Interinali, 226mila sono under 30: «Buona flessibilità e diritti» garantisce Assolavoro

Ilaria Costantini

Ilaria Costantini

Scritto il 02 Mag 2012 in Approfondimenti

Una volta si chiamavano «interinali», oggi la dicitura corretta è «lavoratori in somministrazione»: nelle pieghe della riforma Fornero ci sono significative novità anche per quanti arrivano in azienda tramite una delle agenzie per il lavoro autorizzate a fornire manodopera a soggetti sia privati sia pubblici.
La peculiarità di questo contratto, normalmente a
tempo determinato, consiste proprio nel fatto che il lavoratore è assunto direttamente dall'agenzia, pur svolgendo un'attività «nell'interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore» cioè dell'azienda (articolo 20 del decreto legislativo 276/2003), che a propria volta è legata al soggetto somministratore da un contratto di tipo commerciale. Nonostante alcuni limiti imposti al loro impiego, nel 2011 i lavoratori somministrati hanno raggiunto quota 515mila (+10% sull'anno precedente) e tra questi il 44% erano giovani fino a 29 anni. Che cosa potrebbe cambiare per loro con la riforma giunta ora all'esame della commissione Lavoro del Senato lo spiega alla Repubblica degli Stagisti Agostino Di Maio, direttore di Assolavoro, l'associazione nazionale che rappresenta oltre il 90% degli operatori presenti sul mercato italiano. «È importante superare il pregiudizio  diffuso in passato verso la somministrazione» premette Di Maio «che è l'unica forma di flessibilità in grado di garantire al lavoratore gli stessi diritti, le stesse tutele e la stessa retribuzione dei dipendenti dell'azienda presso cui svolge una missione». Dato che la stragrande maggioranza di questi rapporti ha però durata prefissata, anche il lavoro interinale è finito nel mirino del ddl Fornero. Che all'articolo 3 stabilisce che per il computo dei 36 mesi, oltre i quali il contratto di lavoro a termine si trasforma in tempo indeterminato, si debba tener conto anche dei periodi di lavoro eventualmente svolti in somministrazione per una stessa impresa. «Bisogna distinguere tra un contratto a termine e un contratto di somministrazione a tempo determinato» sottolinea Di Maio (nella foto). «In caso di mancato rinnovo da parte dell'azienda, il lavoratore a termine resta solo,  mentre alla fine della missione il lavoratore in somministrazione trova nell'agenzia servizi utili al suo reinserimento». Vero: ma se per tre anni un'azienda continua ad utilizzare la stessa persona mediante contratti a tempo o interinali, non è evidente che di quel lavoratore ha bisogno in maniera stabile? «Questo atteggiamento sanzionatorio può avere senso per i contratti a termine, che per l'impresa sono sicuramente più vantaggiosi. Ma non nel caso della somministrazione che ha comunque dei costi aggiuntivi per la parte datoriale». L'associazione ha dunque intrapreso una serrata battaglia su questo aspetto della riforma, che nella versione definitiva quasi certamente vedrà esclusa la somministrazione dal computo dei 36 mesi - dato che «sia il Pd che il Pdl si sono espressi favorevolmente». 
Resta invece da vedere se il settore riuscirà ad ottenere anche l'esenzione dal costo aggiuntivo che a partire dal 1 gennaio 2013 si applicherà ai contratti di durata prefissata per finanziare la nuova Aspi. «L'aggravio dell'1,4% colpisce direttamente la formazione, uno dei nostri punti di forza. Per quanto riguarda la somministrazione a termine questa percentuale viene infatti ritagliata dall'aliquota del 4% che le agenzie impiegano oggi per la formazione». La questione non è di poco conto se si considera che soltanto lo scorso anno le agenzie hanno versato a Formatemp - l'ente bilaterale preposto - circa 140 milioni di euro, corrispondenti appunto al 4% del monte retributivo derivante dalle missioni dei lavoratori a termine, garantendo così una formazione a più di 185mila persone, per la metà delle quali vige peraltro un obbligo di placement successivo ai corsi. Se la norma fosse già stata in vigore, calcola l'associazione, nel 2011 non sarebbe stato possibile collocare più di 30mila interinali.
Ma non tutti gli articoli del ddl vengono per nuocere al lavoro a termine: il punto B dell'articolo 3, esclude infatti il primo contratto a tempo determinato, se di durata non superiore a 6 mesi, dall'obbligo della causale, ovvero dall'indicazione  delle ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive con cui il datore è sempre tenuto a giustificare l'apposizione di un termine ad un contratto di lavoro subordinato. «Occorre fare di più» è la replica di Di Maio, che per il settore auspica ovviamente una maggiore deregolamentazione delle assunzioni a tempo. C'è da dire che dal 2010 l'obbligo della causale è già venuto meno per le persone in mobilità e più di recente, con il decreto legislativo n. 24 del 2 marzo 2012, anche per i lavoratori così detti svantaggiati e per quanti percepiscono ammortizzatori sociali da almeno sei mesi.
Per quanto riguarda più da vicino i giovani, un'importante novità è costituita invece dall'apprendistato in somministrazione, un istituto nuovissimo a cui  il ddl Fornero fa esplicito riferimento nell'articolo 5.
Già previsto nel relativo testo unico del settembre scorso, dal 6 aprile l'apprendistato in somministrazione è diventato operativo grazie ad un accordo firmato da Assolavoro, Cisl-Felsa e Uil-Temp, con l'esclusione della  Nidil Cgil.  D'ora in poi l'apprendista potrà dunque svolgere i tre anni formativi come "somministrato", anche per più datori di lavoro. Le singole missioni non potranno tuttavia avere durata inferiore a 12 mesi e, dopo il primo anno di contratto, in mancanza di un ingaggio l'agenzia dovrà corrispondere all'apprendista un'indennità di circa 700 euro mensili per un periodo di 10 mesi; durante i quali sarà anche chiamata a garantire la continuità formativa del lavoratore. Quale sia l'appeal di questo contratto lo spiega bene Di Maio: «Le aziende si liberano così da incombenze burocratiche e si affidano alle agenzie per la formazione». Non solo: perché in questo modo per l'impresa viene anche meno qualsiasi obbligo circa la stabilizzazione di questi lavoratori. Alla fine del percorso vige infatti un vincolo stringente di conferma per gli apprendisti somministrati, che dovranno essere assunti a tempo indeterminato in una percentuale non inferiore al 50%: ma anche in questo caso l'obbligo ricadrà per intero sulle spalle dell'agenzia.


Ilaria Costantini


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