Un colonnina per ricaricare il cellulare alimentata ad energia solare, capace di trasformarsi in una palina dell'autobus, di quelle che si trovano alle fermate per leggere gli orari, così come in un tavolo per l'aperitivo. È l'ultimo dei prodotti lanciato da Garageeks, start-up fondata a Dublino da due giovani lombardi: Davide Viganò, 29enne laureato in fisica, e Niccolò Gallarati, 32enne dottore in Scienze della comunicazione. Due giovani imprenditori che si definiscono makers, ovvero artigiani digitali, e fanno parte di quel movimento che ricerca l'innovazione attraverso l'utilizzo della stampa 3D e delle schede Arduino.
I due si sono conosciuti nel 2012 al centro di ricerca europeo JRC di Ispra, dove Gallarati lavorava e dove Viganò è arrivato per uno stage legato alla sua tesi di laurea. «Niccolò si è poi trasferito a Dublino per ragioni personali. Io mi sono laureato a novembre del 2013 e non ho trovato lavori se non come programmatore Java o agente per una compagnia di assicurazione. Dopo cinque mesi ho capito che valeva la pena investire il mio tempo per creare un'attività», spiega il più giovane dei due imprenditori.
È così che ha raggiunto in Irlanda quello che di lì a poco sarebbe diventato il suo socio. Con il quale, a settembre dello scorso anno, ha dato vita a Garageeks. «La nostra è una Ltd», l'analogo anglosassone della srl italiana. O quasi: «dal punto di vista burocratico è molto più semplice, anche se dal punto di vista della tassazione non è che abbia trovato tutte queste agevolazioni». Forse anche perché Viganò risiede ancora in Italia, per la precisione in provincia di Varese, e quindi i suoi guadagni sono soggetti alle condizioni del fisco italiano.
I due hanno scelto il diritto britannico per una questione meramente pratica. Il primo progetto lanciato è stato infatti un supporto per smartphone stampato in 3D da applicare sui sedili degli aeroplani, un modo per guardare un film senza dover tenere in mano il telefono. «Per finanziarlo abbiamo lanciato una raccolta di fondi su Kickstarter. Abbiamo messo insieme i 6mila dollari che ci sono serviti per produrne 100 e spedirli in tutto il mondo». Il punto è che fino allo scorso anno la piattaforma di crowdfunding non permetteva di lanciare campagne in Italia. E per questo Viganò e Gallarati hanno scelto l'Irlanda. Con il vantaggio che «abbiamo dovuto versare solo 200 euro per fondare l'azienda, mentre l'apertura di un conto in banca ci è costata 50 euro». Il sito lo hanno sviluppato loro, ma l'hanno implementato su Shopify, un portale che permette di gestire in maniera agevole i pagamenti online.
Dopo il supporto per smartphone da utilizzare in aereo i due startupper, anzi «makers», sempre fedeli alla loro mission di «portare la tecnologia nella vita di tutti i giorni», hanno realizzato un nuovo prodotto. Si tratta di una struttura per la ricarica wireless delle batterie degli smartphone, alimentata da pannelli solari che possono essere mossi da remoto così da “inseguire” i raggi del sole. Il tutto montato su un palo con un supporto per i cellulari. Questa la parte essenziale: la forza del prodotto è che può essere completamente personalizzato. E così può diventare la palina alla fermata del tram, così si ricarica il telefono mentre si aspettano i mezzi pubblici. Oppure si può trasformarlo in un tavolino per un aperitivo, così si fa il pieno batteria durante l'happy hour.
Un prodotto sul quale Viganò e Gallarati hanno scommesso il futuro della loro azienda. «Speriamo che ci permettano di raggiungere il break even: contiamo di arrivarci entro la primavera del prossimo anno, ma molto dipenderà da come risponde il mercato». Per sollecitarlo i due hanno presentato il loro prodotto all'inizio di settembre in piazza Castello a Milano e la prossima settimana parteciperanno al Sun, fiera di Rimini dedicata ai proprietari degli stabilimenti balneari, cornice ideale per il loro prodotto. La loro agenda è ormai fitta: «Siamo stati selezionati per la Maker Faire di Roma a metà ottobre, e poi andremo al Web Summit di Dublino all'inizio di novembre».
Obiettivo primario: trovare clienti che vadano oltre quelli «per i quali produciamo targhet o gadget aziendali con la stampante 3D» e che oggi rappresentano la principale fonte di entrata della start-up. Questi ordini permettono ai due startupper di mantenersi, ma «a fatica»: ci vuole un salto di qualità. Finora Garageeks non è riuscita a convincere i fondi di venture capital a investire sulle sue attività; per questo ha deciso di rivolgersi direttamente ai clienti, sperando che il mercato dia le risposte che servono a questa start-up per continuare a crescere.
Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it
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