In occasione della Giornata internazionale degli stagisti, fissata per il 10 novembre, pubblichiamo i risultati di un sondaggio informale che abbiamo realizzato per raccogliere il parere dei giovani sulla normativa riguardante gli stage.
In particolare sulle nuove nuove linee guida della Conferenza Stato Regioni, approvate a fine maggio, che contengono parecchie modifiche rispetto alla vecchia versione (quella del gennaio 2013). Per ora solo il Lazio sembra aver recepito – con alcune “licenze” – le nuove linee guida: le altre Regioni sono molto in ritardo.
Il primo risultato del sondaggio è che i giovani vorrebbero stage più brevi: considerano 12 mesi un tempo troppo lungo, sproporzionato rispetto alla maggior parte degli obiettivi di formazione professionale.
Ai partecipanti è stato infatti sottoposto il quesito sulla decisione della conferenza Stato-Regioni di portare da 6 a 12 mesi la durata massima di tutti i tirocini extracurriculari (differenziati in quelli extracurriculari di formazione e orientamento, attivati nei primi 12 mesi dopo il conseguimento dell'ultimo titolo di studio, per i quali l'attuale durata massima è 6 mesi; e quelli extracurriculari di inserimento / reinserimento lavorativo, che comprendono tutti gli stage attivati su persone che abbiano concluso gli studi da oltre 12 mesi, per i quali la durata massima è già ora 12 mesi).
La stragrande maggioranza dei partecipanti, quasi il 60%, ritiene che si tratti di una decisione sbagliata e risponde: “Male, la durata massima di tutti gli stage dovrebbe essere 6 mesi: una durata più lunga è eccessiva”.
Vi è poi un 32% che ritiene che “bisognerebbe differenziare le durate massime degli stage a seconda delle mansioni da apprendere: durata massima più breve (6 mesi o meno) per stage per compiti ripetitivi e mansioni semplici, durata massima più lunga (anche 12 mesi va bene) per mansioni complesse e di concetto”.
Solo meno del 10% dei partecipanti è d'accordo con la Conferenza Stato-Regioni.
Per quanto riguarda l'aspetto monetario, nelle linee guida il rimborso spese forfettario minimo mensile resta fermo a 300 euro. Il secondo quesito posto dal sondaggio, sottolineando che lo stage non deve essere un lavoro ma un momento di "learning on the job", ha chiesto di valutare questa cifra.
Solo il 3% ha giudicato che 300 euro al mese sia una indennità congrua.
Oltre il 62% dei partecipanti ha risposto auspicando un allineamento “ai minimi di Piemonte e Abruzzo, che prevedono 600 euro al mese, limitando le occasioni di stage a quelle aziende che possono investire sulla formazione dei giovani anche dal punto di vista economico”. I ragazzi sono dunque consapevoli che un rimborso spese minimo più alto significherebbe probabilmente una certa riduzione della disponibilità delle aziende ad ospitare stagisti, e di conseguenza una diminuzione del numero di opportunità disponibili sul mercato: ma ritengono che la sostenibilità economica dei percorsi di stage sia più importante del “piuttosto che niente, meglio piuttosto”.
Vi è comunque circa un terzo delle voci che, probabilmente proprio per timore di questo possibile risvolto negativo - meno occasioni di stage per i ragazzi - ha scelto invece una risposta intermedia, ritenendo che la cosa migliore sarebbe “trovare un giusto mezzo di indennità minima mensile tra 300 e 600 euro, per creare il più occasioni possibili di inserimento lavorativo per i giovani ma impedire stage non economicamente sostenibili (per gli stagisti e le loro famiglie)”.
Vi è poi la questione della possibilità di fare stage in aziende che non hanno dipendenti: per esempio quelle aperte da liberi professionisti che lavorano da soli, oppure da imprenditori che si avvalgono di collaboratori ma senza avere dipendenti fissi. “È positivo per gli stagisti fare uno stage in un'azienda priva di dipendenti? Le nuove linee guida lo prevedono esplicitamente mentre finora questo punto era rimasto non specificato, e quindi alcune regioni (come la Toscana) avevano esplicitamente vietato questa pratica, altre (come la Lombardia) l'avevano esplicitamente ammessa”.
Qui la presa di posizione è netta: quasi l'80% è convinto che “no, in un'azienda che non ha dipendenti il rischio che lo stagista venga usato impropriamente aumenta”, e il fatto che un'esperienza del genere possa rivelarsi poteva e che si possa “imparare molto anche in un'azienda che non ha dipendenti” convince solo meno di un giovane su cinque.
Infine il sondaggio ha indagato il tema dell'aspettativa che lo stage si trasformi in un contratto di lavoro. “Rispetto alla percentuale di assunzione post stage, posto che nessun tirocinio può prevedere una “garanzia” di successiva assunzione, le nuove linee guida introducono una “premialità”: se un soggetto ospitante dimostra di assumere una buona percentuale di stagisti, può accogliere un numero superiore di stagisti l'anno successivo rispetto ai limiti numerici posti dalla normativa. Secondo te è giusto?”.
I partecipanti qui hanno scelto in maggioranza (61%) la risposta intermedia: “nì: il principio è giusto ma non dovrebbe essere concretizzato attraverso una “premialità” che permette di ospitare più stagisti a chi ne assume di più, ma al contrario attraverso una “disincentivo” che dovrebbe impedire di ospitare stagisti a chi ne assume di meno”.
Vi è poco meno di un quarto di partecipanti che dice “sì, certo: le aziende che assumono, dimostrando di essere in espansione, devono poter ospitare più stagisti, perché offrono più possibilità di inserimento lavorativo”. Si ferma a poco più di un sesto la percentuale di chi è convinto che “no, il limite massimo del numero di stagisti fissato dalla normativa è già alto - 10% rispetto al numero dei dipendenti - e non dovrebbe essere derogabile”.
Il sondaggio è stato effettuato su un campione casuale di circa 250 lettori della Repubblica degli Stagisti; il 27,5% dei rispondenti proveniva dalla Lombardia, il 13% dal Lazio, a seguire tutte le altre regioni.
A rispondere sono stati sopratutto i 30enni: tre quarti dei partecipanti aveva più di 25 anni. E uno su tre aveva una grande esperienza in fatto di stage, avendone già più di due al suo attivo al momento della compilazione del sondaggio.
Ovviamente il sondaggio non ha un valore rappresentativo, ma è comunque significativo rispetto a come i giovani vedono lo stage dal punto di vista dei diritti & doveri, e di come vorrebbero che fosse normato. Con l'auspicio che le Regioni che ancora non hanno legiferato tengano conto anche di queste istanze.
È bene ricordare infatti che le linee guida non sono prescrittive, e le Regioni possono scegliere di normare i tirocini in maniera differente da quanto “prescritto” dalla Conferenza. Ciò peraltro è specificamente ammesso nelle linee guida stesse, con una dicitura che vincola le regioni a poter porre delle condizioni differenti solo in un'ottica di miglioramento e quindi di maggior tutela dello stagista («Le linee guida indicano taluni standard minimi di carattere disciplinate la cui definizione lascia, comunque, inalterata la facoltà per le Regioni e province autonome di fissare disposizioni di maggior tutela»). Proprio grazie a questo il Lazio ha potuto innalzare a 800 euro al mese il rimborso spese mensile minimo obbligatorio a favore degli stagisti. Capito Regioni?
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