Leila ben Salah
Scritto il 26 Ago 2016 in Approfondimenti
amministrazione pubblica giornalismo lavorare in ufficio stampa
A metterci un piede dentro sembra di essere finiti in una vera e propria giungla. Ognuno fa quel che vuole nel libero (e nemmeno tanto) mercato degli uffici stampa. In realtà una legge di riferimento c’è: è la 150 del 2000; ma nella pubblica amministrazione resta per lo più inapplicata. La legge parla chiaro: l'addetto stampa negli enti pubblici deve essere un giornalista iscritto all'albo – e come tale i suoi contributi devono essere versati all'Inpgi e non all'Inpdap. Ma non è sempre così. Spesso i giornalisti dell'ufficio stampa hanno i contratti più disparati e succede pure che il loro posto sia occupato da un dipendente pubblico che non è giornalista, non lo ha mai fatto e non sa nemmeno cosa voglia dire farlo.
Eppure qualcosa si muove. Una buona notizia è arrivata lo scorso 6 luglio, quando la Consulta ha stabilito che «è legittimo applicare la retribuzione prevista dal contratto di lavoro di categoria ai giornalisti impiegati negli uffici stampa della Regione». In questo caso ci si riferisce alle Marche, perché lì i 14 giornalisti dell'ufficio stampa regionale hanno optato per il contratto giornalistico, ma l'ente non voleva concederlo. Si è finiti in tribunale e alla fine la Consulta ha stabilito che «il personale regionale di ruolo iscritto all'ordine dei giornalisti e che svolge mansioni giornalistiche negli uffici stampa della Regione può optare per il trattamento economico previsto dal contratto collettivo di lavoro giornalistico. In tal caso il rapporto di lavoro è trasformato in rapporto a tempo indeterminato non di ruolo». Dunque i giornalisti dell’ufficio stampa regionale possono scegliere per il contratto giornalistico. Una bella notizia, vista la penuria attuale di posti di lavoro nell’editoria. Ma nelle Marche i giornalisti hanno dovuto lottare per tre anni davanti ai giudici per farsi riconoscere i loro diritti. E non è dappertutto così.
Esistono oltre 22 mila enti di natura pubblica in Italia. Per fare qualche esempio, 15 tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri e Avvocatura dello Stato; 81 università e istituti di istruzione universitaria pubblici; 45 enti e istituzioni di ricerca pubblici; 148 parchi nazionali; 13 fondazioni lirico-sinfoniche più 16 teatri stabili a iniziativa pubblica; 3 agenzie fiscali; 49 agenzie ed enti per il turismo; senza contare gli oltre 8 mila Comuni, le 12 città metropolitane, le 51 regioni e province autonome e loro consorzi e associazioni. L'elenco continua, il totale è appunto 22 mila: anche ammesso che ognuno di questi enti dovesse avere anche un solo addetto stampa (una stima per difetto, ovviamente, ma in grado di bilanciare tutti gli enti privi di ufficio stampa con quelli dotati di veri e propri staff), vorrebbe dire almeno 20 mila posti di lavoro.
Ma il comparto è completamente, disperatamente nell'ombra. E di questi 20 mila ipotetici addetti stampa, l'Ordine dei giornalisti riesce a tracciarne solo un numero infinitesimale: poco più di 800. La punta dell'iceberg.
Per cercare di fare il quadro della situazione, proprio l’Ordine sta infatti raccogliendo i dati di riferimento del settore. Ed ecco alcune anticipazioni. Complessivamente, in Italia negli enti pubblici risultano oggi contrattualizzati con il contratto nazionale di lavoro giornalistico Fnsi-Fieg solo 212 giornalisti: di questi, appena 37 sono assunti a tempo indeterminato. In particolare, 38 lavorano nell’ambito parlamentare e ministeriale, 13 in società e organismi ministeriali, 27 in seno agli organismi dell’Unione europea, ben 69 nel comparto Regioni, 21 negli ex enti provinciali tuttora in attesa di ricollocazione (dopo la chiusura delle Province), 44 nei Comuni e negli enti o società a partecipazione comunale. Vanno poi aggiunti 329 giornalisti che lavorano nei Comuni, assunti a tempo indeterminato con contratto degli enti locali, ai quali sono specificatamente assegnati ruoli e compiti di ufficio stampa riconosciuti in apposite delibere sulle funzioni attribuite al personale dipendente e inseriti nella pianta organica dell’ente. A livello provinciale e territoriale risultano lavorare negli uffici stampa altri 18 giornalisti con contratto Frt (Federazione radio televisioni), tutti a tempo determinato. Da ultimo, l’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) stima che ci siano approssimativamente altri 280 giornalisti che prestano la propria consulenza professionale come addetti stampa nei Comuni italiani e negli enti locali di riferimento, con contratti di collaborazione coordinata continuativa oppure a partita Iva, tra i quali circa una trentina assunti a tempo determinato con contratto degli enti locali e validità temporale strettamente legata alla durata della legislatura. Insomma, la situazione non è per niente rosea e ci sono moltissimi giornalisti che con la chiusura delle Province aspettano di essere ricollocati in altri enti.
