Mai più stage a titolo gratuito all'Europarlamento. Il traguardo arriva dopo tre anni di battaglia – sotto il nome di #Fairinternships per stage più equi – a suon di «manifestazioni, incontri, flash mob, questionari anonimi» racconta Brando Benifei, eurodeputato Pd e copresidente dell'Intergruppo giovani. Al suo fianco David Sassoli, vicepresidente dell'Europarlamento: l'occasione è una conferenza stampa organizzata ieri apposta per annunciare «la fine della pratica vergognosa dell'uso di stagisti senza rimborso spese».
Uno stop che riguarda quel «far west» – così lo definisce Benifei – di stage che si svolgono presso gli uffici degli europarlamentari, finora rimasti sostanzialmente senza regolamentazione. La nuova normativa entrerà in vigore a partire dal primo luglio, quindi con la prossima legislatura: scongiurato per fortuna il timore «di non riuscire a rientrare nei tempi della fine del mandato», con il rischio di lasciare a metà il lavoro fatto finora.
Le regole che saranno introdotte in estate e che il Bureau ha approvato lo scorso 25 marzo rompono in maniera netta con il passato. Innanzitutto sul piano dell'indennità da corrispondere ai tirocinanti: si passa infatti da nessun tetto minimo a un range di rimborso spese – obbligatorio – dagli 800 ai 1313 euro mensili come soglia massima. Una fascia non casuale «ma allineata alle regole sugli stage in vigore in Belgio, e rispetto alle quali finora il Parlamento si poneva in una situazione di ambiguità dal punto di vista legale». O per non parlare proprio di palese illegalità: secondo i dati emersi dal questionario somministrato dall''Intergruppo nel 2017 a 233 stagisti, ben un quarto risultava pagato meno di 600 euro al mese, mentre l’8% non percepiva alcun rimborso. Il tutto a fronte di un 40% impegnato per oltre 40 ore a settimana, con un 15% che andava oltre le 45.
Uno «scandalo» secondo Sassoli, da correggere anche perché «il Parlamento europeo come istituzione deve dare l'esempio e mettere in pratica per primo ciò che chiede agli altri di fare». E siccome gli europarlamentari possono inserire stagisti anche negli uffici dei propri paesi di provenienza – quindi non solo in Belgio – il provvedimento chiede di applicare anche nei diversi Paesi membri la legge nazionale valida per gli stage.
La seconda misura riguarda poi la durata: si passa da un massimo di 18 mesi alla metà, ovvero nove mesi. Con una durata che può andare da sei settimane a cinque mesi prorogabili appunto fino a nove. Si pone l'obbligo dell'assicurazione sanitaria (è attualmente sufficiente la sola autocertificazione), e si fissano altri due paletti: ogni europarlamentare non potrà avvalersi di più di tre stagisti contemporaneamente né ripetere lo stage con chi lo abbia già fatto.
Si apre anche una finestra specifica per le cosiddette 'visite di studio', una nuova categoria che introduce il regolamento appena approvato rivolta «ai ragazzi che stanno per terminare le scuole superiori o che frequentano l'università e che vogliono svolgere una piccola esperienza presso l'Europarlamento» sottolinea Benifei. Proprio per evitare che vi sia una sovrapposizione con gli stage «abbiamo stabilito che il massimo possibile di durata di queste esperienze sia pari al minimo dello stage, ovvero sei settimane». Ogni europarlamentare può usufruire al massimo di due visite di studio per legislatura, e può – in questo caso liberamente – decidere di erogare un piccolo forfait «che non potrà comunque superare il massimo previsto per una mensilità di stage».
La nuova regolamentazione, è bene specificarlo, non avrà alcun effetto sui tirocini Schuman, quel programma di tirocini che si ripeto ogni anno al Parlamento Ue, garantiti da regole e tutele ben precise, e che ogni anno accolgono nelle varie aree dell'istituzione circa 900 persone. «Questi prevedono già programmi formativi e compensi adeguati» chiarisce Benifei. L'urgenza era insomma intervenire sulle altre categorie di stage «rispetto alle quali il Parlamento era inadempiente». Adesso invece ci sarà un allineamento a questi tirocini ufficiali «perché in base ai nuovi contratti attivati da luglio gli stagisti risulteranno a tutti gli effetti dei dipendenti del Parlamento, come vale per gli Schuman, adeguandosi poi al trattamento per gli stagisti previsto dall'ordinamento belga».
L'obiettivo è andare anche oltre. Spiega Benifei che il fine politico ultimo «è quello di mettere a bando i tirocini senza rimborso spese in tutta Europa, e più in generale accrescerne la qualità». Anche se inseriti «nell'ambito di un percorso formativo, il lavoro e l'impegno vanno pagati», fa eco Sassoli. Il primo passo sarà la riforma del «Quadro di qualità europeo per i tirocini e per gli apprendistati», una raccomandazione del Consiglio adottata nel 2014 che definisce standard minimi che i Paesi Ue si sono impegnati a rispettare.
Resta il nodo dei controlli e delle sanzioni. «Come si può evitare che la nuova normativa non sia aggirata?» chiede un giornalista al termine della conferenza stampa. «Il tutto si svolgerà dentro la cornice dei controlli ordinari realizzati dal Parlamento europeo e con responsabilità diretta dell'istituzione» rassicura Sassoli. Ma per averne la certezza la normativa andrebbe forse implementata anche su quel fronte.
Ilaria Mariotti
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