Ilaria Mariotti
Scritto il 24 Ott 2015 in Notizie
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Oltre duecento ragazzi riuniti a Roma, al Tempio di Adriano, per una due giorni organizzata dall'Agenzia nazionale per i giovani dal titolo «La scommessa sei tu» (con un hashtag, #lascommessaseitu, che ha raccolto centinaia di tweet e menzioni sui social network), con l'obiettivo di «supportare e valorizzare lo spirito d’iniziativa e auto imprenditorialità dei giovani». Giovani tra i 20 e i 30 anni soprattutto, selezionati in tutta Italia (per aderire bisognava candidarsi tramite cv), che mercoledì e giovedì hanno partecipato a caccia di spunti e informazioni per la ricerca di un lavoro, o meglio per tentare di procacciarselo, ideando progetti e trovando finanziatori. Un evento che ha fornito un'occasione per riflettere sul loro futuro interrogando i fautori delle politiche giovanili di questi anni.
Tanti gli interlocutori nella maratona di interventi moderati da Gianluca Semprini, giornalista di SkyTg24, e Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli Stagisti: tra loro anche il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, l'imprenditore e consigliere del presidente del Consiglio sull’Innovazione sociale Paolo Barberis, il presidente del Coni Giovanni Malagò, il neopresidente di Unioncamere Ivan Lobello, l'amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri, e poi Diego Ciulli di Google Italia, Laura Bononcini di Facebook Italia, la direttrice dell'Agenzia per la coesione territorialeMaria Ludovica Agrò e molti altri.
Non sono mancati da parte dei ragazzi gli interventi e le riflessioni, propositive e talvolta anche critiche, di fronte a un sistema che spesso li fa sentire abbandonati nella pianificazione di un percorso professionale. Con Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, intervenuto nella discussione nella prima giornata, si è entrati nel cuore delle problematiche del mondo occupazionale. A cominciare dal Jobs Act, che Poletti ha difeso rispedendo al mittente le critiche e rispondendo alla domanda sul numero effettivo di occupati generati dalla riforma: «Sappiamo che abbiamo 325mila occupati in più agosto 2015 su agosto 2014: è un più 8 per cento, che è comunque un numero importante» ha sottolineato, pur ammettendo di non sapere ancora se si tratta di «contratti precari o meno».
Sta di fatto, ha ribadito Poletti, che «veniamo da vent'anni di precarizzazione del lavoro, e noi abbiamo fatto una cosa banale: rendere questi contratti meno convenienti». Con le nuove assunzioni a tempo indeterminato i giovani «possono farsi una vita, prendersi un mutuo». Per incentivare questi contratti sono serviti molti soldi: «Ma se vuoi rovesciare una cultura devi spostare almeno un milione di posti di lavoro, con 5mila non cambi lo stock». Sull'articolo 18 ha invece minimizzato: «Non è quello che mi chiedono i datori di lavoro quando li incontro: gli imprenditori vogliono essere più liberi nel momento in cui si espandono o assumono. E noi abbiamo dato regole chiare per esserlo. E non è nemmeno quello che mi chiedono i ragazzi, che sono interessati sopratutto ad avere più opportunità».
Rispondendo a chi, dalla platea, chiedeva - «dopo un dottorato, un master, due stage a titolo gratuito e ancora nessun lavoro in vista» - cosa pensa di fare il governo per rimediare (tasto dolente, almeno stando al forte applauso spontaneo generato dalla domanda), Poletti ha riconosciuto che «c'è bisogno di politiche attive strutturali, come Garanzia Giovani: finora sono state attuate logiche sbagliate, di protezione dell'esistente. A cominciare dalle rendite, che invece si proteggono da sole» sbotta.
