Due anni di tempo per creare centomila occasioni di stage, apprendistato, prime occupazioni e mobilità. L’importante è che siano “di qualità”. La promessa è impegnativa e a farla questa volta è il mondo dell’impresa insieme alla Commissione europea.
Il “Patto europeo per la Gioventù” è stato lanciato ufficialmente a Bruxelles dallo European Business Network for Corporate Social Responsibility (Csr Europe), rete che coinvolge 70 multinazionali e 45 network imprenditoriali nei diversi Stati membri (a destra, il momento del lancio del Patto a Bruxelles, alla presenza del re Filippo del Belgio, del commissario Thyssen e del presidente del Parlamento Ue Martin Schulz).
In totale, fanno 10mila imprese coinvolte. Ed è proprio alla realizzazione di 10mila partenariati pubblico-privati che punta il Patto europeo per la Gioventù. Sulla forza del fare rete, insomma, si ripone la speranza di successo di questa iniziativa. Perché le centomila opportunità sono l’obiettivo concreto da raggiungere, attraverso progetti che saranno messi in piedi a livello nazionale o internazionale dalle imprese membri di Csr e che saranno mappati sulla Business Impact Map.
Ma la speranza è molto più ampia: creare una cultura dove le collaborazioni virtuose tra mondo dell’impresa, parti sociali e mondo della formazione per offrire occasioni di occupazione ai giovani diventino la normalità. Utopia? Etienne Davignon, presidente del Csr, diplomatico di lungo corso e più volte commissario europeo, è ottimista e si spinge a definire il Patto europeo per la Gioventù «un elemento rivoluzionario, simile a ciò che è stato il programma Erasmus negli ultimi 28 anni».
L’Ue non vuole far mancare il suo appoggio, visto che negli orizzonti della Commissione c’è la creazione di 250mila nuove opportunità per tutti i giovani. Sarà per questo che, nelle parole del Commissario europeo per l’occupazione, Marianne Thyssen (nella foto a sinistra), il Patto per la Gioventù diventa «un progetto non comune. Un cambiamento culturale per aiutare i giovani a trarre il meglio dalle loro capacità e competenze». Il supporto della Commissione promette di essere tecnico, in appoggio ai partner coinvolti nell’iniziativa.
Ma cosa cambia rispetto a iniziative lanciate con altrettanta (se non maggiore) enfasi, come la Garanzia Giovani, che ad oltre un anno dal lancio faticano in quasi tutti i Paesi europei a raccogliere i risultati sperati? «Quelle sono iniziative istituzionali, portate avanti dai governi», precisa Jan Noterdaeme, co-fondatore di Csr Europe. «Sono più che benvenute e magari ben pianificate, ma quando si costruisce l’architettura di questi progetti è meglio coinvolgere le imprese, in modo che i progetti stessi si adattino al meglio alle realtà imprenditoriali».
In effetti, sul palco del Bozar di Bruxelles (il palazzo delle Belle Arti) hanno pronunciato il loro endorsement al Patto i manager di grandi compagnie. Tra queste anche Nestlè, che non a caso in Italia è da tempo una delle aziende virtuose che fa parte dell'RdS network della Repubblica degli Stagisti, attraverso cui questa testata promuove la qualità delle proposte di tirocinio offerte ai giovani italiani, e che ottiene ogni anno il riconoscimento del Bollino OK Stage. Il Patto europeo per la Gioventù nasce infatti anche sulla scia dell’iniziativa “Alliance for YOUth”, lanciata nel 2014 proprio da Nestlè, e che ha portato a creare 50mila opportunità di lavoro e stage in Europa grazie al contributo di 200 grandi, medie e piccole aziende ubicate in 22 diversi Paesi dell’Unione.
A sottoscrivere il Patto, una trentina di leader di grandi compagnie in tutto, sulle 70 che fanno parte di Csr Europe. Ci sono per esempio le italiane Enel, Pirelli e Gruppo Bracco, insieme al network Sodalitas. E non mancano grandi gruppi internazionali come Bridgestone, Microsoft, Samsung, Huawei, Ibm. «Portare i giovani europei nel mondo del lavoro è un nostro interesse vitale come imprese europee, perché loro sono il futuro delle nostre compagnie», ha dichiarato sul palco Jean-Pierre Clamadieu, Ceo di Solvay, altro partner del progetto. Potrebbe venire il sospetto che le imprese, con questa impostazione, finiscano per dire «ora facciamo noi», a un’Europa che ha 5 milioni di giovani disoccupati e ben 7 milioni di Neet, l’esercito di disillusi che non cercano un lavoro e sono fuori da qualsiasi percorso formativo. Ma questo «è solo un passo ulteriore che si aggiunge a molti altri», precisa Noterdaeme, perché «quello che manca è una massa critica di leadership, e noi vogliamo crearla grazie all’impegno congiunto dei leader dell’imprenditoria insieme ai leader europei».
A margine delle dichiarazioni ufficiali sul palco di Bruxelles, però, non sono mancate le prime critiche. «Plaudiamo a iniziative come il Patto per la Gioventù, ma il nostro supporto dipenderà da quanto seriamente i giovani e le loro priorità saranno integrate nel Patto», fa notare Johanna Nyman, presidente dello European Youth Forum, network che raduna moltissime associazioni giovanili da tutta l’Ue. Lo Youth Forum lamenta di non essere stato nemmeno interpellato, nonostante la volontà sbandierata dal Patto di coinvolgere protagonisti delle realtà giovanili, oltre a enti e organizzazioni esperte in formazione ed educazione.
Il Patto resta comunque solo una cornice, un invito all’azione: le vie per dare vita a queste centomila occasioni formative o professionali, le creeranno le imprese stesse. Lo stesso Csr Europe promette di tirare le somme tra due anni, con il primo European Enterprise-Education Summit in programma alla fine del 2017.
Maura Bertanzon
@maura07
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