«Garanzia giovani, in Campania non funziona»: la denuncia della Cisl

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 23 Ott 2014 in Interviste

Molti iscritti, ma meno dei potenziali destinatari, e poche offerte delle aziende, per lo più di basso profilo e poco in linea con le aspettative dei giovani: è ormai certo che la Garanzia giovani in questi primi mesi di applicazione non ha prodotto i risultati sperati. In particolare in Campania - seconda regione per numero di iscritti - dove mancano le offerte ed è assente un processo che premi le aziende che offrono posti di lavoro, in modo da disincentivare la formazione mascherata da esperienza occupazionale. Sono le accuse che la Cisl Campania fa al governo regionale, a cui nei prossimi giorni chiederà un nuovo incontro per capire lo stato reale di attuazione della Garanzia. La Repubblica degli Stagisti ha intervistato Lina Lucci, segretario generale della Cisl Campania dal 2009 e prima donna a ricoprire questo incarico in regione, per farsi illustrare i punti oscuri dell’attuazione della Garanzia. Lucci è stata la più giovane leader regionale della Cisl in Italia, diventando a soli 22 anni la prima responsabile delle donne di comparto per la Cisl funzione pubblica di Napoli presso il comando regione militare sud. Nel 2000 è diventata poi responsabile del dipartimento donne e giovani della Cisl Campania e nel 2005 segretario regionale con delega al mercato del lavoro.

Una platea potenziale di circa 400mila persone per la Garanzia giovani in Campania, ma al momento solo 33mila iscritti: come mai? 
Lo spiego con due grosse preoccupazioni. La prima è che purtroppo i centri per l’impiego funzionano a macchia di leopardo. È una questione che denunciamo da sempre: sia sul piano nazionale che locale i vari governi che si sono succeduti non hanno mai investito seriamente nei cpi con il risultato che oggi, utilizzando la Youth Guarantee, abbiamo immaginato di potenziare con quelle risorse l’operatività dei centri. La Germania ha 150mila dipendenti nei centri per l’impiego, noi 7mila in tutto il Paese, il che la dice lunga anche sull’approccio dei nostri addetti che non è né quello tedesco, né anglosassone né francese. Negli altri Paesi i dipendenti dei cpi hanno un comportamento di aggressione nei confronti delle imprese, vanno a verificare quali sono i posti vacanti, qual è la domanda dei settori produttivi e su quello costruiscono l’offerta. I nostri addetti ai centri per l’impiego, invece, fanno sforzi enormi perché non hanno risorse per poter andare avanti, proprio perché non ci sono investimenti da parte degli enti pubblici o delle province.

E la seconda preoccupazione…

È legata al fatto che le aziende sono le grandi assenti. Ora è pur vero che c’è una crisi che morde ai polpacci per non dire alla giugulare ma è anche vero che c’è un vizio a monte da troppo tempo. Abbiamo provato a sollecitare l’assessore Nappi, ma fino ad ora non abbiamo avuto riscontri, perché la programmazione regionale è ancora molto distante dal tenere assieme tutti i soggetti titolati a partecipare al dinamismo del mercato del lavoro. Penso a università, agenzie per l’impiego, scuole, ma anche agli enti bilaterali. Avevamo proposto di tenere dentro questi organismi costituiti da sindacato e associazioni datoriali: purtroppo l’assessore ha condiviso l’idea ma non l’ha concretizzata. 

Un dato allarmante è il numero di adesioni delle aziende: in tutto il sud sono disponibili poco meno del 14% delle offerte…

Esatto e il più delle volte assumono senza rivolgersi ai centri per l’impiego e questo non agevola il processo di inserimento. Ripeto, credo che la Regione non abbia fatto abbastanza e che l’assessore Nappi debba dare un segnale di discontinuità e recuperare subito evitando di dare queste risorse ai centri di formazione. Perché il dramma della Campania, come di molte altre regioni del sud, è che si continuano a dare soldi agli enti di formazione monitorando poco e pagando tutta l’attività di formazione a processo quindi senza il raggiungimento del risultato. Noi, invece, chiediamo di pagare a traguardo raggiunto. Non basta mettere in formazione qualcuno, se ti impegni a collocare almeno il 10% di quei soggetti che hanno partecipato a corsi di formazione dovrai premiare e quindi pagare l’ente solo dopo che questo è avvenuto. Altrimenti non c’è un risultato in termini di incremento occupazionale né qualità della formazione.

È la Garanzia giovani che non funziona e non attira o c’è solo poca conoscenza del programma?

