Nel 1994 The Prodigy le avevano dedicato un intero album, una presa di posizione tanto musicale quanto politica. Oggi dopo più di quindici anni la jilted generation, quella dei piantati in asso, degli abbandonati dalla società che conta, torna a fare bella mostra di sè su un'altra copertina, di un libro questa volta.
«Jilted generation: how britain has bankrupted its youth», (Icon Books, 223 pagine, per il momento disponibile solo in inglese) è stato pubblicato lo scorso settembre a firma di Ed Howker e Shiv Malik [a fianco ad una presentazione londinese del volume, rispettivamente a destra e sinistra]. I due hanno in comune età - 29 anni - e professione - giornalisti - ma soprattutto una convinzione: la Gran Bretagna ha mandato in rovina i suoi giovani, le responsabilità sono sue e le gatte da pelare nostre. Altro che british style.
Della jilted generation tanto per cominciare si può fare un identikit abbastanza preciso: in Gran Bretagna sono 13 milioni, hanno tra i 18 e i 32 anni e sono i figli dei baby boomers, dei nati nel decennio dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando «le ostetriche facevano fatica a stare al passo». I baby boomers sono tanti, oggi hanno tra i 55 e i 65 anni, occupano poltrone importanti o stanno andando in pensione, stanno invecchiando. E, secondo il punto di vista degli autori, dopo aver «sbafato» e rubato dal futuro dei propri figli per oltre un ventennio, contribuendo ad accumulare un debito pubblico di 890 miliardi, continuano a fare il bello e il cattivo tempo in politica ed economia.
L'attacco è frontale e si sviluppa su quattro direttrici: «quattro fondamenti della vita di una persona, a prescindere dalla generazione di appartenenza: casa, lavoro, politica ed eredità», intesa come benessere individuale e collettivo che si passa oltre. Tra dati e interpretazioni c'è da perdersi, ma ecco alcuni highlights. Partendo dall'inizio, dal primo passo verso la maturità: una casa propria. Non considerando l'inflazione, un'abitazione che nel 1949 costava 2mila sterline nel 1960 era salita a 2.500; oggi ne servono 230mila. Nel 1990 la fascia 25-34 anni possedeva una casa di proprietà nel 43% dei casi; oggi sono il 27%. Un giovane su tre è a casa con i genitori perché non può permettersi un affitto - non ce l'ha fatta nemmeno il parlamentare John Prescott, intervistato dagli autori.
In fatto di lavoro si sfonda una porta aperta: il 68% riceve sussidi per la disoccupazione, la percentuale più alta dal dopoguerra (e a conti fatti intascano di più che se non trovassero lavoro); chi ha una carriera avviata oggi guadagna il 35% in più di chi sta iniziando (quarant'anni fa la differenza era solo del 4%); quasi un quarto dei chi ha una laurea "debole" anni dopo è ancora in stage, a zero sterline. E a proposito di stage gratuiti: «Non verrà mai fatto niente per questa vergogna, perché i ragazzi sono così disperati da accettare tutto e perché il governo continuerà ad sostenerli per accorciare l'infinita lista dei disoccupati», nonostante poi non si tratti formalmente di lavoro.
La verità di Malik e Howker è che chi è venuto prima della generazione degli abbandonati «ha dimenticato che esisteva un dopo e ha svenduto il nostro futuro in nome del profitto del momento. Sono stati soldi facili, dal momento che quanti oggi ne pagano i costi non erano lì per difendersi. Bene, adesso ci siamo». E come difendersi, esattamente? Gli autori non lo dicono. È un libro che analizza - in dettaglio - e per farlo necessariamente "smonta" un problema, lasciandone poi i pezzi sul tavolo, per così dire. C'è da sperare che a Jilted generation segua una pars construens con lo stesso carattere.
Annalisa Di Palo
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