L’Italia non è solo un paese di immigrati, ma anche, e si potrebbe azzardare, soprattutto, emigrati: come cent'anni fa, anche se in modo totalmente diverso. Secondo l’ultimo Dossier statistico sull’immigrazione a cura del centro studi Idos, riferita ai dati del 2014, gli italiani all’estero crescono più degli stranieri in Italia: due anni fa sono aumentati maggiormente (155mila unità in più) rispetto agli immigrati nel nostro Paese (92mila in più). Intrecciando invece i dati Istat e quelli provenienti dai principali paesi che ospitano gli emigrati, «al netto dei profughi che sono arrivati nel nostro Paese, il rapporto tra emigrati italiani verso l’estero e immigrati che arrivano in Italia per lavoro è di tre a uno. Un dato ignorato, o sottaciuto, da molti». A dirlo senza mezzi termini è Pietro Lunetto, membro della Comune del Belgio, un progetto finalizzato all’integrazione dei migranti italiani a Bruxelles e dintorni.
Lunetto, 40 anni, è un ricercatore chimico e vive in Belgio da cinque: si occupa di fenomeni migratori per passione e per questo fa parte del consiglio direttivo del neonato Faim, Forum delle Associazioni Italiane nel Mondo, rappresentanza sociale delle associazioni degli italiani all’estero.
Di recente ha avuto luogo la seconda riunione ufficiale del Forum. Ma per ripercorrerne la storia bisogna risalire all'estate scorsa, quando oltre 250 persone di tutto il mondo e circa 1500 associazioni, «quasi la metà del tessuto associativo degli italiani emigrati, che secondo le stime del ministero degli Esteri ammonta a circa 4mila singole organizzazioni», spiega alla Repubblica degli Stagisti Lunetto, hanno deciso di dare vita a una nuova realtà finalizzata alla tutela di chi vive fuori dal nostro Paese. Per diverse ragioni, tra cui «la ripartenza massiccia dell’emigrazione dai paesi dove peggiori sono le situazioni economiche verso i paesi più ricchi, oltre a un rapido e ulteriore smantellamento delle politiche per gli italiani all’estero e all’affievolimento progressivo del rapporto delle istituzioni italiane con l’associazionismo».
Per questo il Forum, il cui dettaglio delle attività sarà definito nell’Assemblea generale in calendario ad aprile, ha già tracciato alcuni ambiti di azione, tra cui «la costruzione di progetti e partenariati tra gli aderenti al Forum, e il rafforzamento della cooperazione con le regioni italiane, oggi per legge ampiamente competenti sul tema emigrazione». Senza dimenticare un aspetto fondamentale al giorno d'oggi: «lo sviluppo di un’adeguata comunicazione interna alla rete associativa con una piattaforma che consenta di scambiarsi informazioni». Il Forum, provvisoriamente regolamentato da una bozza di statuto, al momento è gestito da un coordinamento di circa 10 persone rappresentative di altrettante associazioni, cui si sono aggiunte altre 12 associazioni per garantire una rappresentanza territoriale a livello mondiale.
Ma chi sono gli emigrati di oggi e a chi parla il Forum? Va subito chiarito che gli Stati Generali dell’Associazionismo degli italiani all'estero, come sono stati ribattezzati, non guardano solo a quella che potrebbe essere definita l’emigrazione «colta», ma «a tutta la nostra comunità emigrata, composta sì dai cosiddetti cervelli in fuga, ma anche di emigrazione meno scolarizzata», spiega Lunetto. Un’ampia platea di cui tra l’altro non fanno parte solo gli under 30: «La nuova migrazione non è fatta solo di giovani, ma esiste una fetta consistente di over 45 che torna a emigrare per ragioni economiche, spesso con figli e famiglie al seguito e riproducendo una casistica già conosciuta di problemi di integrazione».
Va da sé che vissuti ed esigenze differenti richiedono piani d’azione diversi e, a una prima impressione, potrebbe essere proprio questa una delle principali criticità legate all’attività del Forum. Nell’ultimo incontro, in cui è stato stabilito l’allargamento a 10 nuove associazioni, è emersa ad esempio una differente concezione dell’associazionismo da parte dei giovani, che «hanno un modo meno strutturato e più liquido di vivere l’associazionismo. Questo comporterà la messa a punto di strategie di coinvolgimento diverse rispetto a quelle dell’associazionismo meno recente», spiega Lunetto.
I giovani sono in ogni caso soggetti da non sottovalutare nell'ambito delle dinamiche dell'associazionismo, anche perché sono sempre più numerosi quelli che guardano oltre i confini nazionali. Il Rapporto Giovani dell'Istituto Toniolo qualche giorno fa ha diffuso dati interessanti in questo senso: più del 50% del campione afferma che l'emigrazione sia l'unica opportunità di realizzazione e oltre l'88% si dichiara disposto a emigrare stabilmente pur di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro.
Inoltre il gran numero di associazioni, con caratteristiche e background non sempre simili potrebbe essere un limite all’adozione in maniera univoca di strategie e decisioni. Il Forum ha una struttura molto articolata: «Le più grandi federazioni di associazioni che ne fanno farte sono le Acli, la Filef, l'Istituto Fernando Santi, la Fondazione Migrantes. Filef e Istituto Santi sono espressione dell'associazionismo progressista, mentre gli altri fanno riferimento al mondo dell'associazionismo cristiano. Raggruppano tutte la maggior parte dell'associazionismo storico, per intenderci quello scaturito dalle ondate migratorie precedenti a quella attuale, e hanno tutte una presenza a livello mondiale, nei diversi continenti dove l'emigrazione è stata più massiccia».
Il lavoro del Forum va avanti in vista di aprile, quando è prevista la definizione delle linee di programma del prossimo quadriennio e la composizione degli organismi che dovranno gestire le attività di quel periodo: «Nella bozza di statuto sono previsti tre organismi principali, cioè l'assemblea congressuale, che raggruppa i rappresentanti di tutti i soci; il consiglio direttivo, composto da 35 membri che formano una specie di parlamentino del Forum; e infine il comitato di coordinamento, formato da circa 9-11 persone, eletto dal consiglio direttivo».
Il Maeci è uno degli interlocutori principali, insieme alle diverse istituzioni italiane come il parlamento e il Cgie – organismo rappresentativo con il ruolo di tramite tra gli italiani all'estero e le proprie rappresentanze locali e le istituzioni italiane – con cui il Forum dovrebbe rapportarsi. Riuscirà ad attivare un canale di comunicazione efficace?
Chiara Del Priore
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