Un fatturato di 300mila euro nel 2013, in crescita del 40% rispetto all'anno precedente, un leasing attivo per l'auto aziendale, cinque soci che vivono della loro start-up e tre dipendenti, due a progetto e uno a tempo indeterminato. Eppure «solo da poco siamo riusciti ad avere un primo fido bancario, che ci permette una maggiore elasticità nei pagamenti. Ma non riusciamo a comprare l'hardware a rate: la finanziaria Apple ce l'ha negato, le catene della grande distribuzione non prevedono più questa formula per le srl perché hanno subito diverse truffe. E quindi abbiamo dovuto pagare subito i computer per intero, acquistandone un paio fissi che costano meno».
A compilare questo cahier de doléances è Daniele Albanese, ingegnere informatico 29enne che con tre compagni di corso all'università di Tor Vergata ha creato nel 2011 JustBit, società che si occupa di fornire soluzioni Internet e dello sviluppo di applicazioni mobile. Senza dimenticare le spese assurde: per esempuo quando Albanese con i suoi soci Simone Notargiacomo, Francesco Pace e Manuel Cugliari, ha ceduto lo scorso anno il 4% delle quote della società al collaboratore Massimiliano Masciano, l'operazione è costata ben 800 euro «visto che abbiamo dovuto pagare le tasse su ogni transazione. Avremmo risparmiato se un solo socio avesse ceduto il 4%, ma dovevamo fare una cosa equa e così siamo arrivati a spendere una cifra importante».
Sono questi alcuni degli ostacoli che la burocrazia italiana ha posto sul cammino di JustBit. La start up ha visto la luce tre anni fa per partecipare con l'applicazione “What's in my kitchen” agli “Application awards” indetti da Ericsson. Un concorso che gli intraprendenti startupper ingegneri vinsero aggiudicandosi un premio di 15mila euro e due anni di incubazione all'interno del Programma Ego, incubatore che il colosso svedese della telefonia gestisce a Roma. Ed è nell'ufficio messo a disposizione gratuitamente in via Anagnina che i quattro ingegneri hanno lavorato per far crescere la propria azienda.
Nata come srl, con un capitale di 10mila euro suddivisi in parti uguali tra i quattro soci, vanta oggi una capitalizzazione di 100mila euro: «Abbiamo inserito Extended controls, applicazione sviluppata da Notargiacomo e Pace nel 2009, valutata 118mila euro da un perito». Questa app, capace nei primi due anni di vita di generare ricavi per 100mila euro, è valsa a JustBit anche l'accesso alle metriche relative ai download fornite da Google, dati che «ci hanno permesso di capire le potenzialità di questo mercato». Al punto che sono diverse le applicazioni sviluppate, che si uniscono ai servizi Internet forniti ai vari clienti. Quella di differenziare i settori di attività è stata una scelta consapevole: «Le aziende incontrano sempre maggiori difficoltà nei pagamenti, specialmente quelle che lavorano per la pubblica amministrazione, come alcuni nostri clienti», spiega Albanese: «Il fatto di mettere su iStore e sul market Android delle applicazioni proprietarie fa sì che raggiungiamo direttamente il consumatore. E così alla fine del mese l'assegno di Apple e di Google non ce lo toglie nessuno».
Certo, per quanto importante, questa somma non è di per sé sufficiente a garantire da sola il pareggio di bilancio. «Tra costi del personale e spese di affitto arriviamo a 15mila euro al mese. Anche per questo è importante avere più clienti, così se uno è in ritardo con i pagamenti ce n'è sempre qualcun altro che salda le fatture». E così JustBit cresce, consolidandosi. «Il nostro dipendente a tempo indeterminato è partito con un contratto a progetto, l'idea è quella di stabilizzare il personale nel giro di un anno e mezzo, al massimo due. In questo modo cresce la società insieme ai dipendenti che sono legati all'azienda. Inoltre siamo tutti coetanei e si lavora in un clima di amicizia, disteso». Le noie, come si è visto, arrivano quando si ha a che fare con clienti insolventi, ma soprattutto con la burocrazia italiana.
Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it
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