Formazione in azienda, ai suoi apprendisti Kirey dedica un master in Digital transformation

Scritto il 29 Lug 2024 in Approfondimenti

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L’apprendistato è stato più volte definito il contratto “giusto” per far entrare i giovani nel mondo del lavoro: eppure viene ancora utilizzato poco. Uno dei punti critici è il fatto che contiene una parte formativa. Gli apprendisti cioè sono sì dipendenti subordinati a tutti gli effetti, ma i datori di lavoro sono tenuti a permettere che si assentino durante l'anno per effettuare un tot numero di ore di formazione – anzi, devono anche provvedere loro a organizzare e pagare queste attività di formazione. E qui si apre spesso la questione della qualità: le aziende garantiscono davvero una valida parte formativa? 

Alcune no, purtroppo. Altre sì. Altre moltissimo: al punto di costruire attorno per i propri apprendisti dei percorsi formativi ad hoc. Talvolta dei veri e propri master: come nel caso di Kirey Group, "system integrator" che accompagna le aziende nel percorso di evoluzione tecnologica, che ha coinvolto nel suo progetto di formazione degli apprendisti anche l'Asfor, l'associazione italiana per la formazione manageriale, che da anni ha come sua principale attività quella di accreditare i percorsi formativi post-laurea ed executive proposti e realizzati da istituti di formazione, università, e anche appunto aziende.

stage lavoro eugenia rizzo kireyKirey, che dall'anno scorso fa parte del network di imprese virtuose della  Repubblica degli Stagisti, ogni anno assume una ventina-trentina di giovani utilizzando proprio il contratto di apprendistato professionalizzante. Fino a qualche anno fa, per far svolgere loro l'attività di formazione trasversale (cioè sulle soft skills) si serviva di corsi esterni “multiazienda”, con un rovescio della medaglia: l'impossibilità di personalizzare i contenuti formativi. E un altro, più piccolo, rovescio: le attività formative tecniche in azienda, il cosiddetto “training on the job”, venivano svolte individualmente dai singoli apprendisti. Mentre all'ufficio risorse umane sarebbe piaciuto poter offrire agli apprendisti un percorso più ingaggiante, collettivo, e più tarato sul business aziendale.

«Da sempre investiamo nei giovani stagisti e apprendisti: è il modus operandi dell'azienda. In particolare il contratto di apprendistato ha una serie di vantaggi, non ultimo quello dello sgravio fiscale per l'azienda: quindi trovo addirittura assurdo che ci sia chi non lo utilizza!» premette Eugenia Rizzo, che in Kirey è Learning Manager: «Nel 2021 noi ci siamo trovati ad avere un numero importante di apprendisti, che per legge sono obbligati a fare sia formazione trasversale sia formazione tecnica». Da qui è partita la riflessione che ha portato al master in Digital transformation, accreditato Asfor e dedicato agli apprendisti di Kirey: una Academy pensata su tre annualità – seguendo la durata, appunto, del contratto di apprendistato – e una intensità di frequenza settimanale. Ogni anno parte una nuova edizione, intorno a febbraio-marzo: la classe viene formata raggruppando tutti i giovani che hanno cominciato di recente il proprio apprendistato in Kirey.

Al momento sono attive tre edizioni: la prima, partita a gennaio 2022, è alla sua terza e ultima annualità, e si chiuderà quest'autunno; c'è poi l'edizione 2023 e infine quella 2024, avviata all'inizio di quest'anno. Ogni "classe" è composta di una ventina-trentina di apprendisti, per un totale di una settantina di partecipanti tra primo, secondo e terzo anno. «Il master è per tutti gli apprendisti di tutte le aziende del gruppo Kirey, che siano profili informatici o persone che lavorano in altri ambiti come risorse umane, marketing, quality, privacy...» specifica Rizzo: «l'idea è quella di trasferire a tutti delle competenze digitali», in linea con il core business aziendale.

Il master viene realizzato durante l'orario di lavoro, in una location ad hoc a Milano. Il primo anno ha avuto la funzione di pilota ed è servito anche per apportare delle migliorie: «Per esempio, tendevamo a fare moduli di tre-quattro ore: dai feedback che ci hanno dato i colleghi apprendisti abbiamo capito che era un po' pesante», spiega Eugenia Rizzo, «quindi siamo passati a fare moduli di due ore, o tre quando c'è una “testimonianza”».

Un'altra decisione è stata quella di realizzare il modulo iniziale e quello finale del master in presenza. «Noi lavoriamo in full remote, quindi abbiamo colleghi in tutta Italia; e si può anche lavorare nella stessa sede però magari non incontrarsi mai, perché uno va di lunedì e uno va di mercoledì... Per questo abbiamo chiesto all'azienda di poter fare ogni anno, per ogni gruppo, il primo e l’ultimo modulo – quindi la giornata di apertura e quella di chiusura – in presenza. E l'abbiamo ottenuto! Quindi dal 2024 tutti i tre gruppi di master aprono e chiudono a Milano». Un investimento in trasferte e in organizzazione logistica, certo, ma anche una grande soddisfazione – quella di potersi ritrovare tutti insieme in questi momenti (la foto di apertura è tratta proprio da una di queste giornate).

