In Italia servono più medici, come si fa a trovarli? Le proposte sul tavolo del ministro

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 24 Ott 2019 in Approfondimenti

Medicina specializzazione

Assunzione di abilitati senza specializzazione, medici in corsia fino a 70 anni, incarichi di lavoro autonomo: sono alcune delle sedici proposte elaborate dalle Regioni per far fronte alla carenza nazionale di medici specialisti. Approvato dalla Conferenza delle Regioni, dal 26 settembre il documento "Proposte riguardanti la carenza di medici specialisti e la valorizzazione delle professioni sanitarie non dirigenziali" è sul tavolo del ministro della Salute Roberto Speranza. Nel caso in cui siano accolte positivamente, le proposte dovrebbero essere integrate nella legge di Bilancio. 

Ma cosa ne pensano i rappresentanti della categoria? Tra i punti più discussi c’è il via libera all’assunzione, fino a dicembre 2021, degli specializzandi all’ultimo anno con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale.

«Questa misura non ci convince» dichiara alla Repubblica degli Stagisti Stefano Guicciardi, trentenne presidente di FederSpecializzandi, che insieme al Segretariato italiano giovani medici, al Coordinamento specializzandi in medicina d’emergenza-urgenza e al Movimento Giotto, ha risposto punto per punto al documento delle Regioni «né per la logica né per il motivo. Ovvero tamponare in fretta e furia e a basso costo con gli specializzandi la carenza di organico, senza considerare le ripercussioni sul piano formativo, già spesso molto carente. Noi naturalmente vogliamo essere assunti, ma vogliamo prima formarci bene».

Altra perplessità riguarda i i rischi a cui si espongono i medici ancora in formazione. «Ci sembra pericoloso da un punto di vista medico e legale immettere medici non ancora completamente formati facendo assumere loro responsabilità di un certo tipo senza che ci siano strumenti per certificare il loro livello di autonomia e la loro effettiva capacità di svolgere specifiche attività solitamente a carico degli strutturati», aggiunge.


Nel documento delle Regioni si parla dell'
attivazione di contratti di formazione-lavoro per gli specializzandi agli ultimi due anni, che andrebbero a sostituire i contratti di formazione specialistica, che attualmente prevedono una borsa di 25mila euro lordi annui per i primi due anni e 26mila dal terzo anno. 
I termini di questi contratti di formazione-lavoro non sono stati ancora definiti e, a tal proposito, FederSpecializzandi chiede che questo passaggio sia preceduto da una revisione strutturata dei piani formativi, in cui siano ben chiari le competenze e i gradi di responsabilità dello specializzando, nonché da un adeguamento assicurativo e retributivo.

Siamo favorevoli all’assunzione degli specializzandi
» commenta Carlo Palermo, 67 anni, segretario nazionale di Anaao Assomed «perché permette l’entrata precoce nel mondo del lavoro da parte di specialisti quasi formati, salvaguardando la qualità del Ssn». Tra le proposte su cui Anaao esprime un giudizio positivo c'è anche l’aumento del 3 per cento delle risorse da mettere a disposizione di Asl e ospedali per valorizzare il personale sanitario. «Aumentare del 3 per cento il monte salari» spiega Palermo «significherebbe risolvere molti problemi, ad esempio rendere più appetibili sedi periferiche dove ormai nessuno vuole andare. Oggi, con uno stipendio di 70-80mila euro lordi annui, siamo penultimi in Europa».


Inoltre per i prossimi tre anni verrebbe garantita l’assunzione di medici senza specializzazione, che potrebbero accedere in soprannumero, per esigenze del Servizio sanitario nazionale, a una scuola di specializzazione, sulla base di protocolli di intesa tra Regione e università. 


In caso di accoglimento delle proposte verrebbe inoltre introdotta la possibilità di reclutare medici tramite incarichi di lavoro autonomo. Ma di fronte a questa proposta si levano gli scudi. «Un’équipe cresce se costituita da medici con lavoro stabile» commenta il segretario nazionale Anaao «e bisogna investire in formazione e crescita delle capacità tecniche, professionali e culturali se si vuole garantire il mantenimento e la crescita della qualità del Ssn». I medici, in questo caso, verrebbero assunti con contratti libero professionali, quindi con condizioni diverse da quelle del contratto nazionale dei medici ospedalieri, pur ricoprendo di fatto le stesse mansioni nella turnistica quotidiana.  

