Marianna Lepore
Scritto il 28 Giu 2023 in Approfondimenti
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È l’apprendistato con il minor numero di adesioni: secondo gli ultimi dati di fonte Inps disponibili riferiti al 2020, su circa 531mila rapporti di lavoro in apprendistato in corso quell’anno, solo 1.277 erano di terzo livello, contro i 10.686 di primo livello e i 519.072 professionalizzanti. In pratica una tipologia quasi inesistente, anche se in crescita (del 10%...) rispetto al 2019.
Il XX Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato Inapp Inps, mostra come praticamente quasi tutti i rapporti di lavoro di terzo livello siano attivati in due sole regioni: Piemonte e Lombardia, che raccolgono oltre il settanta per cento di questo segmento di apprendisti. I restanti – poche decine di persone – si distribuiscono in otto regioni e in particolare in Lazio, Veneto, Sicilia ed Emilia Romagna.
Altri dati: gli apprendisti di terzo livello sono principalmente uomini, sette su dieci nel 2020. Quasi due terzi hanno tra i 25 e i 29 anni e poco più di un quinto tra i 18 e i 24 – abbastanza comprensibile, dato che questo tipo di apprendistato si rivolge a chi sta compiendo o ha già concluso un percorso universitario. Le principali attività in cui si trovano più rapporti di lavoro in questa tipologia sono la manifatturiera, quelle professionali e servizi di supporto alle imprese e il settore metalmeccanico: in totale raccolgono oltre il 70 per cento degli apprendistati di terzo livello.
L’apprendistato di alta formazione e ricerca, come gli altri tipi di apprendistato, è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani. In questo caso l’apprendista ha la possibilità di lavorare e contemporaneamente conseguire un titolo di istruzione terziaria, universitaria o post universitaria, svolgere attività di ricerca oppure il praticantato previsto per l’accesso alle professioni ordinistiche. In pratica mentre lavora il giovane assunto in questo modo può dedicare una parte delle ore previste dal contratto allo studio e al conseguimento di un titolo.
La maggioranza degli apprendistati di questo tipo è concentrata in particolare nello svolgimento di un master universitario: più di due terzi del totale. Segue il percorso finalizzato al conseguimento di un diploma di tecnico superiore e poi, con numeri esigui, ci sono gli apprendisti iscritti in percorsi di dottorato, laurea e attività di ricerca. Praticamente nullo l’apporto del contratto di apprendistato che consente di svolgere il periodo di praticantato necessario per l’ammissione all’esame di Stato e l’abilitazione all’esercizio di una professione ordinistica. Probabilmente perché, scrive il rapporto Inapp – Inps, «risente delle difficoltà di raccordo con i regolamenti previsti dagli ordini professionali sul tema». I master sono, quindi, più attrattivi come percorso di alto apprendistato perché sono progettati per rispondere alle esigenze formative professionali delle aziende coinvolte. E poi perché consentono una maggiore flessibilità organizzativa rispetto, ad esempio, ai percorsi di laurea.
Per anni accesso privilegiato dei giovani al mondo del lavoro, specialmente nell’artigianato, l’apprendistato assume la forma ad oggi conosciuta nel 2003 con il decreto legislativo numero 276 che introduce la distinzione tra le tre tipologie tutt’ora vigenti. Negli anni seguenti ci sono state diverse modifiche fino all’approvazione, nel 2011, del Testo unico sull’apprendistato. Il percorso di modifica non si è fermato lì, perché già la riforma Fornero del 2012 ha introdotto la durata minima, fissata a sei mesi, e negli anni seguenti altri cambiamenti sono stati apportati fino ad arrivare al decreto legislativo 81 del 2015, ancora valido. Per evitare che un eventuale ritardo negli accordi tra le Regioni e le associazioni datoriali compromettesse il suo utilizzo, in questo testo si prevede la possibilità di attivare percorsi di apprendistato di terzo livello stipulando apposite convenzioni tra singoli datori di lavoro o associazioni e le università, gli istituti tecnici superiori e altre istituzioni formative o di ricerca.
Per quanto riguarda la durata si va da un minimo di sei mesi a un massimo che non può essere superiore al tempo totale del percorso di studi, quindi due anni per un master biennale oppure tre per la laurea o per l’apprendistato di ricerca. Mentre per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche è definita in rapporto al conseguimento dell’attestato di compiuta pratica.
Caratteristica tipica del contratto di apprendistato – non solo di quello di terzo livello, ma di ogni tipo – è la sua stabilità: se al termine della fase formativa le parti non recedono dal rapporto, questo prosegue in automatico come un tempo indeterminato.
Ed è un vero peccato che l’ “alto apprendistato” sia così poco utilizzato, perché esso consente una forte accelerazione delle capacità per gli apprendisti e diventa una «formula vincente per tutti», come assicura Roberta Morici, responsabile dei programmi di formazione di Cefriel che, in partnership con Bip, ha creato il master in Cloud Data Engineer inserendo in azienda i partecipanti – una quindicina per ogni edizione – proprio con la formula dell’Alto apprendistato.