C’è un problema enorme nel Paese che riguarda la mancanza di crescita. Siamo in recessione e questo vuol dire che i consumi sono fermi. Il Paese ha perso negli ultimi due anni circa 25 punti di produzione. Voglio ricordarlo, perché significa che si possono destinare risorse all’impresa in termini di incentivi per creare nuova occupazione, o modificare l’articolo 18 come meglio si crede, ma se non ripartono i consumi e l’economia, le aziende continueranno a non assumere.

Come Cisl Campania avete intenzione di proporre qualcosa per incentivare l’adesione di aziende e giovani?

Intanto, come già detto, chiediamo di considerare anche gli enti bilaterali, presenti nell’artigianato, nell’industria e nel commercio. Poi spingere sui centri per l’impiego: servono persone fisiche che entrino in tutte le aziende e con queste costruiscano un dialogo. Dietro la garanzia giovani ci sono, infatti, misure economiche complicate che innescano un meccanismo di sfiducia tra l’azienda e il livello istituzionale e anche questo incide.

Crede che la scarsa adesione al programma dei giovani campani – rispetto ai potenziali destinatari - sia dovuta al fatto che la maggior parte delle offerte sono al nord, quindi comportano spese di viaggio per selezioni e colloqui?

Non credo: i giovani campani sono molto dinamici da questo punto di vista e sfidano un po’ la sorte pur di trovare un lavoro. Qualche mese fa ero a Berlino per il congresso internazionale del sindacato e ho avuto il piacere, o meglio dovrei dire il dispiacere, di incontrare molti campani che si trasferivano in Germania per lavorare. Non credo ci sia questo problema di costi. Invece mi preoccupa molto l’assenza di domanda da parte delle imprese. Confindustria avrebbe dovuto presentare un elenco delle aziende destinatarie del programma ma non l’ha fatto. Così oggi mancano all’appello tutte le imprese dell’artigianato o quelle dei servizi.

Confindustria come ha risposto alla richiesta Cisl di ricevere questo elenco delle aziende?

Non ha risposto, non c’è nulla. Ma non solo a livello regionale. Quando si è iniziato a discutere di Garanzia giovani, la Cisl nazionale aprì un dibattito con le venti regioni per evitare che si procedesse in maniera disomogenea. Abbiamo invitato sia l’onorevole Treu, sia l’allora sottosegretario del governo Letta, Carlo dell’Aringa, e a entrambi io stessa dissi: «Avete intercettato il target di destinazione delle risorse, i giovani, ma come vi ponete rispetto al fatto che mancano le imprese?» Risposero che effettivamente c’era questa grande preoccupazione, perché le indagini Excelsior individuano i settori produttivi in cui c’è una domanda inevasa di lavoro. Ma quelle stesse aziende non si pronunciano sui territori in cui quella domanda è  indispensabile. Questo evidenzia ancora una volta come politica e istituzioni continuino a parlare di cose poco reali. Perciò chiediamo di partecipare alla discussione, perché siamo quelli che conoscono il mercato del lavoro molto meglio di tanti altri tecnici che si sono succeduti negli ultimi governi.

Quali sono le risorse ad oggi stanziate per la Regione Campania nell’ambito della Garanzia giovani?

Sono tante: 200milioni di euro quelle nazionali e 400milioni messi sul tavolo dalla regione Campania. Il problema non è la disponibilità delle risorse ma capire come evitare che vadano disperse. Chiederemo un nuovo confronto con la Regione per capire qual è lo stato dell’arte e in quell’occasione faremo anche un quadro di quanti sono quelli espulsi dalla Garanzia. Non parlo solo degli under 30 ma anche di quanti fino a questo momento non sono stati presi in considerazione, come gli over 40. È importante spendere queste risorse dando una risposta al Paese, evitando di buttare dalla finestra un bel po’ di danaro.

Se i fondi non dovessero essere utilizzati entro i termini prescritti andrebbero irrimediabilmente persi?

No, non succederà, per quello che riguarda la mia organizzazione sarò ben lieta di comunicarle che avremo ottenuto il tavolo e riaperto la discussione. Non si può lasciare nulla al caso e esercitare ognuno per la propria parte un ruolo in termini di competenza molto più elevato di quanto fatto fino a questo momento.

Oggi se dovesse trarre un bilancio della Garanzia giovani in Campania cosa direbbe?

Non ha funzionato e non sta funzionando. Dobbiamo chiamare le imprese a un’assunzione di responsabilità e capire di che cosa hanno bisogno per cominciare ad agevolare questi ingressi nel mercato del lavoro locale. Vale per tutti i settori: la Confindustria, il mondo dell’artigianato, il terziario avanzato, come anche Confagricoltura.

intervista di Marianna Lepore

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