Ilaria Mariotti
Scritto il 18 Giu 2020 in Approfondimenti
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Borse di studio, indennità, tariffe agevolate: non sempre si riesce a beneficiarne e spesso di mezzo c'è lo zampino dell'Isee. Il calcolo dell'Isee serve infatti, in caso di accesso a sussidi o servizi a condizioni agevolate, a stabilire la situazione di benessere economico di una famiglia, facendo da spartiacque tra possibili beneficiari e soggetti che invece non hanno diritto a una determinata prestazione. Mai dunque come in un momento storico segnato dalla pandemia globale e da decreti che prevedono indennità di vario genere è utile conoscere i dettagli di questo indicatore.
Specie per i giovani conviventi con i propri genitori e rimasti senza reddito (o rimborso spese da stage) che vogliano tentare – è possibile fare richiesta fino al prossimo 31 luglio – la strada del Reddito di emergenza, che tra i requisiti impone proprio un Isee inferiore a 15mila euro. Una soglia facilmente superabile se si vive ancora in famiglia. E per cui va fatta una premessa: trattandosi di calcoli matematici che prevedono sommatorie e detrazioni è pressoché impossibile 'stimare' a priori la possibilità di rientrarci o meno. Sarà indispensabile passare per un Caf, che metterà insieme tutti i dati e fornità poi l'esito finale.
L'Isee «è l'indicatore della situazione economica equivalente» spiega alla Repubblica degli Stagisti Massimo Braghin, consigliere nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro [nella foto]. È un parametro che «permette di valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere una prestazione sociale agevolata».
Tutto sta dunque nel «definire redditi e patrimonio del nucleo familiare di appartenenza», perché è proprio la "ricchezza" del nucleo a cui si appartiene che viene scandagliata per capire la reale presenza di una situazione di bisogno. L'Isee prende infatti in considerazione chi vive sotto lo stesso tetto come nucleo familiare, aggiungendovi i soggetti fiscalmente a carico seppur non conviventi – ad esempio un figlio che studia in un'altra città e vive da solo, ma dipendente ancora economicamente dai genitori.
Ma quali sono i fattori che incidono sul suo calcolo? «L’Isee tiene conto del reddito di tutti i componenti del nucleo, del loro patrimonio mobiliare ed immobiliare» risponde Braghin. Gli elementi che lo compongono sono tre. L'Isr, ovvero «l'indicatore della situazione reddituale, che è la differenza tra i redditi netti dei componenti del nucleo e le spese sostenute» come ad esempio il canone di locazione. L'Isp, l'indicatore della situazione patrimoniale in cui si sommano i possedimenti immobiliari di ciascun componente. Vi rientrano ad esempio depositi e conti correnti bancari e postali, titoli di Stato, obbligazioni, partecipazioni azionarie in società italiane ed estere, patrimonio netto di imprese individuali e così via. E infine il parametro della scala di equivalenza, «calcolato sulla specifica composizione del nucleo familiare».
Per conoscere l'Isee di un giovane ancora in famiglia, il reddito suo e dei suoi genitori andranno sommati tra loro. E attenzione, perché per la definizione dei redditi non è sufficiente la sola dichiarazione dell'interessato, ma si tratta di informazioni «generalmente acquisite dagli archivi Inps e dell'Agenzia delle entrate, riferite ai due anni precedenti l'invio della Dsu, che è il documento per la richiesta dell'Isee» prosegue il consulente.
Perciò, anche nel caso in cui il giovane facesse nucleo a sé non risultando più a carico dei genitori, la convivenza farà sì che i genitori siano ugualmente presenti nel suo Isee, insieme a tutti i possedimenti di cui dispongono. E a rilevare «sarà ovviamente anche la casa di loro proprietà» conferma Braghin. Per fare un esempio: per un ragazzo di 24 anni non a carico fiscale dei suoi genitori – perché magari l’anno prima ha fatto uno stage ben pagato – ma ancora convivente con loro, fa una differenza sostanziale vivere con mamma e papà in un appartamento di 80 metri quadrati a Quarto Oggiaro o in un loft di 150 metri quadrati in via Montenapoleone a Milano. A dover essere conteggiato «è infatti il valore ai fini Imu dell'abitazione», così come «l'eventuale mutuo stipulato per l'acquisto», che a sua volta rappresenta un elemento "a favore" nel calcolo Isee.
Il valore delle case è insomma decisivo: e ai fini Isee l'abitazione ha un peso diverso a seconda che sia di proprietà o si paghi l'affitto – perché pagare un affitto fa abbassare il punteggio. «Il valore del canone annuale di locazione della casa di abitazione è incluso fra le spese da sottrarre ai redditi dei singoli componenti» va avanti l'esperto. «Si sottrae fino a 7mila euro più 500 per ogni figlio convivente successivo al secondo». Non solo, ma a contare è anche il tipo di diritto di cui si gode. «Nel patrimonio immobiliare sono compresi usufrutto, uso, abitazione, servitù, superficie, enfiteusi. Resta invece esclusa la cosiddetta nuda proprietà».
Per un giovane che invece si volesse affrancare dalla propria famiglia e richiedere un Isee proprio, risultando non più a carico dei genitori grazie al proprio reddito, sarà necessario cambiare anche la residenza: solo a quel punto tutti i beni posseduti dai genitori, dalle case al patrimonio mobiliare, non saranno più conteggiati in un unico calcolo e l'autonomia sarà tale a tutti gli effetti. Altrimenti, finché si convive, pur rappresentando nucleo a sé, le ricchezze familiari ricadranno su tutti i membri della famiglia ai fini Isee.
La scala di equivalenza è poi il dato che «consente di comparare i redditi delle famiglie che hanno una struttura diversa tenendo conto delle relative maggiorazioni». Queste ultime, che forniscono un punteggio favorevole, comprendono casi in cui ad esempio siano presenti nel nucleo «soggetti disabili, tre o più figli di un solo coniuge o di entrambi, figli minorenni e in special modo minori di tre anni con genitori lavoratori». Tutte situazioni che potrebbero prestare il fianco, almeno in teoria, a una maggiore fragilità della famiglia sul piano economico. Per fare un esempio «nel caso in cui il nucleo viva in affitto in presenza di almeno tre figli conviventi c'è una maggiore detrazione del canone per ogni figlio convivente a partire dal terzo».
Un intreccio matematico insomma, per cui non è possibile stabilire in anticipo il diritto a una determinata prestazione di un soggetto: «è necessario di volta in volta fare gli opportuni calcoli».
Ilaria Mariotti
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