Quello del turismo è uno dei settori più gettonati, ma non l’unico. Perché gli ambiti nei quali ci si può candidare per l’Eye, acronimo di Erasmus for Young Entrepreneurs, sono potenzialmente infiniti: l’importante è presentare (in una lingua ufficiale di un Paese membro, meglio se in inglese) un progetto imprenditoriale concreto e convincente e caricarlo sul portale insieme alla propria domanda, che viene vagliata dall’ente intermediario.Eppure questa iniziativa europea, nata nel 2008 allo scopo di consentire a giovani neoimprenditori o aspiranti tali di toccare con mano una realtà aziendale estera, è ancora poco conosciuta: finora sono solo 448 gli italiani partiti per sperimentare dall’interno un’impresa in uno dei 28 Stati membri dell’Unione. Per un periodo che va da un minimo di tre a un massimo di sei mesi, nel corso dei quali si riceve un rimborso spese mensile tra i 500 e i 1100 euro, a seconda del costo della vita nel luogo di destinazione. Spesso chi parte finisce per rimanere più a lungo del previsto. Come nel caso di Angelo Scarpa, 30enne sardo laureato in Economia che oggi vive a Budapest, dove lavora nel settore contabilità di General Electrics. Proprio nella capitale ungherese era volato per l’Eye, dal dicembre del 2011 al maggio del 2012. «Il mio intermediario era la Confindustria di Cagliari, dove ho fatto uno stage dopo la laurea. Sono andato a Budapest e ho lavorato in Itl Group, una srl italiana: mi occupavo di controllo di gestione, con un rimborso di 700 euro al mese». Quell’esperienza serve a Scarpa per apprendere termini tecnici in lingua ungherese, un valore aggiunto rivelatosi importante per gli impieghi successivi, tra cui quello nella multinazionale di autonoleggio Avis. «All’inizio non ero per nulla convinto sulla scelta della meta, oggi invece a Budapest mi trovo benissimo e conto di restarci», ammette.
Non aveva nessun dubbio sulla destinazione, invece, Corrado Russo, 37 anni, laurea in filosofia a Lecce e master in organizzazione aziendale all’Istituto di Studi direzionali di Stresa (oggi inglobato nell’università Cattolica). La sua è la storia di chi poteva fare carriera ma ha scelto di tornare nella sua terra e mettersi in proprio. Dopo aver lavorato nella gestione del personale per Ibm e per Allen and Overy, uno dei più famosi studi legale del mondo, decide di rientrare in Puglia e fare un master in marketing turistico. Lavora per anni come guida turistica, sfruttando la sua elevata conoscenza delle lingue e anche di molte città nelle quali aveva viaggiato per lavoro, e nel 2008 fonda Iria, la sua agenzia di viaggi, specializzata nella customizzazione dei tour a seconda del cliente: a ciascuno il suo viaggio personalizzato, in base alle passioni e agli interessi. L’Eye, nel suo caso, arriva nel 2011, a Tenerife. Russo esplora l’isola e prende contatti con gli alberghi, per un mese. «Di più non potevo, dovevo comunque occuparmi dell’agenzia». Oggi ha due dipendenti e nell’utilità dell’Erasmus for young entrepreneurs crede fermamente, al punto da essere diventato a sua volta un host, cioè uno dei 266 imprenditori ospitanti in Italia. Lo scorso anno ha aperto le porte a una ragazza di Nottingham.
La stessa isola dell’arcipelago delle Canarie è stata scelta come anche da Michela Mogavero, 30enne di Molfetta con una laurea in lingue, specializzata in traduzioni e appassionata di viaggi. Anche il suo sogno è aprire un’agenzia di viaggi. Per questo, dopo una lunga serie di esperienze che vanno dall’insegnamento dell’italiano in alcuni licei francesi, a stage come traduttrice a Milano, passando per il lavoro di receptionist in alberghi romani e due progetti Leonardo, a Dublino e a Lipsia, nel 2011 è volata nell’isola spagnola. Per tre mesi si è occupata di gestione dei clienti, marketing e analisi del traffico web per il portale Canarias.com. «Ho acquisito familiarità con il mondo del turismo online e con il marketing», spiega. Skills preziose anche per il suo lavoro attuale, di nuovo a Lipsia, presso Unister, azienda tedesca di webmarketing, dove Mogavero ricopre il ruolo di junior Country manager per la Francia e l’Italia.
Il matching tra le proprie aspirazioni imprenditoriali e le aziende ospitanti non è, però, sempre facile. Lo sa bene Gabriele Nicu (nella foto), 33enne di Vigevano, in provincia di Pavia, laurea in filosofia all’Università Statale di Milano e studi in composizione al Conservatorio Verdi. «Ma proprio durante il conservatorio mi sono reso conto che sarebbe stato molto difficile vivere facendo il compositore di musica, e nello stesso tempo non volevo insegnare: volevo fare qualcosa di più operativo». Così si specializza in tecnologia audio all’Accademia della Scala, e dal 2010 comincia a lavorare come tecnico del suono sia dal vivo, nei locali di Milano, sia negli studi di registrazione. A fargli scoprire l’Eye è ancora un altro corso, organizzato da Regione Lombardia e dedicato a giovani startupper. Nicu presenta il suo progetto: una struttura che si occupa di musica a 360 gradi, fungendo da studio di registrazione e di montaggio, ma anche dando spazio ai giovani, ai quali vengono forniti una sala prove e supporto per i contatti con i locali e le etichette discografiche. «Il problema però è che io ero il primo a voler partecipare all’Eye in questo ambito, quindi nel database non c’era nessuna azienda del settore. Ho dovuto cercarmela da solo, all’inizio volevo andare a Londra, che è all’avanguardia, invece poi ho trovato Auhra». Uno studio di registrazione di Barcellona, dove Nicu è rimasto per tre mesi, con un rimborso da 800 euro mensili. «Lì mi hanno instillato la forma mentis dell’imprenditore, e ho imparato anche a lavorare in team», racconta. Oggi il suo progetto è realtà: si chiama MusicalBox, esiste da circa un anno nella sua città, «l’ho fondato insieme a un socio e stiamo andando bene».
Giuliana De Vivo
Per approfondire questo argomento, leggi anche:
- Erasmus +, al via il super-programma di studio all'estero targato UE
- Più Erasmus, «Erasmus +»: tutte le novità per formarsi all'estero
Community