È nato quest’anno con l’obiettivo di creare una palestra per tutte le persone che si occupano di innovazione e che in questo modo hanno la possibilità di collaborare tra loro: NaStartUp è un progetto partecipativo «per l’ecosistema delle startup made in Naples» che ad oggi conta nove eventi, 200 proposte di startup e 36 di queste presentate a un pubblico di finanziatori e giornalisti con la possibilità di ricevere consigli, nuovi spunti e futuri finanziamenti. Ideatore del progetto è Antonio Prigiobbo, creatore della community Vulcanicamente, insieme ad Antonio Savarese, giornalista specializzato in innovazione tecnologica, a cui si sono aggiunti in un secondo momento Massimo Morgante e Gianluca Manca, rispettivamente ceo di Volumeet e di Intertwine.
L’idea di fondo è stata quella di creare «una community eterogenea di talenti» che si incontrano nel capoluogo campano una volta al mese, per conoscersi, scambiare idee e presentare nuovi progetti. ll vero problema, secondo Prigiobbo, è infatti che di solito le startup si conoscono solo «quando competono per un premio, mentre grazie alla nostra community e ai nostri eventi possono incontrarsi senza competizioni, dialogare e condividere la propria esperienza». E farlo davanti a degli investitori che possono decidere poi se scommettere su questi progetti.
Napoli è la città che è stata scelta come centro in cui ospitare, di volta in volta in location diverse, quest’evento: il prossimo appuntamento sarà mercoledì 17 dicembre al Riot studio. «La regione Campania è la settima d’Italia per numero di startup certificate, dal registro delle startup delle Camere di commercio, e la prima del sud» spiega Prigiobbo alla Repubblica degli Stagisti «ma se nelle altre regioni ci sono incubatori certificati, da noi ce ne sono 19 ma nessuno di questi è stato certificato. In Lombardia, ad esempio, grazie a un paio di incubatori certificati, quindi di imprese che per fare profitto avviano continuamente startup e cercano di farle funzionare, ci sono circa 600 startup innovative secondo i numeri certificati dal ministero».
Gli eventi di NaStartUp servono quindi a far incontrare fisicamente una community che per esistere non ha, però, bisogno di uno spazio fisico. «Siamo un’associazione che cerca di creare una open community» spiega Prigiobbo. «All’inizio presentavamo solo cinque startup business, poi c’è venuta l’idea di presentare tutte quelle che sono le innovazioni del territorio. Ora il nostro format funziona così: è un appuntamento infrasettimanale, intorno alle 18, in un locale, perché deve essere la continuazione della giornata lavorativa, ma in modalità più rilassata, davanti a un drink e magari seduti su un divano. Nella prima parte dell’evento quattro startup business raccontano il loro progetto a una platea di giornalisti e investitori. Poi si presentano almeno due startup sociali e poi parliamo noi e raccontiamo quali sono i bandi attivi, le imprese che stanno assumendo, le nuove opportunità. Dopo c’è il “free networking” in cui si possono creare contatti».
Il tutto viene organizzato senza spendere soldi: chi si registra sulla piattaforma per presentare le proprie startup lo fa gratuitamente e il locale che di volta in volta ospita l’evento non chiede fee perché approfitta della promozione "implicita". Sul punto della gratuità Prigiobbo non transige: «Quello che facciamo si autosostiene e non impegnandoci moltissimo ci permette di continuare a svolgere le nostre attività. Si tratta di un evento che aumenta le relazioni, per le startup e per noi perché fa crescere le connessioni di tutti, e resterà gratis».
L’obiettivo degli eventi di NaStartUp è «contaminare e far crescere l’ecosistema con soggetti che abbiano talenti diversi» spiega il creatore di Vulcanicamente: «Se viene una startup in biotecnologia, allora cerchiamo di invitare all’evento dei finanziatori che abbiano già fatto aziende in quell’ambito. Abbiamo scelto di sviluppare questo modello perché serve sì chi finanzia l’idea, ma serve anche il racconto di chi ha avuto successo e spiega quello che sta facendo e di quali professionalità ha bisogno. È un servizio sociale per tutti». Agli appuntamenti partecipano prevalentemente startup e investitori della Campania, ma c’è anche un 20% di gente che arriva da altre regioni o dall'estero, come Inghilterra e Svizzera.
Il format secondo Prigiobbo funziona anche perché è frequentato da giornalisti delle redazioni locali, quindi diventa una sorta di mini conferenza stampa con cui si dà risalto ai progetti presentati. E soprattutto i finanziatori possono seguire mese dopo mese i traguardi raggiunti dalle startup e a quel punto decidere se investire o meno. «La nostra accelerazione è comunicativa, perché lanciamo i comunicati, le interviste, i video. Acceleriamo come visibilità e mettiamo in competizione anche i finanziatori. Perché se vedi che l’idea è forte e ci sono più persone interessate, allora si accelera anche il tempo con cui i progetti vengono finanziati».
L’obiettivo è quindi promuovere le connessioni: l’idea di fondo per una startup, secondo i fondatori di NaStartUp, è infatti quella di “condividere”, solo così si possono scoprire i competitors o le difficoltà. E a volte durante il free networking capita anche che alcuni componenti di una startup confluiscano con le loro idee e le loro capacità in altre startup, conosciute proprio durante l'evento. La condivisione resta la parte centrale degli eventi, per capire le esigenze delle startup in fieri. «Cerchiamo di dialogare con le istituzioni, dicendo cosa serve, creando dei fondi di seeds, spingendo le banche a fare altri tipi di proposte» insomma cercando di essere «un epicentro: è un format inclusivo per tutti».
Per fare bilanci è ancora presto, il primo compleanno di NaStartUp sarà a marzo 2015, ma Prigiobbo è già contento: «Grazie a questa community sono cresciute le relazioni professionali di quanti hanno presentato i loro progetti. E si sta sviluppando un interesse, anche in ambito nazionale, con la possibilità di agganciarci a dei progetti con grossi brand nell’ambito delle comunicazioni. Stiamo vagliando l’ipotesi di cosa fare dei soldi di un grosso sponsor e pensiamo alla creazione di un seeds per dare opportunità a startup di social innovation». Il modello quindi sta crescendo ma resterà in Campania: «Alcuni ci hanno chiesto se volevamo fare una startup a Roma o a Firenze, ma a noi interessa il livello napoletano. È qui che viviamo ed è qui che vogliamo portare innovazione».
Marianna Lepore
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