Marianna Lepore
Scritto il 20 Dic 2024 in Notizie
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Veramente non si può fare di meglio, per trovare lavoro a persone adulte, di metterle a fare gli stagisti? Lo stage non è un contratto di lavoro, non è vincolante, non dà diritto a una retribuzione, né a contributi previdenziali (dunque non vale niente per la pensione). È a tutti gli effetti uno strumento pensato per i giovani inesperti.
Eppure proprio lo stage è al centro del nuovo programma di stage del Comune di Bari, che ci investe una discreta sommetta – 3 milioni di euro – per pagare le indennità a favore degli stagisti: quindi praticamente le aziende che ospitano queste persone in tirocinio non scuciono un euro, e per sei mesi hanno a disposizione persone in più in organico. Inesperte, certo... ma quanto inesperta può essere una donna over 35? O un uomo over 45?
Ma il Comune di Bari difende questa scelta: «Per il nostro target, donne che non hanno mai lavorato e uomini che sono fuoriusciti dal mercato del lavoro e hanno perso competenze, c’è bisogno di un giro di giostra per rimettere in sesto una relazione positiva tra lavoro e impresa» dice alla Repubblica degli Stagisti Roberto Covolo, dirigente dell’ufficio di Gabinetto del sindaco che segue i temi di economia urbana e lavoro.
Nel dettaglio, l'iniziativa si chiama “la Fatica!” ed è stata pensata per promuovere l’inserimento e il reinserimento lavorativo di particolari soggetti fragili, con un finanziamento europeo. Il bando ha preso il via a fine novembre e andrà avanti fino al 30 giugno 2026, budget permettendo — e anzi le risorse potrebbero perfino aumentare, visto che proprio nel bando c’è scritto che «l’amministrazione comunale si riserva la facoltà di aumentare la dotazione finanziaria dedicata alla misura».
Il Comune è convinto della bontà del progetto, tanto che riconoscerà un’indennità di tutto rispetto: 800 euro al mese per sei mesi a ciascun partecipante per un impegno settimanale di 25 ore, praticamente un part-time abbondante (un orario “pieno” corrisponde a 38-40 ore settimanali secondo la maggior parte dei contratti nazionali di lavoro).
I fondi arrivano dal Programma Nazionale PN Metro Plus e Città medie Sud 2021-2027, approvato a fine dicembre di due anni fa con una dotazione finanziaria complessiva di 3 miliardi di euro tra fondi europei e cofinanziamento nazionale, che coinvolge 39 città medie del sud, «nel ruolo di beneficiari per progetti di innovazione sociale finalizzati alla rigenerazione di aree fragili, caratterizzate da disagio socio-economico e abitativo», più 14 città metropolitane tra cui c’è anche Bari che ha avuto 225 milioni di euro da utilizzare per transizione digitale e verde, inclusione e innovazione sociale e rigenerazione urbana. E che ha deciso di destinare al progetto Porta Futuro 7 milioni di euro da distribuire in vari progetti: La Fatica è uno di questi.
In realtà l’idea risale al 2016. In quell’anno il comune di Bari lancia un servizio di politica attiva per il lavoro che si chiama Porta Futuro: un job center pubblico che favorisce l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e quindi, lato cittadini, offre servizi di orientamento, formazione, costruzione del curriculum, ricerca attiva di un lavoro e, lato imprese, supporto al recruiting. «Un servizio che ha un riscontro di forte impatto» spiega Covolo, tanto che «solo nel 2024 si sono iscritte oltre 6mila persone in città e diverse centinaia di aziende».
A questo servizio ne viene poi associato un altro, sulla base dei dati sul mercato del lavoro della Provincia di Bari, per aiutare proprio chi rimane escluso da ogni tipo di aiuto: ovvero donne over 35 e uomini over 45. Ed ecco La Fatica!: «Queste persone non erano supportate da altri percorsi di matrice regionale di riavvicinamento al mercato del lavoro, come Garanzia giovani o il programma Gol, che colpiscono in particolare un target giovanile. Mentre dall’osservazione specifica per l’area metropolitana abbiamo visto che in particolare per le donne fuoriuscite dal mercato del lavoro o mai entrate – perché nel frattempo si sono dedicate alla famiglia e alla maternità – e per gli uomini usciti dal lavoro dopo una certa età, non c’erano programmi dedicati. E abbiamo deciso di orientare la sperimentazione di questi fondi, che erano destinati ai tirocini o borse lavoro, a questi target specifici fino ad ora esclusi da altre politiche attive del lavoro».
Ai tirocinanti andrà, come detto, un rimborso spese mensile di 800 euro. «Abbiamo preso la soglia minima per l’indennità mensile che è disciplinata dalla legge regionale pugliese ed è di 600 euro» – la più alta, in effetti, di tutte le Regioni del Sud – «e l’abbiamo aumentata del 30 per cento», spiega Covolo: «Pensiamo che sia dignitosa, perché visto l’impegno orario significa che è superiore ai 10 euro l’ora per un’attività di apprendimento».
