Ilaria Mariotti
Scritto il 22 Ago 2019 in Notizie
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Italiani popolo di santi, poeti e navigatori. Sono 128mila i connazionali emigrati all'estero nel 2018, segnando un più 36 per cento nell'ultimo quinquennio. Ed è di questo fenomeno incessante le cui origini risalgono a secoli fa che parlano i due volumi Il racconto degli italiani nel mondo-Rim Junior (Tau editrice, 15 euro) della Fondazione Migrantes – l'organismo pastorale delle Cei – nelle due edizioni 2017 e 2019. «Questo non è un libro qualsiasi» avverte nell'introduzione alla prima edizione Delfina Licata [nella foto], curatrice del Rapporto sugli italiani nel mondo, la fotografia annuale sugli expat di cui questi volumi, con illustrazioni e funzioni interattive rivolte ai ragazzi, rappresentano un po' una costola. «Vi accingete a leggere e vivere un'avventura, un viaggio intorno al mondo conoscendo paesi nuovi e incontrando tante persone» scrive Licata, perché i due libri sono dedicati «agli italiani che non hanno mai smesso di lasciare l'Italia».
Il tema principale del primo è l'emigrazione raccontata attraverso la storia del cibo e dei mestieri italiani all'estero. «Seguendo le avventure di personaggi famosi e di gente comune, i ragazzi percorreranno pagine conosciute e meno note della storia italiana» si legge nella quarta di copertina. Tutto parte nella metà dell'Ottocento, quando anche in Italia, come accade oggi nei paesi meno sviluppati, «c'era gente che non riusciva a trovare lavoro, e di conseguenza non poteva comprarsi neppure pane e formaggio». Ed è allora che si cominciò a partire, «nella speranza di poter andare a letto la sera con la pancia piena». Addirittura i migranti di allora credevano che «nei luoghi dove sarebbero andati la terra sarebbe stata fertilissima». Per questo portavano con sé «semi di piantine o tralci di vite». Italia insomma «terra di emigrazione, almeno fino agli anni Settanta», epoca in cui invece comincia a trasformarsi in approdo di tanti immigrati in cerca di migliori prospettive di vita.
Nel frattempo però gli italiani in partenza sono continuati a crescere, quasi del 60% in più se si calcola il lasso temporale dal 1990 al 2015. Solo che l'emigrazione è cambiata: «Oggi chi parte non è spinto dalla miseria e dalla fame, spesso ha un'istruzione medio-alta, e inoltre le donne emigrano quanto gli uomini» è spiegato nel libro. Che nelle 187 pagine a seguire svela aneddoti e sfata miti sulla diffusione della cultura culinaria del mondo. Uno su tutti: la pasta non c'entra nulla con Marco Polo, perché questo alimento esisteva almeno mille anni prima di questo personaggio. La certezza arriva da una pubblicazione del 1100 realizzata da un geografo di allora, Al Idrisi, su incarico del sovrano siciliano Ruggero II. E ancora, si ripercorre la storia del caffé, della pizza, del gelato: il libro è una piccola enciclopedia di ricostruzioni storiche. E prosegue approfondendo i lavori considerati italiani per eccellenza, riscoprendone le radici: il barbiere, il musicista, il viticoltore.
L'edizione 2019 cambia invece prospettiva, e si focalizza in 190 pagine sui luoghi della mobilità italiana, «seguendo le avventure di donne e uomini che sono andati a vivere in diverse città del mondo». Ad Alessandria d'Egitto, che nell'Ottocento «divenne ricca e cosmopolita» rivela il libro, ci fu ad esempio un'epoca in cui tutti volevamo le famose balie italiane, da allora denominate «alessandrine». È alla volta di queste destinazione africana che si trasferirono molte donne dal Friuli, dal Veneto e dalla Calabria, chiamate dalle facoltose famiglie locali per allattare a accudire i propri bebé, ricevendo per questo un trattamento speciale. Ma la curiosità viene stuzzicata di continuo con tante storie che fanno scoprire chi sia stato, per citarne alcune, a costruire il primo grattacielo a San Paolo, a insegnare italiano alla regina di Londra, e perché ad Amsterdam vi sia una strada dedicata ai banchieri lombardi. «Tutto vero e documentato» precisa nei ringraziamenti Daniela Maniscalco, presidente dell'associazione Dante Alighieri di Lussemburgo.
I due libri fanno riemergere pezzi di passato e rammentano «che la storia deve essere il punto di partenza per capire l'oggi e viverlo al meglio» riflette Licata. Senza dimenticare che dagli splendori di un tempo si è poi arrivati a un presente meno glorioso, per cui sorge il dubbio: «La mobilità di così tanti italiani è oggi per l'Italia un danno o una ricchezza?» si chiede Licata. E la risposta è duplice: da un lato «la mobilità in sé è una ricchezza perché spinge a andare oltre se stessi facendo incontrare l'altro per sua natura diverso, per cultura, lingua e tradizioni». Ma dall'altro, prosegue Licata, «il problema nasce dal fatto che dall'Italia oggi si è obbligati a partire perché non si riesce a trovare un'occupazione e, una volta all'estero, non si ha la possibilità di tornare perché le condizioni in Italia restano proibitive».
Ilaria Mariotti
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