Per ripartire bisogna fare invece una rivoluzione culturale. Lo ha sottolineato più volte nel suo intervento Alessandro Rosina, ordinario di Demografia alla Cattolica di Milano e curatore del Rapporto Giovani dell'Istituto Toniolo: basta con «le nuove generazioni destinatarie passive delle politiche di governo: devono comportarsi da protagoniste, costruirsi un percorso professionale e di vita già dalle superiori. Non devono porsi il problema del posto di lavoro dopo la laurea, bensì prima, optando per una determinata facoltà pensando già da subito al percorso da seguire».
Sulla stessa linea anche il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba: «Occorre fare delle scelte a monte, di medio-lungo periodo, per evitare che si faccia la fine degli avvocati di Roma che – si dice spesso – sono più di quelli della Francia intera» e rimangono poi a spasso. Insomma non aspettarsi un lavoro che venga a cercare a casa, ma «crearselo da sé» ragionando in anticipo sulla strada da intraprendere, e sopratutto intercettando i lavori del futuro: sia quelli nati grazie alle nuove tecnologie, sia i vecchi mestieri "modernizzati" in chiave contemporanea. Un esempio? La Agrò ha ricordato che «di giuristi ci sarà sempre bisogno», anche per modernizzare quelle branche del diritto che sono più esposte alle innovazioni: «il diritto d'autore, per dirne una, che oggi ha bisogno di una profonda revisione per restare al passo con i tempi che cambiano».
Il digitale è la fucina dalla quale partire, fonte com'è di nuova occupazione. Tra le professioni ancora semi-sconosciute che spuntano, per esempio, c'è quella del 'digitalizzatore'. Lo ha ricordato Ciulli di Google Italia (dove, come ovvio, «si entra solo tramite application online»): «Noi cerchiamo ragazzi che vadano in giro a parlare con le imprese, per spiegare cosa possano fare con Internet e quali vantaggi potrebbe trarne l'azienda»; una figura di cui in Italia c'è fortemente bisogno perché purtroppo ancora «quattro imprenditori su dieci ritengono inutile l'apporto del web alle proprie aziende» ha evidenziato con rammarico Poletti. Si tratta del fulcro di 'Crescere in digitale' una iniziativa che implementa Garanzia giovani, che consente agli iscritti di seguire un corso a cui può poi seguire un tirocinio di sei mesi «per affiancare le imprese nel digitale». Da parte loro gli imprenditori possono invece candidarsi per accogliere un tirocinante – sempre in ambito Garanzia giovani - «a supporto delle attività sul web».
Un'idea per creare un punto di incontro tra i due mondi, giovani e datori di lavoro, e per dare concretezza a quella parola, la «corresponsabilità», più volte uscita nel corso del dibattito e tra le domande dei partecipanti: a dire che – se è vero che i ragazzi devono impegnarsi per crearsi un futuro – chi detiene il potere ha il dovere di fare la sua parte. Lo ha sintetizzato Giacomo D'Arrigo [nella foto a fianco, insieme ai quattro protagonisti del dibatttito sulle startup: da sinistra Anna Amati di ItaliaStartup, Hagaj Badash di NanaBianca, Roberto Macina per Qurami, D'Arrigo e Benedetto Linguerri di H-Farm], presidente dell'Agenzia giovani, nel suo intervento conclusivo.
L'Agenzia ha come sua mission principale l'assegnazione di fondi europei (come quelli di Erasmus+) a progetti rivolti ai giovani o da loro messi in piedi: «Io sono, voglio essere corresponsabile. Noi con l'Agenzia non vogliamo limitarci a fare il nostro "compitino", che sarebbe quello di dare soldi e poi rendicontare» ha detto. «Vogliamo fare un passo in più, insieme a voi, creando un contatto con le imprese, con le istituzioni, creando la Rete per le opportunità, lavorando in partnership con le altre istituzioni, in modo da "scaricare a terra" energia moltiplicata. Abbiamo cominciato a farlo attraverso La scommessa sei tu, adesso la cosa più importante è mantenere il contatto e proseguire su questa strada».
Ilaria Mariotti
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