Cosa penso del Jobs Act? Che spero di vederlo presto, e che contenga le cose giuste

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 01 Apr 2014 in Articolo 36

«Cosa pensi del Jobs Act?» mi chiedono tutti. Non posso pensare nulla, rispondo, perché di fatto non c'è ancora nessun Jobs Act. L'unica cosa che c'è è un decreto legge che riguarda alcuni aspetti significativi, ma tutto sommato marginali, della regolamentazione del contratto di apprendistato e del contratto a tempo determinato.
Un po' poco per chiamarlo Jobs Act; tanto che infatti autorevoli commentatori - come per esempio Marco Leonardi, docente di economia politica all'università Statale di Milano - si affrettano ad assicurare che si tratta solo di una prima fase, e che la seconda sarà molto più interessante ed incisiva. «A chi non condivide questo primo decreto del governo, è bene ricordare che c’è tutto il tempo per recuperare il primo tempo con un meraviglioso secondo tempo della partita. Tuttavia il problema è che i due tempi della partita potrebbero essere di durata molto diversa. Il decreto infatti è immediato, la delega al governo può richiedere diversi mesi, se non anni; per esempio la delega per la discussione e implementazione della legge Biagi prese quasi tre anni di iter parlamentare» ha scritto infatti nel suo ultimo post sul blog de Linkiesta.
Io spero fortemente che Leonardi abbia ragione nella sostanza e torto nella tempistica. Auspico che nel capo nel giro di poche settimane il Jobs Act venga alla luce e le promesse che il premier Matteo Renzi ha fatto in queste settimane vengano mantenute. Sembra quasi pleonastico dirlo, ma non c'è davvero più tempo da perdere: l'occupazione, specialmente quella giovanile, è l'emergenza numero 1 del nostro Paese.
Tre sono gli aspetti fondamentali che mi aspetto di trovare nel Jobs Act. Il primo è il contratto unico. Che sia però davvero un contratto unico: non dunque l'ennesima tipologia da aggiungere alle altre venti già esistenti, ma un contratto solidamente inquadrato nella logica di una riforma complessiva del diritto del lavoro, sulla falsariga del progetto di semplificazione teorizzato da Pietro Ichino. È assolutamente indispensabile che il numero delle tipologie contrattuali attualmente esistenti in Italia venga sensibilmente ridotto. Sì al contratto unico dunque, ma sperando che la politica non provi a propinarcene una versione annacquata: io spero davvero che il governo Renzi proponga una visione - e una versione - di contratto unico che possa davvero incidere nella semplificazione del diritto del lavoro italiano.
Secondo aspetto, il salario minimo. Qui su Articolo 36 stiamo facendo ormai da mesi una vera e propria battaglia per l'introduzione di una legge che stabilisca un salario minimo per tutti lavoratori. Matteo Renzi ha dichiarato ieri in un'intervista al Corriere della Sera che introdurrà questa misura. Bene. La attendiamo fortemente, e speriamo anche qui che possa essere una versione incisiva e non annacquata. Se salario minimo sarà, dunque, che non ci siano deroghe, entrate in vigore ritardate, eccezioni: questa misura è efficace solo se la sua portata è universale.
Terzo aspetto, strettissimamente legato a questo secondo, è la tutela dei lavoratori che non hanno una tipologia di contratto subordinata. Le differenze tra i contratti di tipo subordinato e quelli di tipo autonomo - i cosiddetti "parasubordinati" - sono enormi: qui su Articolo 36 abbiamo già chiarito quanto, pur nella precarietà della durata limitata di un contratto, la tipologia subordinata garantisca ai lavoratori un bouquet di tutele, garanzie e vantaggi incredibilmente superiore a 
quello che invece offrono le tipologie di contratto "parasubordinato". Ecco allora che diventa fondamentale che se in Italia verrà introdotto, come auspichiamo, il salario minimo, esso comprenda inderogabilmente anche gli autonomi - quantomeno chi viene contrattualizzato con contratti di collaborazione continuativa, i cococo, oppure con contratti a progetto, i cocopro. Prevedendo anche un serio giro di vite sui controlli rispetto agli abusi di queste tipologie contrattuali, così come delle false partite Iva, e una ineludibile revisione dei "diritti" correlati al lavoro autonomo e parasubordinato, a cominciare dalla previdenza.

Questo è ciò che al momento posso dire rispetto al Jobs Act, nell'attesa che finalmente arrivi il vero documento - la vera proposta normativa del governo Renzi rispetto a questo tema così cruciale per la ripartenza dell'Italia.

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