Sono migliaia, diecimila solo a Roma. Tanti giovani, ma non solo. Appartengono a diverse categorie professionali, non hanno un unico colore politico. Sono gli «eterni ragazzi», il «popolo delle partite IVA» gli abitanti della Repubblica degli Stagisti: ad unirli lavori precari e sottopagati, quando non gratuiti, e un unico slogan: «il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta».
Questa l’Italia che è scesa in piazza sabato 9 aprile per la manifestazione nata dall’appello di 14 giovani lavoratori precari, sottoscritto da circa 200 associazioni. Una street parade per la Capitale, da piazza della Repubblica fino al Colosseo. La mobilitazione, però, non ha toccato solo Roma: oltre 40 i capoluoghi italiani coinvolti nell’iniziativa, due le manifestazioni internazionali, a Bruxelles e Washington.
Tanti lavoratori hanno sfilato, cantato, partecipato a flash mob per chiedere contratti più stabili, retribuzioni adeguate al tipo di qualifica, il diritto a comprare una casa e a costruire una famiglia. Accanto a loro, anche alcune personalità del sindacato, della politica e dello spettacolo: il segretario della CGIL Susanna Camusso, il presidente del Partito Democratico Rosy Bindi, il protagonista della serie e del film Boris Pietro Sermonti.
«Sono emozionata» racconta Maria Pia, una delle organizzatrici dell’evento «è stato molto complesso riunire le varie categorie di precari in un’unica manifestazione. Non mi interessa sapere quanti siamo, l’importante è far sentire la nostra voce». E le voci arrivano da mondi diversi, dall’informazione alla ricerca, dall’archeologia alla scuola. Monica Piccini è una giornalista freelance, membro dell’associazione Quattro per cinque, che fa capo al Coordinamento giornalisti precari: il nome sta per quattro centesimi per cinque pallottole, quante ne sono state inviate a una collega come minaccia per un pezzo di cronaca pagato quattro centesimi a riga. Da tempo lotta insieme ad altri giornalisti per avere maggiori tutele e una retribuzione più dignitosa: «I nostri articoli sono pagati anche sei euro lordi» spiega «lo scorso 29 marzo una delegazione del coordinamento è stata ricevuta dalla commissione Lavoro del Senato per denunciare le condizioni in cui ci troviamo».
La lotta quotidiana con salari bassi e contratti che nemmeno dopo anni permettono una stabilità riguarda anche la ricerca: Giacomo lavora all’ISPRA e da quattro anni alterna contratti occasionali ad assegni di ricerca. «Il prossimo 31 dicembre scadrà il mio ennesimo contratto e non so neanche se sarà rinnovato. Il precariato può essere una soluzione temporanea finalizzata a stabilizzare l’ingresso nel mondo del lavoro, ma se non è così è giusto scendere in piazza». Una componente particolarmente viva è quella della scuola, uno dei settori maggiormente penalizzati dai tagli del Governo: «I continui passaggi da un istituto all’altro e la precarietà generale delle condizioni di lavoro penalizzano la qualità dell’insegnamento» spiega Dina, docente di scuola media, precaria da quattro anni «gli otto miliardi di tagli già annunciati per i prossimi due anni non miglioreranno di certo la situazione». Il quadro non è più rassicurante nel mondo universitario: Francesco Vitucci, segretario dell’ADI (Associazione Dottorandi Italiani) di Roma, ha intrapreso una battaglia per eliminare il fenomeno dei dottorati di ricerca senza borsa, ossia lavoro completamente gratuito: «Bisogna ridare dignità al sapere e alla conoscenza», spiega a gran voce dal palco della manifestazione.
Oggi in Italia ci sono circa 4 milioni di lavoratori precari (solo nell’ambito dell’informazione 24mila giornalisti con contratti atipici a fronte dei 20mila regolarmente contrattualizzati) e ben 45mila giovani che ogni anno lasciano l’Italia per andare all’estero: ecco perché non è più possibile aspettare.
Chiara Del Priore
Per saperne di più su quest’argomento, leggi l'editoriale del direttore della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina, tra i 14 promotori della manifestazione, pubblicato sul sito web Lo Spazio Della Politica alla vigilia della manifestazione
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