Ci sono almeno 30mila under 30 in Italia occupati solo sulla base di un accordo verbale. Ovvero, che non hanno un contratto. In altre parole, che lavorano in nero. Un dato preoccupante quello contenuto nel rapporto «I nuovi contratti di lavoro per i giovani. Un confronto tra il 2007 e il 2010», realizzato da Datagiovani elaborando dati Istat-Rcfl e pubblicato nei giorni scorsi da linkiesta.it.
Lo studio mette in luce uno dei portati della crisi, la riduzione cioè dell'occupazione degli under 30. In particolare, evidenzia come, tra il 2007 ed il 2010, ci sia stata una riduzione del 15% dei giovani occupati. Ancora più preoccupante, però, è il dato relativo alle nuove assunzioni, calate in quattro anni del 25%. Non è tutto. Tra le tipologie di contratto ricomprese nello studio, una in particolare ha attirato l'attenzione di Repubblica degli Stagisti. Si tratta, appunto, dell'«accordo verbale». Nel corso del 2010 - il dato più recente - sono stati attivati 31mila nuovi rapporti di lavoro di questo tipo e più di 12mila giovani hanno ottenuto la prima occupazione in assoluto della loro vita sulla base di un'intesa di questo tipo. Ma cosa sarà mai? Possibile che oltre 30mila persone lavorino senza nemmeno aver firmato un contratto e che l'istituto nazionale di statistica li conti? Possibile. Anche se serve qualche precisazione.
L'Istat infatti raccoglie questi dati della «Rcfl» - la rilevazione continua sulle forze di lavoro - sulla base di un questionario. «Tra le domande» spiega Michele Pasqualotto, responsabile di Datagiovani «si chiede anche se il rapporto sia regolato da un contratto o da un accordo verbale con il datore di lavoro». Lo stesso Pasqualotto ammette che si tratta di un quesito «sibillino: potrebbe essere interpretato anche nel senso che alcuni aspetti, ad esempio gli orari o le mansioni, siano stati definiti verbalmente e che pertanto l'intervistato percepisca il suo rapporto di lavoro come un accordo verbale». In altre parole «non è detto che si tratti tout court di situazioni irregolari». Peraltro questo dato non è fornito da Istat per le elaborazioni. Datagiovani lo ha calcolato facendo la differenza tra quanti hanno un contratto a termine e quanti ne hanno indicato la tipologia: chi non lo ha fatto viene inserito tra gli accordi verbali.
Mario Albisinni, membro del gruppo di lavoro Istat che ha raccolto i risultati a partire dai quali Datagiovani ha elaborato il proprio studio, spiega alla Repubblica degli Stagisti che «sono i soggetti intervistati a comunicare che la loro occupazione si basa su un semplice accordo verbale». Dopodiché «noi non indaghiamo sul fatto che si tratti di lavoro nero oppure no». Viene da chiedersi allora quanto siano aderenti alla realtà i numeri forniti dall'Istituto nazionale di statistica. Il punto è che quella realizzata dall'Istat è «un'indagine campionaria: ogni tre mesi intervistiamo circa 70mila famiglie». Datagiovani, nel suo rapporto, ha indicato il valore medio dei quattro trimestri. Rimane il fatto che i numeri forniti non rappresentano la situazione 'reale'. Allora probabilmente i giovani che hanno trovato lavoro sulla base di un accordo verbale sono molti più di 30mila.
Ma come si può capire di quanto i numeri relativi ai contratti di lavoro avviati siano sottostimati? Per farsi un'idea delle dimensioni del fenomeno può essere utile un raffronto con il Monitoraggio sull'apprendistato realizzato dall'Isfol in collaborazione con il ministero del Lavoro, una sorta di 'contatore' dei contratti di apprendistato avviati e in essere. Un raffronto che si presta bene perchè si tratta di una formula attivabile solo su persone entro i 29 anni, che quindi de facto riguarda esclusivamente gli under 30. Ebbene, nel 2008 l'Isfol segnalava l'attivazione di 331mila contratti di apprendistato. Nell'anno immediatamente precedente secondo Datagiovani-Istat gli apprendistati attivati erano stati poco più di 60mila. Un rapporto di 1 a 5! Potrebbe essere dunque questo l'ordine di grandezza del numero effettivo dei giovani che lavorano senza un contratto scritto.
In ogni caso l'Istituto di statistica nega che un'occupazione basata su un accordo verbale sia necessariamente da considerarsi come lavoro nero. Questo perché l'intervistato potrebbe mentire e comunque perché non è questo il dato ricercato nell'elaborazione delle statistiche trimestrali da Istat. Alla Repubblica degli Stagisti, per venire a capo della questione, basta però la logica: o un rapporto di lavoro è regolato da un contratto, o si va nel campo del sommerso. E allora i dati contenuti nel rapporto Datagiovani potranno non essere esaustivi, ma rappresentano comunque un segnale di allarme importante, perché una media di 31mila under 30 che, nel 2010, hanno ottenuto un'occupazione sulla base di un «accordo verbale» sono tanti quanti gli abitanti di Verbania, Oristano o Vibo Valentia. In pratica, è come se tutti i cittadini di uno di questi capoluoghi di provincia lavorassero senza un contratto scritto. E quindi in un'economia sommersa che inquina quella reale.
Certo, resta il dato incoraggiante legato al fatto che la media annua dei contratti a tempo indeterminato, attivati nel corso dei quattro trimestri del 2010, è di 142mila. Assunzioni che si sono verificate soprattutto nel commercio (27.300), nelle costruzioni (21.820) e nell'industria (18.124). Si tratta, però, di una magra consolazione: nel 2007, sempre secondo Datagiovani, erano state quasi il doppio (252mila).
Di pochi giorni fa, poi, il dato fornito, sempre da Istat, relativo alla disoccupazione giovanile che, a novembre del 2011, si è attestata al 30,1 per cento, il dato più alto da quando - nel 2004 - l'istituto di statistica ha iniziato questo tipo di rilevazioni.
Riccardo Saporiti
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