È noto come JPO Programme, anche se la denominazione completa è un po' più lunga: The italian associate experts and junior professional officers programme. Si tratta di un programma di cooperazione multilaterale promosso dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del nostro ministero degli Esteri con il dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite. Ogni anno il JPO consente a laureati italiani di età non superiore a 30 anni (33 per i laureati in medicina) di effettuare un’esperienza professionale di due anni presso organizzazioni internazionali di settore.
C’è tempo fino al prossimo 12 novembre per inoltrare la propria candidatura e provare a essere uno dei partecipanti di quest’edizione. Non c’è ancora un numero fisso di candidati ammessi, ma mediamente negli ultimi anni ci si è attestati sui 15-20, un dato in discesa rispetto a cinque-dieci anni fa, quando i posti disponibili sono arrivati anche a 45. Un cambiamento figlio anche della crisi, come spiega alla Repubblica degli Stagisti Gherardo Casini, direttore dell'ufficio di Roma del dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite.
Il JPO non è un programma di stage ma un vero e proprio lavoro: i partecipanti stipulano un contratto a tempo determinato con inquadramento corrispondente al P2 step 1 del sistema professionale delle Nazioni Unite (per i livelli dal P1 al P3 gli stipendi annuali si aggirando mediamente tra i 37mila e gli 80mila dollari. Ipotizzando un salario annuale medio di 50mila dollari per il livello P2, lo stipendio mensile si aggirerebbe mediamente intorno ai 3mila euro). Le cifre variano comunque di città in città a seconda del costo della vita: «New York e Ginevra sono le città in assoluto più care e quindi con stipendi più alti. Nella città americana la retribuzione si aggira mediamente sui 4mila dollari mensili», afferma Casini.
Analizzando i requisiti in maniera più approfondita, possono candidarsi cittadini italiani nati dopo il primo gennaio 1984 (1981 per laureati in medicina) in possesso di laurea specialistica, magistrale o a ciclo unico e con una conoscenza eccellente delle lingue italiana e inglese. Possono essere richieste precedenti esperienze professionali o precise specializzazioni a seconda però delle esigenze specifiche dell’ente ospitante. Le candidature devono essere inviate esclusivamente online entro la data indicata attraverso il portale delle Nazioni Unite. Non è più possibile spedire la modulistica per posta, come avveniva fino all'anno scorso. La documentazione comprende application form compilato e firmato, copia del certificato di laurea e lettera motivazionale in inglese. Fondamentale è che l’allegato non pesi complessivamente più di 2,5 mb.
La valutazione delle candidature avverrà in due step: in una prima fase sarà il Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite (Un\Desa) a effettuare una scrematura delle domande, tenendo conto di titoli, conoscenze linguistiche ed eventuali esperienze lavorative precedenti. I candidati preselezionati saranno poi convocati a Roma tra giugno e luglio del prossimo anno per un colloquio di selezione finali con i rappresentanti delle varie organizzazioni internazionali. Chi avrà superato il colloquio sarà avvisato via email dall’ufficio Un\Desa. Prima della partenza i candidati selezionati dovranno poi effettuare un corso preparatorio intensivo di due settimane a Torino.
Negli anni precedenti sono pervenute in media 3mila candidature. Per la scorsa edizione circa un terzo di esse sono arrivate da laureati del settore scienze politiche e relazioni internazionali, ma non sono mancate candidature da parte di dottori in giurisprudenza ed economia. «Le posizioni disponibili presso le organizzazioni internazionali riguardano numerosi ambiti, per cui non è escluso che vengano richieste figure professionali in possesso di altri titoli di laurea rispetto a quelli più gettonati, ad esempio medicina o agraria», chiarisce Casini.
Cosa succede dopo? Statistiche alla mano, oltre il 70% dei partecipanti alle passate edizioni ha trovato lavoro nel mondo della cooperazione internazionale, dall'Onu fino alle ong: dei 37 partecipanti del 2006, ad esempio, il 78% lavora oggi nel settore, nel 2005 la percentuale è stata invece del 74%. Il diretto dell'ufficio di Roma commenta così dati: «Nonostante le posizioni disponibili nell'ambito del programma tendano a diminuire e, successivamente, sia sempre più difficile trovare un posto a tempo indeterminato anche nelle organizzazioni internazionali, il fatto che buona parte degli ex partecipanti sia attualmente occupato nel proprio settore di interesse è un dato sicuramente positivo, che testimonia come il JPO sia un'esperienza di tutto rispetto per l'ingresso nel mondo del lavoro».
Chiara Del Priore
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