Un mese e mezzo di formazione alla Luiss di Roma, sei mesi di stage con indennità in una delle tante istituzioni culturali italiane, dagli Uffizi di Firenze alla Reggia di Caserta, e l’opportunità di ricevere un finanziamento per un’idea di startup in ambito culturale. Questo è quel che si prospetta ai 50 giovani neolaureati entro i 27 anni che saranno ammessi a Generazione Cultura, il progetto promosso e finanziato dal Gioco del Lotto in collaborazione con il MiBact, Ales (Arte lavoro e servizi, la società in house del Mibact) e Luiss Business school. Le candidature aprono da oggi fino al 1° novembre, e lo scopo è di promuovere innovative idee imprenditoriali nel campo dei beni culturali, notoriamente uno dei più preziosi e al tempo stesso bistrattati del nostro Paese, attraverso l’intraprendenza e la creatività delle nuove generazioni.
«L’idea di fondo è che noi abbiamo fondamentalmente due asset non sfruttati a pieno, i beni culturali, di cui abbiamo la maggiore concentrazione al mondo, e i giovani», dice alla Repubblica degli Stagisti Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School. «Generazione Cultura tende a mettere insieme la freschezza, l’innovazione e la capacità di sviluppo imprenditoriale di giovani ad alto potenziale al servizio dello sviluppo del settore culturale, e lo fa fornendo strumenti formativi di conoscenza del settore della cultura ma anche dell’innovazione in questo campo, offrendo uno stage all’interno di enti e fondazioni culturali, per sperimentare cosa significa veramente gestire, valorizzare e mantenere i beni culturali e, non meno importante, un contest di idee per lanciare dei progetti innovativi che potrebbero essere oggetto di incubazione all’interno dell’università Luiss».
Per partecipare al programma bisogna essere nati dopo il 2/10/1989, possedere un titolo di laurea magistrale in qualsiasi disciplina e avere un buon livello di inglese. Il test di ammissione e il colloquio per sondare motivazione e conoscenza della lingua inglese avverranno da novembre e, per gli ammessi, le lezioni partiranno a gennaio 2018. La formazione di 200 ore, spalmata su 6 settimane, è curata dalla Luiss Business School e verte sui temi della Digital transformation e comunicazione, Marketing dell’arte e della cultura, Adventure Lab, Cultural project management ed Economia e gestione delle istituzioni culturali pubbliche italiane. Gli stage sono previsti da marzo a settembre 2018 in uno dei 25 istituti tra musei, fondazioni e gallerie aderenti, con un rimborso spese pari a 3mila euro sui sei mesi, erogati in due tranche. Ma l’elemento cruciale e più intrigante è lo step dedicato allo sviluppo di idee di impresa: alla fine del percorso di stage i ragazzi presenteranno i loro progetti e i cinque più meritevoli saranno avviati alla fase di incubazione, dove potranno completare la stesura del business plan e usufruire di un servizio di tutoring on demand per l’analisi competitiva, il posizionamento di mercato e la definizione di tutte le fasi che caratterizzano il pre-seed delle nuove idee imprenditoriali.
Quella in apertura domani è la seconda tornata di selezioni. La prima, avviata a marzo, ha già portato il gruppo iniziale dei partecipanti alla fine del periodo di formazione, e proprio in questi giorni si stanno apprestando ad iniziare lo stage. La Repubblica degli Stagisti li ha sentiti per sapere se finora sono stati soddisfatti del programma. «La formazione è stata una pagina molto importante del progetto, perché ci siamo confrontati con i maggiori esperti del settore della cultura. L’aspetto fondamentale è poter acquisire delle competenze che attualmente sono richieste, perché in Italia c’è una crescente necessità di digitalizzare qualsiasi cosa, e noi abbiamo studiato un po’ come si fa» racconta Anna Maria Maselli, 26enne campana, laureata in Filosofia con un master in Management delle organizzazioni no profit.
Quali aspettative hanno verso lo stage? «Mi aspetto soprattutto di imparare il più possibile, e soprattutto da un punto di vista pratico, come mettere a frutto i miei studi e la formazione che ho ricevuto in una realtà concreta. Da quanto mi è stato detto mi occuperò principalmente di gestione degli eventi e di comunicazione» dice Sara Da Ronch da Padova, 25 anni, laureata in Lettere e Filologia moderna e in procinto di iniziare il tirocinio alle gallerie dell'Accademia di Venezia.
E quanto riguarda le idee di startup? «Durante il percorso formativo abbiamo tutti ideato un progetto» racconta Piercarlo Zizzari, salentino laureato in Giurisprudenza: «Chi di noi ha pensato a proposte simili si è unito in un unico gruppo, e devo dire che il corso, da questo punto di vista, ha forse dato la giusta carica a più di qualcuno per mettersi in moto. E’ proprio per questo che mi sento di poter consigliare Generazione Cultura».
Sembrano tutti soddisfatti, management compreso, tant’è che «si sta già discutendo per ripartire con una nuova edizione di Generazione Cultura», racconta Boccardelli.
