L’idea lanciata da Simone Perotti in Avanti tutta (Chiarelettere 2011, 14 euro) non sarà forse delle più nuove. Leggere questo pamphlet sull’abbandono dello status sociale e del consumismo a tutti i costi per dedicarsi alle proprie passioni è come un deja vu sul classico sogno di aprire un chiosco sulla spiaggia in Brasile. In barba a stipendio garantito, una posizione sociale stabile, una vita tutto sommato riuscita. Ma per Perotti [nella foto sotto], questo tipico stile di vita occidentale si riduce a un frustrante circolo vizioso fatto di produzione di denaro e consumo a oltranza.
In Adesso Basta (uscito per Chiarelettere nel 2009), che è già all'undicesima ristampa e ha venduto oltre 50mila copie, aveva già raccontato l'inizio e il perchè della sua avventura anticonformista: lui, ex manager della comunicazione e oggi scrittore e marinaio, aveva detto addio ai lunedì mattina in ufficio, agli orari del tran tran quotidiano, alle vacanze programmate. E aveva adottato il downshifting, la cosiddetta "semplicità volontaria", filosofia nata nel mondo anglosassone a partire dagli anni Novanta che prevede una autoriduzione del salario a fronte di un minor impegno in ambito professionale, ottenendo dunque maggiore tempo per se stessi.
L'autore assicura di poter vivere oggi con 700 euro al mese senza essere ricco di famiglia, né possedere una rendita, e senza attingere ai proventi del suo recente successo editoriale. Nato a Frascati 45 anni fa, ora abita in provincia di La Spezia e si mantiene con lavoretti saltuari, spesso di carattere manuale. Realizza e vende statue, pulisce barche, organizza corsi di vela e il gioco è fatto: ha riconquistato la gestione del suo tempo, non più schiavo di un modello di società che rifiuta. Più facile a dirsi che a farsi - si dirà - soprattutto per chi in downshifting, a 700 euro al mese, ci si trova per costrizione e non per scelta: disoccupati, giovani con lavori scarsamente retribuiti che per arrivare a questa cifra devono lavorare non stop tutta la settimana, pensionati, e la lista potrebbe proseguire.
Il downshifting è infatti una pratica non per tutti, ma che può essere presa in considerazione da chi, raggiunto l’apice di una buona carriera, voglia optare per una vita fuori dalle logiche del consumismo.
Perotti non descrive però questo percorso di vita come semplice o abbordabile da un giorno a un altro. Anzi. Si tratta di una condizione da studiare e pianificare minuziosamente prima di poterla mettere in pratica. E soprattutto necessita di un sostegno interiore: se non si hanno passioni forti o non si insegue nessun sogno, è meglio restare lontani dal downshifting perché la solitudine e la noia potrebbero sopraffare. Così come in caso di famiglia e figli: è più facile per un single staccare da tutto, è evidente, anche se nel blog dell’autore non mancano storie di coppie che hanno deciso di percorrere questa strada e che sopravvivono lavorando sei mesi l’uno e sei mesi l’altro, e dando da mangiare ai figli con i prodotti dell’orto in giardino. Ma ammonisce Perotti: «La vita nuova di un uomo o di una donna che oggi decidono di sottrarsi al meccanismo del capitale, del consumismo e dell’insensatezza per imboccare una via laterale è comunque complessa. Passa per la programmazione e anche per la sofferenza, e soprattutto non costituisce un punto di arrivo, semmai un nuovo inizio. Con parecchie cattive novità e qualche buona scoperta».
Molto interessanti invece gli spunti a fine libro per cambiamenti anche piccoli ma rivoluzionari all’interno del sistema (perché non è che tutti debbano uscirne). Avendo lavorato molto nelle aziende Perotti fa una serie di esempi sui tantissimi sprechi che queste potrebbero evitare: da appartamenti di proprietà lasciati sfitti a note spese dei dirigenti da far accapponare la pelle, ad aerei affittati senza ragione e viaggi di lavoro completamente inutili.
Questo convinto downshifter propone nuovi modelli di vita, dove non ci si agglomeri tutti in grandi città per immergersi nel traffico e pagare affitti altissimi, non esistano giorni di ferie prestabiliti in cui nessuno lavora mentre tanti disoccupati potrebbero essere impiegati e così via. Dove si ripensi – perché no - alla possibilità di lavorare da casa con riunioni settimanali in ufficio. Forse tutti ci guadagnerebbero.
Ilaria Mariotti
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