Ma i soldi per lo stage, chi te li dà? La borsetta di mammà

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 18 Set 2013 in Articolo 36

Chiara ha ventiquattro anni. Ogni mattina si sveglia alle sei meno un quarto, esce e fa un'ora di strada per arrivare in ufficio. Alle sei di sera si rimette in viaggio e riattraversa la città;  cena, si fa la doccia e si mette a letto, perché il giorno dopo la sveglia suonerà di nuovo prima dell’alba.

Chiara è di Rieti. Mi racconta la sua storia via email, dopo aver pubblicato un post molto arrabbiato su Facebook. Ha studiato a Perugia e si è laureata in Comunicazione pubblicitaria con 110 e lode. Poi, come tutti i neolaureati, ha cominciato a visitare i siti di annunci e a mandare cv. Quando una nota azienda di comunicazione del settore food & beverage la convoca per un colloquio, fa i salti di gioia. La selezione va bene e lei si trasferisce a Roma, entrando con la funzione di junior account: l’«interfaccia» tra l'azienda e chi compra le campagne pubblicitarie, con il compito di trovare e seguire i potenziali investitori, preparare preventivi e proposte. In più Chiara fa anche la segretaria, spedisce pacchi, accoglie clienti, invia decine di email al giorno. Teoricamente è "in formazione", ma in realtà in ufficio nessuno le fa da guida: i suoi superiori (cioè tutti) le assegnano dei compiti pretendendo che lei li sbrighi in fretta, senza seccare per chiedere come si fa. La trattano come se fosse una dipendente, richiedendo efficienza e velocità.

Ufficialmente però Chiara non sta lavorando: è solo in stage. Questo vuol dire che non ha un contratto, o il diritto a una retribuzione, men che meno ai contributi previdenziali. Eppure di qualche soldo avrebbe bisogno: la stanza in affitto le costa 350 euro mensili a cui bisogna aggiungere le spese per vitto, trasporti, vita quotidiana. L'azienda di comunicazione, pur vantandosi di essere "leader di mercato", le elargisce soltanto 250 euro al mese. Così sua madre e suo padre devono continuare a mantenerla. Lei operaia in una ditta di pulizie, lui impiegato comunale: tirare fuori ogni mese 500 euro è un sacrificio, ma la speranza è che questa esperienza possa servire alla figlia a trovare lavoro. I genitori – quelli di questa storia, insieme a milioni di altri – sperano sempre: ma in realtà solo uno stagista su dieci viene contrattualizzato. Così l’Italia continua a maltrattare i suoi giovani, e a spremere le famiglie come limoni.

A luglio di quest'anno la Regione Lazio ha approvato una normativa regionale sui tirocini extracurriculari, quelli svolti – come ha fatto Chiara – al di fuori di un percorso formativo. La nuova legge prevede l'obbligo di corrispondere almeno 400 euro mensili agli stagisti, pena una multa variabile da mille a 6mila euro. Ovviamente non è retroattiva, ma se Chiara  cominciasse il suo stage oggi, l'azienda di comunicazione dovrebbe darle un compenso più alto, permettendole quantomeno di pagarsi l'alloggio da sola. Come il Lazio, quasi tutte le Regioni italiane si stanno in questi mesi adeguando, introducendo nuove leggi che stabiliscono un minimo di garanzie a favore degli stagisti: il risultato di anni di pressioni affinché lo strumento dello stage fosse regolamentato meglio, per evitare gli abusi e garantire ai tirocinanti qualche diritto. Certo, non è ancora abbastanza. Ma è un passo avanti nella tutela dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro.

Eleonora Voltolina

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