Forse è stato il meccanismo ormai rodato di rivolgersi più alla pancia che alla testa della gente per ottenere consensi. O forse più semplicemente una notizia non verificata gridata ai quattro venti per innescare la solita polemica populista. In un post pubblicato sabato scorso sul profilo Facebook della Lega Nord Trentino e ripreso da quotidiani nazionali e locali, il segretario del Carroccio regionale Maurizio Fugatti denunciava che «in alcune strutture alberghiere trentine stanno iniziando i primi tirocini per i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale la cui durata massima, stante la normativa in corso, verrebbe fissata in dodici mesi e la cui indennità di partecipazione sarebbe di minimo 300 euro mensili o 70 euro settimanali, massimo 600 euro mensili».
Soldi che sarebbero stati sborsati dalla Provincia e finiti nelle tasche dei profughi. Tanto è bastato per dare fuoco alle polveri e scatenare i moralizzatori sui social network: “Invece di aiutare i nostri giovani disoccupati…”, quei giovani, secondo il post leghista, «costretti a emigrare all’estero per costruirsi un futuro oppure a compiere (se fortunati) alcuni lavoretti saltuari in provincia».
La Repubblica degli Stagisti ha voluto verificare che cosa davvero stesse accadendo. Innanzitutto, i numeri: dal marzo 2014 ad oggi sono giunti in Trentino (che è una provincia autonoma e che insieme a quella di Bolzano costituisce la regione a statuto speciale del Trentino Alto Adige, con un milione di abitanti) oltre un migliaio di profughi - metà dei quali soltanto di passaggio, in transito per raggiungere altre mete. E alcuni, sì, vengono inseriti in tirocinio in realtà produttive del territorio: ma non certo da oggi e, contrariamente a quanto affermato dal dirigente leghista trentino, senza prendere un euro.
«La normativa nazionale sui tirocini è stata recepita dal Trentino con la delibera 2780 del 30 dicembre 2013» spiega Valentina Merlo, operatrice del progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) del Cinformi, il Centro informativo per l'immigrazione, un’unità operativa del Dipartimento Salute e solidarietà sociale della Provincia Autonoma di Trento, che facilita l’accesso dei cittadini stranieri ai servizi pubblici e offre consulenze sulle modalità di ingresso e soggiorno in Italia, oltre ad un supporto linguistico e culturale. Ed effettivamente secondo quella delibera gli stagisti in Trentino hanno diritto, come in tutta Italia, a ricevere un compenso, che ciascuna Regione ha stabilito e che in Trentino va appunto, come indicato dal post di Fugatti, da 300 a 600 euro al mese. Ma, sorpresa, non per i profughi: «Fra le altre cose la normativa prevede l’esenzione totale o parziale dell’erogazione dell’indennità di partecipazione al tirocinio» prosegue la Merlo «nei confronti di quei soggetti, fra cui i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale, già beneficiari di sussidi economici».
Ciò significa che è vero che la Provincia ha attivato dei tirocini, ma a costo zero per l’ente locale: «I richiedenti asilo o i rifugiati usufruiscono già di alcuni benefici, come vitto, alloggio, in alcuni casi denaro: la Provincia non c’entra nulla, sono soldi erogati dallo Stato». A favore di queste persone, spiega ancora Valentina Merlo alla Repubblica degli Stagisti, «il Cinformi attiva dei tirocini di otto settimane, assolutamente non retribuiti, che riguardano mansioni artigianali come pasticcere, panettiere, aiuto cuoco, elettricista, e così via, durante i quali i partecipanti ricevono una formazione adeguata e imparano le basi della lingua italiana. C’è poi la possibilità di prorogare questi tirocini per un periodo massimo di 12 mesi e in questo caso chiediamo all’azienda di erogare una borsa di tirocinio, che può variare da 300 a 600 euro, a seconda dell’impegno e del tipo di lavoro. Chi ottiene la borsa, automaticamente rinuncia a ricevere i benefici derivanti dal suo status».
Una bella differenza rispetto al j'accuse della Lega, secondo cui i profughi «vengono tranquillamente fatti lavorare dalla stessa Provincia». La Provincia non mette un euro, semmai è la ditta privata che è libera di scegliere se trattenere o meno il lavoratore, pagandolo a sue spese. «Da marzo 2013 ad oggi abbiamo attivato 182 tirocini destinati ai titolari di protezione internazionale e richiedenti asilo» precisa alla Repubblica degli Stagisti Lorenzo Rotondi, dell’ufficio stampa provinciale «e attualmente ne sono attivi all’incirca una cinquantina». Numeri che certificano come in Trentino si stia operando in maniera intelligente, ovvero cercando di fronteggiare l’emergenza con percorsi costruttivi di orientamento al lavoro. In questo modo, almeno, nessuno potrà lamentarsi - altra polemica ricorrente - dei profughi che vanno a zonzo per le vie delle città.
Una ben magra figura ci fanno le testate che nei giorni scorsi hanno rimbalzato e pompato questa notizia, a cominciare da Il Giornale con il suo titolone strillato «In Trentino tirocini per i profughi da 600 euro al mese» in cima a un articolo che si limita a copincollare le frasi del post della Lega su Facebook senza nemmeno darsi la pena di capire se la "denuncia" fosse fondata.
Ancor più triste rilevare che quest'ultima polemica innescata giunge proprio nel centenario dell' "Esodo dei Trentini", una pagina triste della storia nazionale, forse tra le meno conosciute della prima guerra mondiale. Allora furono proprio gli abitanti di questa terra a divenire profughi, colpevoli soltanto di trovarsi al confine tra le belligeranti Austria e Italia. Molti vissero lontani dalle proprie case per anni: 60mila furono costretti a combattere contro i russi, 75mila deportati nei campi austriaci e ciechi, tanti altri divisi nelle regioni italiane, con molte famiglie smembrate. Tutto questo accadeva soltanto un secolo fa. Ma oggi la memoria è labile, e ad agosto la caccia allo scandaletto estivo attiraclic è più aperta che mai e non guarda in faccia niente e nessuno.
Marco Panzarella
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