Riscatto della laurea verso l'estinzione: crollo delle pratiche, troppo alti i costi

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 28 Apr 2015 in Approfondimenti

Con la prospettiva di pensioni sempre più basse e lontane nel tempo, riscattare il periodo degli studi può diventare un'opzione interessante. Il vantaggio è chiaro: se si versano i contributi corrispondenti al periodo universitario - o di altri percorsi post scuola secondaria, come per esempio un master, o un periodo di servizio civile - il montante cioè il gruzzolo di propria competenza presso la propria cassa previdenziale aumenta, così come gli anni di copertura pensionistica.

E infatti la possibilità ha fatto gola a tanti, negli anni. La Repubblica degli Stagisti ha richiesto questi preziosi dati all'Inps, e finalmente può presentarli ai suoi lettori: secondo le tabelle, le domande si sono attestate annualmente intorno alle 12mila tra il 2004 e il 2007 (nel solo 2005, 16mila richieste).
Un numero poi raddoppiato nel 2008 con 25mila domande, grazie alla riforma del sistema che da quell'anno aveva introdotto il pagamento rateale e l'apertura del riscatto anche agli inoccupati. Il picco è stato raggiunto nel 2009 con 28mila domande, mentre negli anni a seguire è iniziato un calo irreversibile, complice anche con molta probabilità l'avvio della crisi economica internazionale. Così nel 2011 le pratiche avviate sono scese a 21mila, e poi il numero è crollato a 8mila nel 2012.

La ragione del tracollo è che a cavallo di queste date si è consumata in Italia una rivoluzione del sistema pensionistico, attraverso la riforma Fornero, che ha tra le altre cose innalzato l'età pensionabile. Un cambiamento che potrebbe aver convinto molti a tirarsi indietro, vedendo l'età della cessazione dell'attività da lavoro come un traguardo comunque lontanissimo. Tant'è che nel 2013 le pratiche accolte sono state solo 5mila, e nel 2014 appena 2.700. Una riduzione drastica rispetto a dieci anni fa, -78% in termini statistici, che però non sorprende.

Oltre al sistema pensionistico, a variare sono state anche le disponibilità economiche degli italiani, e riscattare una laurea può significare farsi carico di una spesa piuttosto elevata. Sul sito dell'Inps si fanno alcune simulazioni. Per una 27enne con un anno di anzianità contributiva e una retribuzione delle ultime 52 settimane di 21580 euro, l'onere ammonta a 28.500 euro. Se il reddito superasse i 22mila euro, il costo aumenterebbe fino a 29mila euro. Diverso il caso dei soggetti la cui anzianità contributiva parta da prima del primo gennaio del 1996. Per loro «l'onere di riscatto è determinato con le norme che disciplinano la liquidazione della pensione con il sistema retributivo o con quello contributivo» si spiega sulla sezione del sito che l'Inps dedica al tema, «tenuto conto della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto, anche ai fini del computo delle anzianità previste dall'articolo 1, commi 12 e 13 della legge 335 del 1995».

Per i più anziani il meccanismo è un po' diverso: «la determinazione dell’onere di riscatto dipende da molteplici fattori: età, periodo, anzianità assicurativa totale, retribuzione percepite negli ultimi anni» si legge ancora. Dunque un 40enne con 11 anni di anzianità contributiva e una retribuzione media di 35mila euro dovrà versare all'Inps una somma di circa 65mila euro per riscattare quattro anni di laurea anteriori al 1996: «il calcolo sarà misto, cioè retributivo per il solo periodo di riscatto di laurea» chiarisce il sito. Cifre che non tutti possono permettersi o che magari non molti ritengono convenienti versare, vista l'incertezza sul proprio futuro pensionistico, specie per i più giovani (e che tuttavia possono cambiare da cassa a cassa: su questo la Repubblica degli Stagisti pubblicherà prossimamente un approfondimento). Nonostante, dal 2008, sia consentito estinguere il debito pagando in 120 rate mensili senza l'applicazione di interessi per la rateizzazione: per un 27enne con un reddito di 21mila euro, la rata mensile sarebbe ad esempio di 230 euro.

E per chi un lavoro non ce l'ha? Il riscatto della laurea diventa in questo caso, e comprensibilmente, ancor meno attraente. Questa «facoltà è esercitabile da coloro che, al momento della domanda, non risultino essere stati mai iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, inclusa la Gestione Separata, e che non abbiano iniziato l'attività lavorativa» fa sapere l'Inps. Per loro il pagamento è minimo: «L'onere dei periodi da riscatto è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo degli artigiani e commercianti moltiplicato per l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell'assicurazione generale obbligatoria (vigente nell'anno di presentazione della domanda)». Ad esempio chi volesse riscattare la laurea come inoccupato presentando domanda nel 2012 dovrebbe pagare, per ogni anno di corso, un importo di quasi 5mila euro. Facile quindi che ci si scoraggi.

Non a molto sono valse in questo senso le aperture dei periodi riscattabili a altre esperienze come il servizio civile (finora le domande pervenute sono pressoché nulle: meno di dieci pratiche accolte tra il 2012 e il 2014). Così come non ha stimolato le richieste neppure l'allargamento del novero dei corsi riscattabili: praticamente tutti percorsi di studio post laurea, inclusi master e dottorati - restano fuori solo i periodo fuori corso, quelli coperti da contribuzione figurativa e inspiegabilmente anche percorsi come lo Sve, il servizio volontario europeo.

Il riscatto della laurea, insomma, si sta praticamente estinguendo, e la ragione sembra essere una sola e inequivocabile: costa troppo per le tasche degli italiani.

Ilaria Mariotti

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