Appuntamento domani, venerdì 25 settembre, con la decima edizione della “Notte dei ricercatori”, la manifestazione promossa dalla Commissione europea che da dieci anni permette ai cittadini di incontrare la scienza. Magari facendo scoccare in qualche giovane la scintilla che lo porti poi ad iscriversi ad una facoltà scientifica.
Quest'anno la manifestazione coinvolgerà ben 22 città italiane. Ma in particolare è Milano, dove l'evento è intitolato “Meet me tonight”, che si distingue: tre le università coinvolte, la Statale, la Bicocca e il Politecnico oltre al Museo della Scienza e della Tecnica. Ma soprattutto un'iniziativa che si articolerà su due giorni. Se infatti la serata di venerdì si svolgerà al museo di via San Vittore, sia venerdì che sabato, dalle 11 alle 22, ai Giardini Montanelli di via Palestro sarà possibile entrare in contatto con oltre 60 progetti di ricerca che saranno illustrati direttamente dai loro autori a grandi e piccini. E chissà davvero che tra questi ultimi non ci sia anche qualche futuro studente di chimica piuttosto che di ingegneria.
Già, perché conoscere chi fa ricerca è il primo passo per far nascere la passione per queste discipline. «Il fatto di avere dei modelli è un elemento importantissimo», spiega Donatella Sciuto, 53 anni, ordinaria di Architettura dei calcolatori e sistemi operativi e prorettore del Politecnico di Milano, da tempo impegnata per aprire le porte delle facoltà ingegneristiche anche alle ragazze. «È fondamentale far conoscere loro delle donne ingegnere, far vedere che esistono. Altrimenti nelle adolescenti rimane quella percezione per cui questo sia un corso di studi maschile, un po' da nerd e non sia così appetibile come il marketing o altre discipline simili». Certo, ci sono corsi dove la popolazione femminile è più alta, come quello in Ingegneria Biomedica. Ma non c'è niente che impedisca ad una ragazza di diventare ingegnere meccanico - o per meglio dire, come insegna l'Accademia della Crusca, una ingegnera meccanica.
In questo senso contano campagne come quella che in estate è stata lanciata su twitter con l'hashtag #ilooklikeanengineer, con cui professioniste di tutto il mondo rivendicavano la possibilità di svolgere questa professione senza rinunciare alla loro femminilità. «Lo scorso anno, insieme a Regione Lombardia e ad Aidia, abbiamo organizzato una serie di appuntamenti a colazione in cui invitavamo delle donne a raccontare alle ragazze perché era importante che ciascuna di loro scegliesse il proprio percorso senza lasciarsi intimorire».
E non bisogna pensare nemmeno soltanto agli aspetti economici, come invece ha suggerito di fare il vicedirettore del Fatto Quotidiano Stefano Feltri, scatenando quest'estate una vivace polemica. «Mi sembra riduttivo, perchè non tiene conto delle naturali aspirazioni delle persone» commenta Ugo Cosentino, docente di Chimica alla Bicocca dove è anche responsabile dei servizi di orientamento: «Se uno è bravo, è giusto per il nostro Paese che si iscriva a Lettere: troverà la sua strada all'interno delle sue affinità». E per le facoltà scientifiche? «È vero che in Italia dal punto di vista della ricerca non siamo messi bene», ammette, «ma ci sono due aspetti che dobbiamo considerare. In primo luogo bisogna scommettere sul futuro, cosa che una persona necessariamente deve fare». E la direzione da cui si avvicina il domani è quello di una «società sempre più tecnologica».
Il secondo aspetto riguarda il fatto che «quando si parla di materie scientifiche non si deve pensare alla ricerca come all'unico sbocco professionale. Anzi, sono numerose le attività nelle quali le competenze dei laureati in scienze combaciano con le esigenze del mondo del lavoro». Chi si laurea ad esempio in chimica, infatti, non solo conosce reazioni e legami della materia: «è una persona che è in grado di risolvere problemi». Una capacità che magari non si indica sul curriculum, ma che a livello occupazionale può fare la differenza.
Chi invece trova un lavoro nel mondo della ricerca non lo cambierebbe con niente al mondo, nonostante le difficoltà che questa professione incontra in Italia. «Ho scelto di partecipare a “Meet me tonight”», dove spiegherà come utilizzare le api per monitorare la qualità dell'aria di Milano, «perché voglio mostrare a quante più persone possibile quanto sia divertente il mio lavoro», dice convinta Annamaria Costa, ricercatrice di Ingegneria agraria, forestale e dei biosistemi presso il Dipartimento di Scienze veterinarie dell'università Statale. E il divertimento per lei si traduce in obiettivi raggiunti, che le hanno permesso nell'ultimo decennio di vincere numerosi premi per le sue attività in laboratorio e di pubblicare articoli su prestigiose riviste scientifiche.
Non c'è alcuna voglia di fare “proselitismo”, di “reclutare” nuovi studenti per facoltà come la sua. C'è solo il desiderio di raccontare la propria esperienza. «Io mi sono laureata in produzioni animali e non avrei mai fatto altro: assecondare le proprie inclinazioni da un senso alla propria vita». Non c'è però soltanto l'aspetto romantico. «Una facoltà come la nostra prevede un lavoro pratico. Inoltre permette di diventare un professionista in un settore destinato ad esistere sempre, in cui il lavoro non mancherà mai».
E non vale nemmeno il ritornello per cui le facoltà scientifiche sono le più difficili. «Se mi fossi iscritto a filosofia, io non mi sarei mai laureato. Alle superiori prendevo ripetizioni», confessa Giacomo Bellani, professore associato di Anestesiologia e terapia intensiva alla Bicocca e protagonista in uno degli stand di “Meet me tonight”. Nonostante la facoltà di medicina indichi chiaramente uno sbocco professionale ai suoi laureati, «mentre i miei colleghi andavano a fare gli strutturati io ho scelto la ricerca. E per quattro anni sono stato assegnista prima di essere stabilizzato. Una scelta che rifarei: magari ogni tanto è noioso, ma è un lavoro certamente entusiasmante».
Torna di nuovo il concetto di entusiasmo: uscire di casa la mattina felici di quel che si va a fare al lavoro. Un lavoro certamente pagato poco, in Italia, e meno socialmente riconosciuto di quel che dovrebbe. Ma interessante, stimolante, e per di più in un settore che è sempre alla ricerca di nuove leve e che offre anche, volendo, la possibilità di spostarsi all'estero, perché la scienza parla una lingua pressoché universale. In un panorama non certo felice come quello del mercato del lavoro europeo degli ultimi anni, è bene che i giovani sappiano che le facoltà scientifiche non rappresentano l'anticamera della disoccupazione: sono anzi una discreta garanzia di trovare, dopo, uno sbocco lavorativo. E venerdì e sabato sarà possibile averne una dimostrazione.
Riccardo Saporiti
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