Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo nuovo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un paese per giovani (Marsilio) prosegue la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti.
Domani entra in vigore la legge sugli incentivi fiscali a favore del rientro in Italia dei “giovani” lavoratori (nati dopo il primo gennaio 1969). Un segnale positivo nella direzione di dare maggior peso e riconoscimento al capitale umano delle nuove generazioni. Il provvedimento approvato ha il pregio di essere stato disegnato in modo non tanto da frenare l’espatrio, ma di incentivare congiuntamente sia la scelta di fare un’esperienza all’estero, di almeno due anni, che il rientro. [Qui tutti i dettagli sui requisiti necessari per accedere agli incentivi]. Ma perché i giovani italiani se ne vanno sempre di più dal nostro paese e per quali motivi dovrebbero tornare? Proponiamo un elenco di dieci punti aperti alla discussione.
Cinque motivi per andarsene...
1) Perché chi vive in Italia si trova sulle spalle un debito pubblico enorme lasciato dalle generazioni precedenti ed usato per difendere il proprio benessere, non utilizzato per cambiamenti strutturali del paese.
2) Perché chi vive in Italia fa più fatica a veder valorizzato il proprio capitale umano, le opportunità occupazionali sono più basse e si investe poco in ricerca e sviluppo.
3) Perché chi vive in Italia si trova con un sistema di welfare inadeguato, che ha trasformato la flessibilità in precarietà e costretto i giovani a dover dipendere a lungo dalle risorse della famiglia di origine.
4) Perché chi vive in Italia paga, con le sue tasse, le pensioni di chi oggi è anziano ma si troverà con un trattamento molto più ridotto quando andrà lui in pensione. Tutto questo grazie ad una riforma previdenziale fortemente iniqua dal punto di vista generazionale.
5) Perché chi rimane in Italia vive in un paese con ricambio generazionale bloccato, basato su cooptazione e nepotismo. Un paese guidato da una classe dirigente tanto longeva quanto poco lungimirante, non in grado di far crescere il paese e molto arroccata sulle proprie posizioni di potere.
… e cinque motivi per tornare
1) Perché l’Italia rimane il proprio paese d’origine e non lo si può abbandonare al proprio destino. Tanto più che le potenzialità per tornare a crescere ed essere competitivi ci sono. Come fosse una Ferrari guidata da un settantenne: lui magari si diverte ma non ci può far vincere il Gran Premio.
2) Perché la politica è in crisi e larga parte della classe dirigente italiana è screditata. Servono energie ed intelligenze non compromesse con il vecchio per costruire le basi di un nuovo rinascimento.
3) Perché chi ha avuto un’esperienza all’estero tende ad essere più dinamico e innovativo, può essere quindi il migliore alleato per un cambiamento virtuoso nel nostro paese.
4) Perché proprio per il motivo che poco è cambiato sinora, molte opportunità di cambiamento e sperimentazione del nuovo potranno aprirsi nei prossimi anni. C’è un’Italia nuova tutta da reinventare.
5) Perché non è necessario tornare per dare un proprio contributo attivo al rinnovo del proprio paese. In un mondo sempre più globalizzato e connesso in rete la presenza fisica dentro ai confini conta sempre meno. L’Italia è di chi se ne prende cura, ovunque si trovi, non di chi la “calpesta”.
Alessandro Rosina
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