La Repubblica degli Stagisti prosegue la rubrica sullo Sve, con l'obiettivo di raccogliere e far conoscere le esperienze dei giovani italiani che hanno svolto il Servizio volontario europeo, una particolare - e ancora poca conosciuta - opportunità offerta dal programma europeo Erasmus+ ai giovani tra i 17 e i 30 anni. Grazie allo Sve, che copre i costi di viaggio, vitto, alloggio e garantisce un “pocket money” mensile per le spese personali, è possibile svolgere un'attività di volontariato, per un periodo dai 2 ai 12 mesi, in uno dei Paesi dell’Unione europea o in altri Paesi del mondo che hanno aderito al programma. Sono molti i settori nei quali i giovani possono impegnarsi: arte, sport, ambiente, cultura, assistenza sociale, comunicazione, cooperazione allo sviluppo e altri ancora. Per partire - dopo essersi candidati al progetto - è necessario avere un’organizzazione di invio in Italia (sending organization) e una di accoglienza nel Paese ospitante (hosting organization). Per avere maggiori informazioni sul Servizio volontario europeo, consigliamo di leggere la sezione dedicata dell’Agenzia nazionale per i giovani. Ecco la storia di Alessia Bruni.
Sono nata 27 anni fa a Torino, dove mi sono laureata prima in Lettere moderne per la triennale e poi, nel 2013, in Culture moderne comparate per la specialistica. Oggi, dopo lo Sve, uno stage e una collaborazione per il doposcuola con una cooperativa, lavoro per Citywin, un’azienda di consulenza per enti pubblici e privati. Questo impiego è il risultato di molte esperienze di formazione e lavoro che ho fatto negli ultimi anni. Partiamo allora dall’inizio.
La prima fondamentale esperienza per la mia formazione è stata con gli Scout del gruppo Torino 22, nel quale sono entrata a otto anni e sono rimasta per quattordici. Durante il secondo anno di laurea triennale, tra il 2007 e il 2008, sono stata sette mesi in Erasmus in Scozia, a Glasgow. Poco dopo ho svolto il Servizio civile nazionale alle Biblioteche civiche torinesi, per un progetto che si chiamava "Biblioteca in ospedale" e aveva l’obiettivo di portare in luoghi non convenzionalmente adibiti alla lettura i servizi offerti dalle biblioteche. Ho iniziato a novembre del 2008 e ho finito un anno dopo.
Il Servizio civile ha influito enormemente sulla mia crescita personale, formandomi come cittadina: grazie ai corsi obbligatori ho potuto conoscere l’ambito delle pari opportunità, come la questione femminile, i diritti Lgtb e quelli degli stranieri. Inoltre sono stata coinvolta in un progetto di volontariato del Comune, intervistando di notte i senza fissa dimora. Grazie al Servizio civile ho avuto le prime informazioni sulle opportunità offerte ai giovani dall’Unione europea, quindi ho scoperto cosa fosse il Servizio volontario europeo.
Nel secondo anno della laurea specialistica ho svolto un importante stage; non era obbligatorio per il piano di studi, ma io credo che durante l’università siano essenziali le esperienze concrete in azienda. Così a marzo del 2011 ho mandato una candidatura per un annuncio di stage alla Rai di Torino, pubblicato dall’università. Sono stata selezionata e ho iniziato lo stage a novembre: è durato cinque mesi. Il tirocinio prevedeva lo sviluppo di una ricerca multidisciplinare sui cataloghi Rai: io sono partita con una ricerca sulla cultura yiddish, poi ho studiato la narrazione televisiva italiana e questa ricerca è stata poi l’argomento della mia tesi di laurea.
A ottobre del 2012 ho frequentato un master in Europrogettazione di Eurogiovani a Torino. Il corso è durato solo una settimana ma mi ha fornito importanti conoscenze sull’Unione europea. E guarda caso, poco dopo la fine del master, sono stata selezionata per il progetto di Sve in Romania per cui avevo mandato domanda qualche mese prima. Era già da più di un anno che pensavo allo Sve. Navigando su Internet avevo scoperto l’associazione Scambieuropei, alla quale avevo mandato molte candidature per diversi progetti. Scambieuropei è stata così la mia organizzazione di invio per la Romania, a Braila, per il progetto Linking generations dell’associazione Anmrf.
Sono partita per la Romania il 3 giugno del 2013 e ci sono rimasta fino all’ultimo giorno dell’anno. Con me c’erano altri volontari: Svetlana, bulgara; Yana, armena; e Laurent, francese, che poi ha finito il suo progetto e al suo posto è arrivata Valeria, una ragazza lucana emigrata in Francia. Con tutti loro ho condiviso sia il volontariato sia la casa. Inoltre l’associazione aveva anche un altro progetto attivo, per cui c’erano i volontari spagnoli Alfredo e Gisela. Quest’ultima per tre mesi ha vissuto con noi, e questo ha portato a un po’ di problemi: per esempio abbiamo dormito a turno a casa della responsabile dell’associazione. Ma le discussioni sono state utili, alla fine, per unirci.
