Pietro Gabriele è il creatore di Fonderie Digitali, laboratorio multidisciplinare tra i primi a disegnare prototipi da stampare in 3D. Federico De Simone ha fondato Makoo, un software che trasforma messaggi vocali in modelli tridimensionali per produrre gioielli. Carlo Mastroianni è invece un ingegnere alla guida di Eco4Cloud, una società di high tech che offre servizi per l'efficienza dei sistemi informatici delle imprese. Sono solo alcuni degli 'Innovation Champions' invitati al convegno organizzato qualche giorno fa dal Consiglio Nazionale delle Ricerche 'Innovating Innovation', interessato – come spiega la locandina - «a investigare sui meccanismi, metodi, buone pratiche dell'innovazione in modo trasversale, senza trascurare l'aspetto problematico, le difficoltà, i fattori frenanti».
Più un covo di cervelloni che un meeting per la stampa in verità, ma utile a squarciare un velo su quel fermento imprenditoriale italiano che – nonostante le apparenze – esiste. Lo testimoniano questi cosiddetti 'Campioni dell'innovazione', ovvero «aziende, in particolare pmi, che si caratterizzano per essere in grado di innovare adottando soluzioni vincenti» spiegano i fautori dell'iniziativa. Al loro fianco ci sono gli 'Innovation Angels', organizzazioni che si occupano di finanziare gli innovatori, magari sfruttando le occasioni offerte dai bandi europei.
Michele Missikof è uno di loro e fa parte del cosiddetto progetto Bivee (Business Innovation in Virtual Enterprise Environments), un progetto di ricerca europeo che sviluppa una piattaforma per gestire il processo di innovazione e di cooperazione tra piccole e medie imprese. Paolo Merialdo è invece un ingegnere di InnovAction Lab, associazione no profit nata nel 2011 che periodicamente seleziona e riunisce centinaia di giovani italiani interessati al mondo delle start up attraverso seminari e summer school. Da cui talvolta arriva anche qualche finanziamento, grazie alla partecipazione di investitori qualificati.
Una due giorni, quella romana, che in sostanza contraddice la convinzione comune per cui l'imprenditoria italiana sarebbe dormiente. 'Innovating Innovation' ha dimostrato che invece nel Paese circolano idee, ci sono giovani che si rimboccano le maniche e lanciano progetti futuristici o avanguardie di vario genere. Il genio italico non sembrerebbe insomma del tutto perduto. Certo, le criticità sono tante e diversificate. E a parlarne, in occasione della convention per gli addetti ai lavori, sono stati gli 'Innovation Promoters', ovvero chi «agevola l'innovazione, con interventi di tipo normativo, finanziario, infrastrutturale». «Dobbiamo fare sistema» dice ad esempio Fulvio D'Alvia, in rappresentanza di Confindustria e RetImpresa. «Abbiamo tante eccellenze ma che non collaborano tra di loro, così si creano economie molecolari e parcellizzate». Si perde forza e le aziende finiscono per «avere difficoltà ad andare oltre l'anno di vita, o anche solo a elaborare business plan articolati».
A intervenire sulla necessità di fare rete è stato anche Stephen Trueman, direttore di Sapienza Innovazione, network che «promuove il dialogo tra università, centri di ricerca, associazioni di categoria, consorzi di imprese e imprenditori, nel supportare l'integrazione e la commercializzazione delle invenzioni e delle conoscenze scientifiche ad alto potenziale innovativo e commerciale» come spiegato sul sito. Anche perché in Italia, sottolinea Trueman, «il 90% delle imprese è di piccole o medie dimensioni e gli impiegati di questa tipologia di aziende sono l'80% del totale». «In questo modo eviteremmo di lavorare tutti sulle stesse cose, sugli stessi bandi», gli fa eco Lino Fiorentino, di Consorzio Roma Ricerche.
Ma i fattori che ostacolano e rallentano l'innovazione (in gergo gli 'Innovation Blockers') sono anche altri. E ben più sostanziali, come gli investimenti («per essere nella media internazionale a noi mancano 20 miliardi» rilancia Franco Patini di Aica, associazione per l'informatica). Il decreto Sblocca Italia, denuncia Patini, è «avvilente: si parla ancora di banda larga, di grandi progetti come il Mose, ma non c'è nulla per l'innovazione digitale». Il più duro è Roberto Magnifico, direttore di Luiss Enlab, l'incubatore per start up della Luiss. Per capire fino a che punto siamo indietro, come «l'Italia sia seduta» e la stessa istruzione sia tra i settori più statici basta pensare che «al Cnr si usa ancora Windows Xp: è pazzesco». La Pubblica Amministrazione crea solo blocchi, «legifera per alzare barriere», mentre l'imprenditoria italiana è diventata «smidollata», protetta dentro gli stessi recinti di sempre. Una scossa è quello che ci vorrebbe, ed è ciò che chiedono i relatori a incontri come questi. Dove si uniscono energie e l'Italia non sembra più un Paese fermo.
Ilaria Mariotti
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