Nella giungla degli uffici stampa c'è pure chi si alza la mattina e pensa che questo più che un lavoro sia volontariato. E non stiamo parlando di associazioni o enti no profit. Uo dei tanti è stato il ministro dell'Interno che ha pubblicato un bando per addetto stampa a titolo gratuito. La selezione porta la data del 9 marzo scorso e riguarda la ricerca di un professionista giornalista incaricato di svolgere attività di comunicazione. Al candidato prescelto verrà però offerta una collaborazione a titolo gratuito. La notizia della mancata previsione di una retribuzione ha suscitato l'ira degli internauti. Il ministero dell'Interno non è certo il solo. Ha fatto scalpore la notizia del bando pubblicato il 5 luglio scorso dal Comune di Gravina di Puglia. La ricerca è per un addetto stampa a partita Iva e che presenti la migliore offerta al ribasso. Base d'asta: 10.200 euro l'anno. Chi offre di meno vince. Per non parlare del caso portato alla luce da ordine e sindacato dei giornalisti del Veneto di fronte alla delibera del direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona con la quale l’ente ha conferito a un giornalista pensionato l’incarico di addetto stampa. Incarico da svolgersi, manco a dirlo, a titolo gratuito.
Ma quando un ente decide di dotarsi di un giornalista per l’ufficio stampa, spesso si trova di fronte a tante variabili e non sa da che parte iniziare. Allora l’Ordine dei giornalisti, insieme all’Anci, ha pensato bene di stilare un “bando virtuoso” per gli uffici stampa. Una sorta di vademecum per orientarsi nella giungla di contratti, contrattini e partite Iva. Il documento, redatto dal gruppo di lavoro Uffici stampa del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, prende come punto di riferimento proprio la legge 150 del 2000. «Troppo spesso - dice Aurelio Biassoni, coordinatore del gruppo - ci troviamo in presenza di bandi con requisiti disparati e spesso non rispettosi delle normative vigenti. Ora, tutti, giornalisti e amministratori pubblici, potranno contare su un documento condiviso che potrà servire loro da utile riferimento» e aggiunge «ma dobbiamo anche essere consapevoli che oggi l'addetto stampa deve essere una figura professionale completa, capace di gestire anche i nuovi strumenti di comunicazione e informazione social e le varie piattaforme multimediali non solo in termini contenutistici ma anche operativi». In particolare, tra i requisiti richiesti per gli addetti stampa comunali, viene sancita come obbligatoria l’iscrizione all’albo dei giornalisti in uno qualunque dei due elenchi (professionisti e pubblicisti) e il possesso del diploma di scuola media superiore (laurea per il capo ufficio stampa) nel rispetto delle normative che regolano il pubblico impiego. Vengono inoltre indicati funzioni e compiti dell’addetto stampa e le modalità per il programma d’esame e la valutazione dei titoli professionali. L’Anci trasmetterà a tutti i Comuni italiani il “bando virtuoso” come utile vademecum a cui attenersi nell'indizione di bandi e concorsi e nell'assegnazione degli incarichi di addetto stampa.
Cambia il ruolo del giornalista e cambia anche quello dell’addetto stampa. Non più semplice redattore di comunicati e organizzatore di conferenze stampa, ma anche video maker e social media manager. E’ per questo che la legge 150 è in fase di revisione. Il gruppo uffici stampa del Consiglio nazionale dell’ordine ci sta lavorando e ha già incontrato al Quirinale lo staff del presidente Mattarella, che ha condiviso la proposta presentata. Prima di tutto si richiede che anche il portavoce sia un giornalista iscritto all'albo. E poi per l’addetto stampa si richiede che «accanto agli strumenti tradizionali (comunicati stampa, conferenze stampa, cartelle stampa, mailing list, newsletter e rassegne stampa), il giornalista che lavora in ufficio stampa dovrà essere in grado di produrre contenuti multimediali per il web, per gli strumenti di connessione in mobilità e per i social network». Le proposte di modifica in autunno saranno portare all’attenzione parlamentare.
Ma non finisce qui. Il gruppo sta prendendo in mano anche la situazione degli uffici stampa nelle aziende con l’obiettivo di estendere i principi della legge 150/2000 anche al settore privato. Purtroppo per questo settore non esistono normative specifiche: il consiglio nazionale dell’Odg ha comunque approvato un ordine del giorno che prevede negli uffici stampa privati l’obbligo di presenza di almeno un giornalista iscritto all’albo. Questo ordine del giorno è già stato sottoscritto da alcune associazioni di categoria come Confindustria, Unioncamere e Unione artigiani. La strada da fare è ancora lunga, ma le linee guida già ci sono, basterebbe cominciare ad applicarle. Magari prima nel pubblico, in modo che poi pure il privato si adegui.
Leila Ben Salah
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