da raggiungere è quello di ottimizzare e soprattutto potenziare una risorsa preziosa, in grado di accompagnare i giovani nel mondo del lavoro, togliendo terreno all’inoccupazione, alla disoccupazione e alla crisi.

Marta Latini

[la foto della Commissione Europea è di Tiseb - modalità creative commons]

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