Inoccupati e disoccupati, distinzione complicata. E da luglio cambierà tutto

Andrea Curiat

Andrea Curiat

Scritto il 08 Apr 2013 in Approfondimenti

Che differenza c'è tra disoccupati e inoccupati? Sembra assurdo, anche perchè su queste definizioni spesso si basa la possibilità di accedere a iniziative di sostegno all'occupabilità, ma una risposta univoca non c'è. Perchè la distinzione non è uniforme su tutto il territorio nazionale. I centri per l'impiego applicano infatti criteri differenti per stabilire se i cittadini privi di lavoro debbano iscriversi all’una o all’altra categoria.
Entro il luglio di quest’anno, però, la situazione potrebbe cambiare.
E finalmente i cpi di Roma potrebbero adottare gli stessi criteri dei Cpi di Milano o Napoli. Il punto di svolta arriva dalla legge 92 del 2012, più nota come «riforma Fornero», che modifica i criteri di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione, eliminando la possibilità di conservare tale status pur percependo un reddito massimo di 8mila euro (per i lavoratori dipendenti) o 4.800 euro (per i lavoratori autonomi) lordi l’anno. È stata inoltre ridotta da 8 a 6 mesi la durata dei contratti di lavoro subordinati che permette di sospendere lo stato di disoccupazione. Queste novità non sono ancora entrate in vigore, ma dovranno essere recepite dalle Regioni con dei regolamenti appositi entro il primo luglio del 2013. Sarà proprio l’inasprimento dei requisiti per la disoccupazione a permettere di far chiarezza sulla distinzione tra inoccupati e disoccupati.
«La definizione esatta di “inoccupato”? In teoria è colui che non ha mai avuto un’esperienza di lavoro. In pratica, però, non esiste ancora una risposta chiara e univoca. Per capire perchè bisogna ripercorrere un po’ di storia della normativa italiana in materia di disoccupazione». Così Grazia Strano, responsabile della Direzione generale per le politiche dei servizi per il lavoro del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, chiarisce con la Repubblica degli Stagisti una questione che a tutt’oggi solleva molti dubbi e perplessità tra i lettori.
«Il decreto legislativo 181 del 2000 ha abolito le vecchie liste di collocamento istituendo un’anagrafe dei lavoratori», spiega Strano. Il decreto distingue tra disoccupati e inoccupati: i primi sono individui di età superiore ai 15 anni, che abbiano assolto gli obblighi dello studio e che abbiano già avuto un lavoro retribuito in passato; devono essere sì privi di impiego, ma anche immediatamente disponibili sia a lavorare, sia a ricercare il lavoro.  Per gli inoccupati valgono sostanzialmente gli stessi requisiti, con una importante differenza di base: si tratta di individui che non hanno mai avuto contratti di lavoro. Spesso, quindi, gli inoccupati sono neolaureati o neodiplomati che rientrano nella crescente percentuale di giovani privi di impiego in Italia.
Fin qui la distinzione tra disoccupati e inoccupati sembra lineare. Le cose si complicano quando si tiene conto delle condizioni per la conservazione dello stato di disoccupazione anche durante lo svolgimento di attività lavorative. Stando alla vecchia normativa (che verrà soppiantata a luglio dall’entrata in vigore della legge 92), chi è iscritto all’anagrafe dei lavoratori resta comunque disoccupato anche qualora abbia un contratto di lavoro dipendente, cococo o quale socio di una cooperativa, a patto però che il reddito annuo lordo imponibile non superi la soglia degli 8mila euro. Stesso discorso per i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i titolari di partita Iva e i prestatori d’opera occasionali che non guadagnino più di 4.800 euro lordi l’anno. Lo stato di disoccupazione è invece sospeso in presenza di rapporti di lavoro subordinato della durata inferiore agli 8 mesi (che diventeranno 6 con la nuova legge).
Dov’è l’inghippo? «Il decreto 181 agisce come una legge quadro; sono le Regioni che devono disciplinare concretamente l’attuazione sul territorio» chiarisce Strano. E su questo punto specifico non tutte le amministrazioni locali hanno adottato un orientamento uniforme. Così, ci sono regioni che prendono alla lettera la definizione di “inoccupati”: «Basta avere effettuato anche soltanto un giorno di lavoro per passare dallo stato di inoccupato a quello di disoccupato», commentano dal Cpi di Catanzaro. Giuseppe Squillace, responsabile dei Cpi di Rozzano e Corsico (Milano), concorda con questa interpretazione e specifica ulteriormente: «Non importa la tipologia di rapporto di lavoro. Che sia un apprendistato portato a termine o lasciato dopo poche settimane, un cococo, una prestazione da libero professionista: aver svolto in precedenza una qualsiasi di queste attività comporta il passaggio da inoccupato a disoccupato». Restano esclusi da questo principio soltanto gli stage che, per l’appunto, non sono rapporti di lavoro ma di formazione.
Ci sono poi le Regioni che hanno fornito un’elaborazione più articolata della legge. Il principio è questo: se i limiti di 8mila euro e 4.800 euro per i lavoratori dipendenti e autonomi sono sufficienti a conservare la disoccupazione, allora valgono anche per mantenere lo status di inoccupato. Dal Cpi di Empoli lo spiegano chiaramente: «Possono iscriversi alle liste degli inoccupati, fermi restando i requisiti generali, tutti i lavoratori che in passato abbiano avuto contratti di lavoro di durata inferiore a 8 mesi e con retribuzione compresa entro i 4.800 - 8mila euro lordi l’anno. Se un qualsiasi rapporto di lavoro passato ha superato queste soglie, allora è possibile iscriversi alle liste dei disoccupati».
In questo quadro interviene , però, la distinzione tra inoccupati e disoccupati potrebbe diventare più chiara, o almeno essere trattata uniformemente a livello nazionale. «La legge 92, articolo 4, comma 33, lettera c, ha parzialmente modificato il decreto 181. Ha eliminato i requisiti di conservazione dello status di disoccupazione. Chi fa un lavoro temporaneo, anche da 2mila euro lordi l’anno, perde comunque lo stato di disoccupato. Le Regioni hanno manifestato la volontà di adottare delle discipline omogenee che recepissero le novità normative introdotte nel 2012. Hanno però riscontrato delle difficoltà a disciplinare in materia in tempi brevi. Si sono quindi date un limite temporale per l’emanazione dei regolamenti regionali: il primo luglio del 2013», conclude Strano.
In attesa del nuovo quadro disciplinare omogeneo, ad oggi è possibile dare i seguenti consigli pratici ai giovani senza lavoro che debbano iscriversi ai Centri per l’Impiego: prima di tutto, è bene tenere conto di tutti i lavori svolti in passato, anche quando si trattava di collaborazioni occasionali. Per sicurezza, conviene chiamare il Cpi di riferimento sul territorio e chiedere quale sia la politica locale in materia di disoccupati e inoccupati. Infine, non bisogna confondere l’apprendistato (che è un contratto a tempo indeterminato a tutti gli effetti) con i tirocini (che sono invece rapporti di formazione e quindi non vanno considerati al momento dell’iscrizione alle liste dei disoccupati o degli inoccupati). Tenendo sempre ben presente che da luglio cambia tutto.

di Andrea Curiat

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