Tutto il resto è in virtuale, sulla piattaforma Teams; le lezioni avvengono in diretta, con la possibilità per gli studenti di interagire coi docenti, e quelle "tecniche" sono anche registrate per poter essere recuperate in caso di assenza. Rispetto a queste ultime, i docenti sono tutti interni di Kirey e in generale al primo anno si approfondiscono le aree di attività dell'azienda. Gli apprendisti sono «colleghi che sono con noi da meno di un anno, quindi raccontiamo loro su cosa lavoriamo, quali sono i nostri clienti, e così via». Nel secondo anno le business line principali portano come contributo «una esperienza, una best practice, un progetto particolarmente difficile» con testimonianze e l'intervento di dipartimenti come il marketing, il sales. Infine, il terzo anno vengono approfonditi alcuni concetti tecnici, di nuovo coinvolgendo le business line principali. 

La parte soft skills Kirey è curata da una società milanese, InsideOut, specializzata proprio in formazione trasversale e coaching. Per il primo anno per esempio viene proposto un modulo «legato all' “enjoy”: come riuscire a godere dell'attività lavorativa: dove ciascuno trova il suo modo per “stare in enjoy” durante la giornata». Tra gli altri moduli proposti c'è quello “focus”, su come lavorare per obiettivi, e il “virtual collaboration”, «visto che noi lavoriamo moltissimo in virtuale» dice Rizzo: «E quest'anno abbiamo anche proposto per il terzo anno un modulo dal titolo “impara ad imparare”».

apprendistato stage lavoro kireyFrancesco Mati, 24 anni, è uno degli apprendisti che stanno svolgendo il master. Toscano, lavora da due anni e mezzo nella sede fiorentina di Kirey: dopo il diploma in informatica e telecomunicazioni presso un istituto tecnico ha cominciato subito a lavorare, e mentre già era dipendente di un'azienda di Pistoia, la sua città, è stato contattato da un'agenzia di selezione del personale che gli ha proposto di fare il colloquio in Kirey. «Sin da quando ho memoria, ho sempre avuto la passione per la tecnologia» racconta. Peraltro, anche se aveva solo 21 anni, Kirey ha scelto di fargli saltare il passaggio dello stage: «Nell'altra azienda ero un apprendista, quindi mi hanno fatto direttamente un contratto di apprendistato. Sono stato fortunato». 

Come prevedibile, Francesco si è appassionato al modulo sull’intelligenza artificiale, svolto poco tempo fa; ed è poi particolarmente soddisfatto del project work, che gli offre la possibilità «di studiare qualcosa di fuori dalle mie corde, dal mio lavoro di tutti i giorni. Per me, che sono naturalmente curioso, è un ulteriore punto a favore». Quest'anno l'attività «è stata resa particolarmente interessante perché il lavoro è stato suddiviso in task di diversa natura – dalla gestione delle vendite alla gestione della stipulazione di un contratto». Lavori che, Francesco ci tiene a specificare, sono simulazioni: non finiscono all'esterno, ma permettono di imparare e allenarsi.

«Io stessa ho nel mio team un apprendista che sta facendo il master in questo momento, al secondo anno» dice Eugenia, e l'investimento è continuo: «Dedichi del tempo, fai tutoraggio, insegni, passi informazioni, competenze, know-how. Questo master, sommato ad altre attività e iniziative aziendali, è parte del nostro lavoro nostro come HR per creare un ambiente per tutti favorevole».

E se poi gli apprendisti prendono quello che hanno imparato e se lo portano altrove? «È già capitato, capiterà in futuro, è fisiologico. I colleghi sono giovani, sono bravi, sono appetibili. Ma vogliamo correre il rischio, perché è un progetto veramente molto valido» chiude Rizzo: «Ed è anche un modo per fare con loro un percorso di crescita».  C’è un obiettivo di retention – evitare cioè che i dipendenti diano le dimissioni e vadano a lavorare in altre aziende, cosa molto frequente nel settore della consulenza –, ma anche uno altrettanto importante di «fare gruppo, creare network: un momento per stare insieme, lavorare insieme, scambiare».

«Io vedo che stanno investendo veramente tanto con me, mi hanno anche inserito all'interno di un percorso di carriera strutturato per i prossimi due anni» conferma Francesco: «Quindi non posso che essere contento. E dal master, al di là di tutte le nozioni tecniche e le nozioni di soft skill, sento di portarmi a casa il rapporto con i colleghi, con cui ormai mi sento quasi giornalmente!».  

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