Altro punto, la possibilità per i medici di restare in corsia fino a settant'anni, indipendentemente dagli anni di servizio effettivo. Una misura che dovrebbe in realtà interessare un numero risibile di medici, circa quattrocento. «Anziché far lavorare medici ultra 70enni, misura estrema, bisognerebbe cominciare a stabilizzare e migliorare le condizioni di lavoro, soprattutto per le specializzazioni critiche, dove scarseggiano i contratti a tempo indeterminato», commenta Guicciardi. 

Previsti anche interventi sulla formazione, ad esempio ridurre il percorso di studio da sei a cinque anni. «La formazione purtroppo viene vista come un inutile orpello. La riduzione dei percorsi è una follia» sostiene il presidente FederSpecializzandi: «Già nel 2015 sono state accorciate le specializzazioni. Il solo obiettivo, neanche troppo nascosto, è come sempre quello di fare cassa e di immettere in fretta e furia gli specialisti nel sistema di lavoro, trascurando la necessità di immettere buoni professionisti».

Tra le proposte più contrastate c’è poi quella di introdurre la possibilità di deroga alla durata massima dell’orario di lavoro. «C’è una norma europea che stabilisce che ai riposi non si può rinunciare» sottolinea Palermo «perché il riposo significa sicurezza delle cure, quindi qualità e riduzione del contenzioso e del rischio clinico». Attualmente la normativa europea prevede un monte ore settimanale di 38 ore, aumentabili con gli straordinari fino a un massimo di 48 ore. Esse sono distribuite su turni che non devono superare le 12 ore.

Insomma, secondo i rappresentanti della categoria bisogna sì intervenire con urgenza, ma senza sacrificare la qualità del Ssn e della formazione. «L'impressione è che si continui a cercare di risolvere il problema della carenza di organico con soluzioni estreme e fantasiose, di corto respiro e poco lungimiranti, e senza investire risorse. Dequalifichiamo gli specialisti per avere medici pronti all'uso ma che non riescono a maturare e a formarsi. Il paziente ha diritto a essere curato da un medico formato e competente, lo specializzando non può essere una stampella di comodo su cui si regge il Ssn», denuncia Guicciardi.

Secondo le previsioni della Commissione Ue, in Europa da qui al 2023 saranno richiesti 230mila medici. «Se non migliorano le condizioni» avverte Palermo «il rischio è che in Italia, soprattutto nel pubblico, non voglia lavorare più nessuno. Già oggi, secondo i dati della Commissione Ue, il 52 per cento dei medici europei che lasciano il loro paese sono italiani, con una perdita di 1.000-1.500 medici l’anno, in particolare dalle regioni di confine. Tra il 2018 e il 2025 avremo un deficit di 16mila specialisti».

Tra le richieste dell’Anaao, c’è quella di allargare la possibilità di assunzione, soprattutto nelle regioni sottoposte ai Piani di rientro, cioè programmi operativi di riorganizzazione, riqualificazione  e potenziamento del Servizio sanitario nazionale per garantire, fra le altre cose, l'equilibrio del bilancio. Tali regioni – ovvero Lazio, Molise, Campania, Calabria e Sicilia, hanno infatti subito una falcidia di personale, con conseguente ridotto accesso alla salute. E ancora, si propone di incrementare del 30% i posti disponibili attraverso 2.500 ulteriori borse di specializzazione ogni anno dal 2020 al 2022, da aggiungere alle circa 8mila l'anno attuali, 9mila considerando anche quelle finanziate da privati. Un'operazione i cui costi, secondo l'Anaao, ammonterebbero a circa 250 milioni l'anno. 

Intanto il Veneto, per far fronte alla mancanza di trecentoventi camici bianchi, con un bando pubblicato a settembre e chiuso pochi giorni fa, ha aperto il Pronto Soccorso ai laureati in Medicina abilitati ma non specializzati. FederSpecializzandi ha già lanciato una petizione contro il provvedimento: «Il nostro timore è che questi medici non avranno la cornice legale per essere supportati e si troveranno a gestire casi complessi, per di più con la beffa di non ottenere in cambio il titolo di specialisti, in quanto questo percorso parallelo non è riconosciuto», motiva Guicciardi.

Nelle prossime settimane si
conoscerà l’esito dell’iter del piano triennale, e si capirà in che modo sarà finalmente affrontata l’emergenza della sanità.  

Rossella Nocca

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