«Abbiamo cominciato la sperimentazione di questa formula nel 2006, quando siamo stati chiamati da Assolombarda per ragionare sulla fattibilità di realizzare dei master universitari all’interno del contesto dell’alto apprendistato, che è attuabile solo se c’è un’istituzione che mette in piedi un piano formativo, associato al contratto di lavoro» spiega Morici. Cefriel, come consorzio del Politecnico di Milano, ha l’incarico per la progettazione, erogazione e gestione di master universitari di primo e secondo livello. Approvata la legge sull’apprendistato nel 2006, visti i finanziamenti pubblici offerti dalla regione Lombardia, e l’azione di Assolombarda, «ci sembrava un’ottima occasione proporre percorsi di alto apprendistato per rispondere alla richiesta delle nostre aziende di assumere e formare persone specializzate sui temi IT, così siamo stati l’ente di formazione giusto nel momento giusto. Siamo partiti come sperimentazione e da allora non ci siamo più fermati!».
Per Cefriel questo contratto «è lo strumento migliore per avvicinare i giovani laureati al mondo del lavoro. Possono avere un’occupazione a tempo indeterminato, migliorare le proprie conoscenze e competenze nell’ambito specifico per il quale sono stati assunti: insomma la più vantaggiosa esperienza nel mondo del lavoro che un ragazzo fino ai 29 anni, così dice la normativa oggi, possa fare».
Visto che Cefriel si occupa di innovazione digitale, lo studente/lavoratore tipo è l’ingegnere informatico o l’informatico - anche se il bacino di utenza si è allargato a laureati in ingegneria elettronica, data science, statistica, matematica. Non solo, negli ultimi tempi ci sono anche master come quello in innovazione digitale in cui il target tipo è il laureato stem, ma anche in lettere, filosofia o lingue.
Il master in Cloud Data Engineer in partnership con Bip è uno dei tanti attivato in collaborazione con un’azienda. «Abbiamo già erogato tantissimi master in alto apprendistato: oltre 50 dal 2006 ad oggi. In questo arco di tempo abbiamo formato circa 800 apprendisti, con una media di 16 ragazzi per ogni master» racconta Morici. «Molte altre aziende hanno colto questa opportunità: ricordiamolo, è una misura che incentiva le assunzioni» e quindi c’è anche un diretto «beneficio per chi assume».
Cefriel ha costruito percorsi formativi in alto apprendistato con e per alcune società di consulenza come Bip, PwC e Deloitte, che assumono molti laureati, e tra le aziende industriali ci sono Allianz, Banco BPM, Bosch, Nestlé, Sara Assicurazioni, ST Microelectronics, Unicredit. «Alcuni dei master, come quello con Bip, sono dedicati a una sola azienda che crea la sua classe di apprendisti, personalizzando i contenuti per le proprie figure professionali, mentre altri sono interaziendali e offrono il vantaggio di scambio e networking tra i partecipanti di aziende diverse».
Scopo di questo contratto è rilasciare un titolo di terzo livello, per questo i partecipanti devono essere laureati, la procedura è quella dell’assunzione e «non c’è particolare complessità nell’attivare questo contratto e Cefriel garantisce tutto il supporto per le necessarie procedure. Semmai ci sono dei vantaggi», spiega Morici. «L’azienda può inquadrare fino a due livelli inferiori rispetto a quello di destinazione finale, anche se non tutte lo fanno perché è meno attrattivo per il ragazzo. Poi c’è un’agevolazione contributiva al 10 per cento riconosciuta anche per i 12 mesi successivi all’acquisizione della qualifica finale, ed è quella che maggiormente attrae le aziende. Il terzo vantaggio è uno sgravio sulla contribuzione». La Regione Lombardia garantisce, poi, da molti anni un finanziamento per questa formula: «l’attuale bando è stato appena prorogato fino a ottobre, quindi ci sono ancora risorse disponibili: un’opportunità da non perdere».
A questi vantaggi si aggiunge per il partecipante «la combinazione di studio e lavoro: entri nel mercato del lavoro, non solo guadagni ma fai esperienza e contemporaneamente ti formi con un master che ti va a specializzare progettato ad hoc sull’esigenza dell’azienda». Ci si specializza sia come studio che come project work. «È una sorta di acceleratore della professione e di carriera».
Perché, dunque, nonostante tutti questi aspetti positivi, l’apprendistato di terzo livello è ancora così sottoutilizzato? «C’è un problema di visibilità, bisognerebbe lavorare maggiormente con le aziende a livello confindustriale». Alcune, quando viene proposto l’apprendistato di terzo livello, dimostrano curiosità. «È un peccato non conoscano questa bellissima opportunità. Per questo motivo hanno inizialmente una barriera di diffidenza, probabilmente legata al fatto che il ragazzo deve anche studiare, quindi l’azienda pur assumendolo full time di fatto ce l’ha a disposizione per meno tempo».
Ma le diffidenze poi scompaiono, assicura Morici: «Chi l’ha adottato è entusiasta e infatti facciamo tantissimi master ripetuti negli anni». Per quanto Cefriel si interfacci inizialmente solo con le aziende, che selezionano direttamente in autonomia i candidati, durante il master ha modo di seguire i giovani e ricevere i loro feedback, che sono a loro volta entusiasti: perché oggi poter allo stesso tempo studiare, formarsi, lavorare (e guadagnare!) è, in un certo senso, un privilegio. Di cui ancora troppi pochi giovani in Italia possono purtroppo godere.
Marianna Lepore
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