Si è aperto a metà luglio e scadrà il 30 agosto a mezzanotte il termine per candidarsi alla seconda tornata annuale di tirocini messi a bando dalla Commissione europea, ultimamente tra i più ambiti vista la scarsità di opportunità di lavoro. E non solo per l'aura di prestigio che circonda l'istituzione, ma anche per questioni più terrene: come per esempio un compenso che supera i mille euro mensili - la borsa è di 1.070 - oltre al rimborso delle spese di viaggio per chi abita a più di 50 chilometri da Bruxelles, che viene versato a fine tirocinio, o entro due mesi se si viene destinati a una sede diversa dalla capitale belga, e il riconoscimento dell'assicurazione sanitaria. Per i disabili è anche prevista una maggiorazione del 50% su tutti gli importi, precisa il documento sulle regole dello stage scaricabile dal sito.
La durata complessiva dei tirocini è di cinque mesi, prorogabili a sei. L'inizio è previsto per il primo marzo 2014 (mentre sono tuttora in corso le selezioni finali per il blocco di traineeship in partenza il primo ottobre 2013). I posti totali da spalmare su tutto l'anno sono circa 1300, è specificato sul sito, quindi per ogni troncone vengono ammessi circa 6-700 stagisti: un numero cospicuo, che fa ben sperare. Anche perché i requisiti di ammissione non sono molto stringenti: basta avere una laurea triennale e una conoscenza fluente di due lingue ufficiali europee, tra cui inglese, francese e tedesco.
Non è neppure indispensabile la cittadinanza europea: gli stage sono aperti a chiunque (escluso solo chi abbia già avuto almeno sei settimane di esperienza di stage in una qualunque istituzione europea), con l'unico paletto per cui, se si tratta di un tirocinio nel settore delle traduzioni - la scelta è tra questi o quelli amministrativi - è obbligatorio avere come prima lingua madre uno degli idiomi ufficiali Ue, e come seconda l'inglese, il francese o il tedesco. Tuttavia, anche se sono ammessi cittadini da tutto il mondo, la maggior parte degli stage è riservata a chi proviene dall'Europa, mentre ai restanti viene garantita solo una quota minima di posti.
Ci si può offrire per ognuna delle delegazioni di cui dipone la Commissione, e per qualunque ambito, dal legislativo alle risorse umane al politico. La sede a cui si viene assegnati potrebbe anche essere, oltre che Bruxelles, Lussemburgo o qualunque città europea in cui si trovi un ufficio di rappresentanza della Commissione (in genere sono le principali metropoli dell'Unione europea come Parigi o Londra). Per entrare in corsa va compilata l'application form (disponibile qui), una volta conclusa la registrazione al sito. Inseriti tutti i dati (non necessariamente in un'unica volta: si possono salvare le varie sessioni aperte nel corso della procedura), si spedisce online il documento, che a questo punto non si può più modificare ma diventa definitivo. I certificati cartacei - documento d'identità, diplomi etc per cui non è richiesta alcuna traduzione ufficiale - saranno inviati solo se si supera la prima scrematura e si entra nel cosiddetto 'Blue Book', il database a cui accedono i primi 2600 candidati e che permane a disposizione dei membri delle varie direzioni generali chiamati a scegliere i propri tirocinanti a seconda delle esigenze degli uffici.
Come spiega Fabrizio Spada, portavoce dell'ufficio di Rappresentanza della Commissione Europea a Milano, è proprio questo il passaggio cruciale: «Una volta ricevuto l'ok dei selezionatori e quindi superato l'ingresso al Blue Book, bisogna darsi da fare spedendo cv, telefonando, presentandosi anche di persona alle direzioni generali della Commissione Europea presso cui si intende lavorare. Solo così, muovendosi e facendo un po' di autopromozione, si aumentano le proprie chance». I funzionari in sostanza si aspettano che i candidati si facciano avanti e dimostrino motivazione e competenze: è in base a questo che li recluteranno. Il percorso negli ultimi anni è diventato infatti più tortuoso: essendo cresciuto il numero dei partecipanti - a marzo 2013 gli aspiranti stagisti sono stati 11mila, di cui ben un quarto italiani - nei fatti «non bastano più solo la laurea e la conoscenza di una lingua europea, ma diventano indispensabili anche master ed esperienze di lavoro» naturalmente attinenti alla propria candidatura, come specificato nelle faq.
Le candidature sono esplose negli anni, «un po' perché si è sparsa la voce, un po' per la crisi e la disoccupazione crescente». E guarda caso i primi paesi per numero di domande presentate sono proprio quelli in cui la recessione morde di più, Grecia, Spagna e Italia. Dal Belpaese, che detiene il record degli ultimi cinquant'anni, sono giunte nella penultima edizione ben «4870 domande» racconta Spada, «tant'è che una volta le selezioni degli italiani, cui partecipavo anch'io, si facevano in una giornata, mentre adesso non basta più». Gli ammessi finali sono stati però solo 60, e questo perché va mantenuto un certo equilibrio tra i paesi di origine: «Non c'è scritto da nessuna parte che debba essere così, ma va da sé che questa regola venga poi nei fatti applicata». Stesso equilibrio che si cerca di stabilire anche tra generi, quindi tanti uomini quante donne, assicura il documento delle regole sui traineeship.
La fase della preselezione, che si svolge tra metà settembre e la fine di ottobre, è nelle mani di un comitato «composto da funzionari della Commissione, conformemente alle linee guida e ai criteri definiti dall'ufficio tirocini, pubblicati sul sito internet» si legge sul sito. «I lavori del comitato sono riservati, definitivi e vincolanti» e dalla valutazione di percorso accademico e competenze dipende l'ammissione al Blue Book, il cui esito viene pubblicato online. Durante questo step i reclutatori possono anche realizzare interviste telefoniche per 'testare' i candidati. Solo ai finalisti arriverà una lettera ufficiale entro dicembre 2013.
Però attenzione: concluso il traineeship non ci sono speranze di assunzione in Commissione europea, se non «tramite concorso pubblico: è un'istituzione pubblica e come tale il procedimento è quello» conferma alla Repubblica degli Stagisti il responsabile della Rappresentanza italiana. «Poi c'è una piccola minoranza che resta perché riesce ad aggiudicarsi alcune consulenze esterne, però in società private». Esiste insomma un piccolo spiraglio di possibilità di lavoro dopo lo stage, oltre alla linea di esperienze da aggiungere sul curriculum. E poi non si tratta solo di emozionanti esperienze come quella di «lavorare con il ministro delle politiche europee e cominciare a farsi le ossa sviluppando le proprie skills» come racconta Leonardo Corsetti, stagista nel 2005 alla direzione Economica e Finanziaria e oggi capo ufficio alla European Investment Bank. E capita anche di incontrare l'amore tra i colleghi eurostagisti. Insomma... vale la pena tentare.
Ilaria Mariotti
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