Una scelta che lascia perplessi è quella di non richiedere alle aziende di cofinanziare lo stage. Un metodo spesso adottato per responsabilizzare maggiormente le imprese ospitali e convincerle poi a tenere i tirocinanti con dei veri contratti di lavoro, dopo aver investito anche economicamente su di loro. Questa volta no. «Chiediamo di garantire esperienze di qualità: che queste persone non siano messe a fare lavori ordinari», spiega il dirigente dell’ufficio Gabinetto del sindaco, «ma siano seguite da un tutor in azienda e che sia una vera esperienza di apprendimento per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro». Ovvero quello che normalmente un’impresa dovrebbe fare con uno stage – anche se, è vero, non sempre è così nella realtà. Ma insomma, quel che il Comune chiede sembra abbastanza il “minimo sindacale”: «Ogni impresa stipula con il Comune e con il tirocinante un progetto formativo individuale che si pone degli obiettivi propedeutici all’assunzione. Certo, non possiamo costringere le aziende ad assumere, ma crediamo che la costruzione di un progetto formativo in azienda di qualità possa essere uno strumento utile».
Utile probabilmente non solo agli stagisti: le aziende ospitanti riceveranno anche per ogni tirocinio attivato un rimborso fino a 300 euro; e sopratutto potranno impiegare nel loro organico queste donne e uomini over 35 senza avere, al termine, obblighi di alcun tipo verso di loro, o penalità per non averli assunti.
Il bando sta riscuotendo consenso: nei primi dieci giorni dalla pubblicazione sono state ricevute circa 150 domande, con una buona distribuzione tra i generi e le classi di età. Anche perché oltre all’indennità mensile di tirocinio ogni partecipante può ricevere una ulteriore “dote di apprendimento” dell’importo massimo di mille euro, da usare abbastanza liberamente per la formazione extra e per acquisire nuove competenze. La scelta non viene però lasciata totalmente all’autonomia dello stagista: in fase di progettazione del piano formativo stipulato tra Comune, azienda e tirocinante si decide come investire questa dote, per esempio «se l’azienda osserva che lo stagista avrebbe più possibilità di avere poi un contratto se avesse anche una patente speciale», fa un esempio Roberto Covolo, «in quel caso il tutor del Comune e quello dell’azienda suggeriranno al soggetto di investire la dote per un corso di patente di questo tipo».
Il Comune non ha dubbi sull’efficacia del programma e ha anche fatto delle stime sull’inserimento finale di questi individui over 40 che derivano da esperienze di tirocini precedenti attivati sempre dall’ente locale – anche se su un target diverso, di under 29, e dalle rilevazioni nazionali Anpal sui tirocini per adulti nel periodo 2021. «Questi dati ci dicono che il 43 per cento di chi aveva concluso l’esperienza ha poi avuto un contratto di lavoro. Questo è su base nazionale e logicamente al nord è più alto che al sud, ma noi puntiamo a registrare un dato che sia prossimo al 40 per cento».
Per quanto sul piano teorico il progetto abbia la finalità positiva di reintrodurre questi soggetti nel mercato del lavoro, i dubbi sull’opportunità restano. Primo fra tutti perché un contratto di tirocinio, come da sempre la Repubblica degli Stagisti ricorda, non è un vero contratto di lavoro. Quindi nessuna copertura in caso di malattia o di maternità, nessun giorno di ferie pagato, e sopratutto zero contributi. E tutto questo per una platea di destinatari già fuori dal mercato del lavoro, per giunta anche più che adulta, significa rendere ancora più incerto e magro il futuro pensionistico.
D’altronde proprio l’Anpal, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, in un report del maggio dello scorso anno (“Le transizioni degli adulti. Esperienze di tirocinio extracurriculare degli over 35”) evidenziava questo aspetto, scrivendo che la grande maggioranza degli adulti che si approcciano a un tirocinio vive una discontinuità con il mercato del lavoro che, «interrotta o, in alcuni casi, mitigata dall’evento di tirocinio stesso, manifesta tutta la sua criticità sul piano contributivo e pensionistico così come sulla tenuta occupazionale e sulla manutenzione e sviluppo di competenze. Per i più adulti, dunque, più che la scelta di cambiare lavoro o di qualificare la propria carriera, l’esperienza di tirocinio sembra rientrare tra le strategie per riuscire a trovare un lavoro e/o arginare la propria posizione di marginalità rispetto al mercato o più banalmente di accedere a una retribuzione».
Covolo spiega che questo strumento si affianca ad altri servizi di sportello «ed è da vedere all’interno di una strategia che non riguarda solo il Comune ma anche quello che fanno Regione e Stato. Pensiamo che su questi due target specifici c’è bisogno di un momento di incontro tra lavoro e imprese per fare una reciproca esperienza di conoscenza». E assicura che il programma sarà monitorato, «ci sarà anche una ricerca qualitativa e quantitativa dell’università di Bari per valutare se le nostre tesi sono state corrette».
Resta il fatto che usare lo stage come modalità per offrire un’entrata economica e un po’ di formazione ad adulti disoccupati, senza un potente orientamento e incentivo all’inserimento professionale, non può essere la soluzione. Staremo a vedere quanti troveranno effettivamente un lavoro al termine del programma. Ma i dati raccolti in questi anni dal ministero del Lavoro non lasciano spazio a grandi illusioni, dato che hanno dimostrato che lo stage non funziona granché, come volano all’assunzione, per chi ha più di 35 anni. Il caso Bari dimostrerà il contrario?
Marianna Lepore
Foto di apertura: credits Comune di Bari
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