A parte qualche inconveniente con la casa, tutto è andato bene. Ad esempio il pagamento è sempre stato regolare: 40 euro per il cibo e 60 di pocket money. I soldi sono bastati, ho attinto dai miei risparmi solo perché ho viaggiato per il Paese. Purtroppo sono dovuta tornare anche a casa per risolvere alcune questioni relative alla morte di mio padre, che è mancato un mese prima della mia laurea.
Durante il progetto Sve abbiamo svolto molte attività. Ad esempio ho tenuto un laboratorio di lingua e cultura italiana in biblioteca, abbiamo fatto incontri di lettura in una casa di riposo, lavorato in due asili, ho coordinato nella sede dell’associazione un gruppo di discussione sui temi della pace e degli Obiettivi del millenio, ho curato il blog del nostro progetto. Inoltre abbiamo pubblicato un libro, A sunny village, con le interviste raccolte de me, Valeria, Yana e Svetlana agli anziani della città [in alto a destra, Alessia con uno degli anziani che ha intervistato], su quattro temi diversi: vita nel periodo post bellico, amore, infanzia e multiculturalismo.
L’organizzazione non ci ha fatto mancare il corso linguistico rumeno e un corso sulle generazioni, cioè la formazione sull’oggetto del nostro progetto: che cosa sono le generazioni e quali le caratteristiche psicologiche e sociali dei bambini, degli adolescenti e degli anziani. Lo Sve è stata senza alcun dubbio un’esperienza positiva, non solo perché mi ha fatto conoscere un paese affascinante come la Romania, ma perché ho avuto l’opportunità di riflettere molto sulle differenze e somiglianze tra popoli, e ho potuto sperimentare ciò che ho studiato all’università. L’unica critica che posso fare al progetto è che si è insistito poco sul dialogo tra generazioni, perché abbiamo lavorato per lo più a compartimenti stagni, con solo bambini, o giovani o anziani.
A proposito di dialogo tra i popoli, tra i ricordi più cari dello Sve c’è un episodio di cui sono stata testimone al primo training per tutti i volontari della Romania. Quando un ragazzo turco si è avvicinato per presentarsi alla mia coinquilina Yana, le ha chiesto innanzitutto scusa per il genocidio armeno (che la Turchia si rifiuta ancora oggi di riconoscere, ndr). Oppure ricordo una ragazza conosciuta in treno, mentre andavo a Timisoara a salutare un’amica che avevo conosciuto in Erasmus. È stato strano perché alla ragazza ho chiesto il nome, e lei mi ha risposto dicendomi l’età: eravamo nate lo stesso giorno. Inoltre lei faceva ancora gli Scout. Questo incontro mi ha colpito perché gli ideali dello scoutismo, basati sul proposito di “lasciare il mondo un po’ migliore di come l’hai trovato”, sono la motivazione di ogni mia scelta.
Quando a gennaio del 2014 mi sono ritrovata a casa a Moncalieri, in provincia di Torino, ho iniziato a cercare lavoro in ogni ambito. A metà aprile una cooperativa mi ha offerto una sostituzione in un doposcuola. Poi a maggio sono stata contattata dal Centro per l’impiego di Moncalieri, dove ero andata per un colloquio: al Metro cash & carry, un supermercato all’ingrosso, cercavano stagisti. A giugno ho così iniziato il mio tirocinio a 600 euro al mese, nello sportello dell’accoglienza clienti. Poi ho fatto anche la cassiera. Lo stage si è concluso il 2 dicembre scorso. È stata una bella esperienza perché ho scoperto il mondo della vendita, entrando in contatto con ristoratori e liberi professionisti. Ho avuto anche l’occasione di parlare rumeno con diversi clienti.
Ora invece lavoro per Citywin, un’azienda torinese di consulenza per enti pubblici e privati. Ho iniziato poco più di un mese fa. Avevo trovato un annuncio in Internet in cui tra i contatti c’era un numero di telefono: ho chiamato e mi hanno chiesto di parlare di me, così ho raccontato delle mie lauree, dell’esperienza in Romania e degli stage. Dopo un colloquio in azienda e un periodo di prova, mi hanno offerto un contratto di procacciatore d’affari che mi garantisce un fisso più provvigioni per le transazioni che riesco a concludere: mi occupo di acquisire nuovi clienti per un’importante società energetica.
Sono contenta perché credo che l’azienda voglia investire su di me, noto interesse per le mie proposte e le procedure di monitoraggio del lavoro svolto che presento, una tecnica che ho imparato durante il Servizio volontario europeo. D’altronde dello Sve parlo sempre molto, nei colloqui che ho fatto da quando sono tornata dalla Romania c’era sempre attenzione da parte dei selezionatori per questo programma, che non conoscevano.
L’esperienza Sve in qualche modo per me continua. Dallo scorso gennaio faccio parte dell'’associazione culturale Plasmabile, che aiuta i giovani a realizzare le proprie idee artistiche: ora stiamo lavorando su "Sipari di carta", un concorso per drammaturghi che finanzierà un’opera. Inoltre curo un mio blog personale, dove scrivo riflessioni in cui invito ad andare sempre oltre le apparenze e a non fermarsi mai nella ricerca di conoscenze. Spero un giorno, con l’associazione con cui collaboro, di riuscire a realizzare un progetto di Servizio volontario europeo sul tema delle generazioni, lo stesso che ho affrontato io in Romania.
Testo raccolto da Daniele Ferro
@danieleferro
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