C’è un però. Il settore culturale nel nostro Paese è notoriamente in crisi da lungo tempo, tanto da essere definito «il più grande disinvestimento settoriale che si sia avuto in Italia negli anni 2000», secondo l’ultimo report dell’Agenzia per la coesione territoriale. Secondo le stime di Eurostat, l’Italia ha più siti culturali Unesco di tutti gli Stati Europei, e nonostante il settore culturale sia il terzo in Italia per numero di occupati (880mila nel 2015), il suo livello di impiegati è minore della maggior parte degli altri paesi europei. In più, la spesa pro capite in cultura continua a diminuire (dai 121 euro pro capite del 2014 ai 119 del 2015), segno di un’Italia che, seppur ricca di cultura, non sa fruirne o non vuole valorizzarla a dovere. E’ possibile che un progetto come Generazione Cultura riesca a cambiare le carte in tavola?
«E’ vero che esiste un tema di domanda di mercato, nel senso che i beni e i servizi culturali hanno subìto una flessione legata in parte al ciclo economico e alla crisi, e in Italia forse si potrebbe fare di più per far crescere la nostra società verso un consumo di prodotti culturali più ricco» dice Boccardelli. «Però c’è anche un problema di offerta: in altri mercati, il bene di natura culturale viene fruito in maniera più efficace. In questo senso Generazione Cultura non è un progetto di formazione, ma un progetto culturale che pone le basi per costruire una classe di talenti che hanno a cuore lo sviluppo del patrimonio culturale, e soprattutto lo sviluppo dell’offerta di beni e servizi culturali che permettano anche di alimentare la domanda».
Eppure, secondo Almalaurea, i laureati in materie umanistiche sono i più penalizzati, a un anno dal diploma: quante possibilità hanno i partecipanti al programma riuscire a trovare un impiego in questo campo? «Se le persone che approcciano Generazione Cultura pensano di utilizzare le proprie competenze culturali solo per fare il sovrintendente, questo non è il programma per loro: la domanda è quella dei concorsi per sovrintendenti ai beni culturali» scherza Boccardelli. «Il programma che noi offriamo è un programma di sviluppo di competenze gestionali, con un approccio innovativo e imprenditoriale applicato al settore culturale, quindi un percorso diverso. Quelle lauree hanno uno sbocco naturale nelle professioni culturali, ma sicuramente la domanda è superiore per le professioni gestionali legate al mercato dei servizi culturali. La promessa è di costruire una professionalità solida che questo mercato riconoscerà, perché è quello di cui ha bisogno».
E’ anche per questo che il progetto rimane aperto ai laureati di tutte le discipline, vedendo nell’interdisciplinarietà un valore aggiunto nella formazione di team innovativi. Anche chi possiede competenze più tecniche, quindi, può metterle a disposizione per esempio per il lancio di un’iniziativa digitale o la progettazione di una nuova customer experience all’interno di un museo. Alla fine, l’elemento distintivo è la passione per il prodotto cultura, al di là del background di studi.
I partecipanti a Generazione Cultura potrebbero quindi sì trovare collocazione all’interno delle istituzioni culturali esistenti, ma anche nel mondo delle imprese che offrono servizi nei settori culturali, come eventi, servizi di gestione, o società di consulenza; o, infine, sviluppare progetti imprenditoriali che colmino un bisogno del mercato non soddisfatto pienamente dall’offerta culturale attuale.
Certo è che un mese e mezzo di formazione suona come un periodo un po’ breve per costruire una professionalità solida, in grado di dare vita ad una startup. «La formazione imprenditoriale è legata a tutto il percorso, l’importante è acquisire strumenti e conoscenza del settore culturale, sperimentare all’interno di alcune organizzazioni cosa significa gestire beni e servizi culturali. Fare la startup invece è tutta un’altra storia: c’è la fase di incubazione, con un’attività di assistenza, di formazione e di mentorship, è un processo che si sviluppa in un tempo molto più lungo. Quello che noi facciamo è portare i ragazzi all’inizio di questo percorso, stimolando la loro creatività e cercando il collegamento con altre risorse e competenze che possono completare il team imprenditoriale» replica Boccardelli. «Noi offriamo una piattaforma di relazioni e di opportunità tali per cui, se ci sono in campo gli ingredienti giusti e la giusta motivazione, qualcosa di buono si riesce a fare».
La partita è aperta, ed è inevitabilmente destinata a giocarsi su più piani, sia su quello del talento individuale, sia sulla capacità del sistema di incanalare e sviluppare questo talento. «Il settore dei beni culturali in Italia è e rimarrà in crisi anche dopo questo esperimento; se e come questo progetto migliorerà la situazione delle realtà culturali italiane, dipenderà esclusivamente dalla destrezza degli agenti di questo settore di poter cogliere al volo l'enorme potenzialità che la Luiss sta mettendo in campo» riflette Piercarlo Zizzari. «Spero che Generazione Cultura possa darmi un aiuto nell'aprirmi un varco in questo settore e soprattutto nel potervi dare un contributo, ma penso anche che questo dipenda in prima persona da noi stessi, da come viviamo quest'opportunità e da ciò che seminiamo durante il percorso», aggiunge Sara Da Ronch.
Se questa è la strada da intraprendere, la scommessa di Generazione Cultura dovrebbe iniziare a portare i suoi frutti nella prossima primavera, quando le prime idee di startup verranno incubate. Almeno per il momento, però, sembrerebbe di aver imboccato la giusta direzione: la valorizzazione culturale, insieme a quella dei giovani, non potrà che rappresentare un passo positivo per il progresso del Paese.
Irene Dominioni
Community