Cristina Sivieri Tagliabue
Scritto il 27 Gen 2016 in Lettere
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Oggi alla Camera dei deputati viene presentata una ricerca, “Le 30enni di domani”, che approfondisce il tema dello spazio che le giovani donne di oggi e di domani trovano, o riescono a conquistarsi, nel mondo del lavoro. Tra i relatori del dibattito anche Cristina Sivieri Tagliabue, giornalista e imprenditrice, fondatrice della video factory Lalà e autrice di Appena ho 18 anni mi rifaccio e del saggio a più mani Non è un paese per donne. Alla Repubblica degli Stagisti Cristina Sivieri Tagliabue ha voluto regalare il testo del suo speech, perché arrivi dritto ai lettori - e sopratutto alle lettrici - che si stanno affacciando all'età adulta e stanno decidendo cosa vorranno fare da grandi.
Nel 2006, per 8 giorni consecutivi, ho acquistato i primi cinque quotidiani nazionali – adesso ce ne sono ancora cinque, di quotidiani di carta? – e contato le firme femminili in prima pagina. Su 487 articoli firmati, solo una settantina erano le donne giornaliste. Ma la cronaca, si sa, siamo brave tutti a farla. Noi che tessiamo e cuciamo dall’età di Ulisse, vuoi che non sappiamo scrivere una news?
La questione si fece più triste quando si trattò di contare le opinioni “firmate” dalle donne, in prima pagina, di quei cinque quotidiani: non c’era nessun corsivo. Neppure uno.
Mi prese così l’istinto di verificare se, nel mondo della cultura in senso più ampio, la discrasia fosse meno evidente. E allora cominciai a cercare in modo forsennato numeri e percentuali. Tutti i 1641 registi italiani su Wikipedia. Soltanto il 3 per cento sono donne.
Prima di questo convegno ho fatto un altro paio di conti:
Le aziende “hi grow” femminili: siamo al 24,2%
Le aziende delle “gazzelle”, le giovanissime: 25,6%
Le nuove aziende: qui i dati sono dell’Istat e ci dicono che nel 71,2% dei casi gli imprenditori delle nuove imprese con dipendenti sono uomini.
Tutte le imprese digitali europee: solo il 19% delle imprenditrici sono donne.
Pensai, e penso ancora, c’è spazio. E infatti scopro che nel mondo della cultura e dell’intrattenimento in tante ci stanno provando. Il 32% delle nuove imprenditrici sono under 35. C’è spazio perché la qualità specifica delle donne è differente da quella degli uomini, e se nell’arte, nella cultura e nella famiglia abbiamo saputo avere un ruolo centrale, le nostre doti sono strategiche anche per un’impresa.
Da piccole le mamme ci hanno insegnato che “la prima volta” sarebbe stata la più importante, un momento indimenticabile. Quella che ci avrebbe fatto entrare davvero nel mondo dei “grandi”. Tuttavia non ci hanno detto che avremmo potuto desiderare “la nostra prima volta” anche senza la presenza di un uomo.
Non ci hanno detto che la prima volta avrebbe essere potuto essere “il primo articolo”. Il “primo stipendio”. Il “primo figlio” ma anche la prima volta di diventare “il capo”. Il capo azienda, il capo famiglia, il capo di governo. E infatti, la “capa”, la “boss”.... il solo termine, fa un po’ ridere, e non è mai stato nei nostri disegni di bambine.
Perché desiderare il potere è un desiderio cattivo. Fuori luogo. Inelegante. È un desiderio di chi vuole fare i soldi. E i soldi li devono guadagnare gli uomini, no? Sono gli uomini quelli che si ammazzano di potere...
Poi cresci, e ti rendi conto che se davvero desideri realizzare qualcosa di unico è proprio necessario diventare il capo. Perché se sei seconda dovrai sempre e comunque sottostare alla volontà altrui. Per questo, io credo, le donne desiderino fare impresa.
Perché è forse l’unico modo non solo per gestire il proprio tempo - la famosa worklife balance - ma soprattutto perché generare un’azienda è un atto di creatività, nella quale possiamo investire tutto il meglio di noi, consapevoli che se crescerà bene, sarà solo merito nostro. E noi donne, di creatività, ne sappiamo qualcosa.
Certo, poi occorre il coraggio “della prima volta”. Quella sensazione di stordimento e di emozione che solo una grande esperienza “al buio” è capace di darci. Quel momento “della prima volta” in cui mettere alla prova se stesse, e comprendere più che quanto ci sta intorno, ancora una volta i limiti del nostro corpo e del nostro desiderio.
Lo vogliamo davvero?
Perché “farlo la prima volta” non significa semplicemente tentare, ma mettersi nell’ordine di idee di riuscirci bene. E non solo: deve essere bello, deve essere giusto, e deve essere indimenticabile.
Certo, poi occorre anche scontrarsi con tutti i problemi di una “relazione”, e di una famiglia e di una maternità, ma sappiamo benissimo che per noi un successo è quando abbiamo fatto una cosa di cui andar fiere, e non necessariamente costosa, o profittevole.
Creare un’impresa è un atto di fede.
Dal mio punto di vista la start up, la nascita di un’impresa, è qualcosa che posso tranquillamente paragonare alla creazione di una “famiglia”.
Nel momento in cui l’associazione culturale nasceva e dalla quale, successivamente, ha preso forma la mia azienda, ho avuto intorno non soltanto socie, ma amiche.
Una famiglia di persone partecipi della mia scelta, che alcuni definiscono anche “coraggiosa”. La fase di preparazione è stata una ginnastica continua, dove ho dovuto imparare che la mia alimentazione non era tanto importante quanto quella dei miei collaboratori. Ho imparato a diventare multitasking esattamente come fanno tante mamme che si districano tra mille esigenze, ed ho potuto contare su una rete “sociale” di accoglienza che ha reso il periodo della gestazione più semplice, e meno traumatico. Esattamente come una madre con un figlio che usa meglio di lei l’iPad ho imparato le regole delle tecnologie digitali, ed ho cercato il modo migliore affinché potessero esprimere ….
Dopo aver fatto impresa, e lo scorso anno con Lalà Productions siamo arrivati a un ottimo fatturato, posso solo consigliare una cosa alle più giovani. Se dovete farlo “la prima volta”, non pensate di poter fare altro, mentre lo fate. La vostra concentrazione sarà tutta lì, e non potrete divagare troppo perché quel worklife balance che desiderate ve lo dovrete guadagnare con il sacrificio di tanti week end e notti insonni.
Cristina Sivieri Tagliabue
Se lo volete fare “per la prima volta”, non ci sarà un principe azzurro con il suo cavallo bianco a salvarvi. Quindi, se proprio lo doveste e voleste davvero fare “per la prima volta”, non fatelo con leggerezza.
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