Dai premi in denaro si passa a “vincere” dei tirocini: la novità del concorso per tesi di laurea del Comitato Leonardo

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 08 Feb 2025 in Notizie

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Quattordici tirocini: è il “premio” dei premi di laurea del Comitato Leonardo per l’edizione 2024. La segreteria dell'iniziativa nelle scorse dettimane ha divulgato la notizia di una proroga della deadline per le candidature: inizialmente prevista per il 15 gennaio, è stata poi spostata al 14 febbraio.

Forse non si sono presentati abbastanza candidati, dunque. E allora si può ragionare sul motivo di questa scarsa appetibilità. Forse il passaggio da premi in denaro a tirocini non ha, se ci verrà perdonato il gioco di parole, pagato più di tanto. 

Perché normalmente un premio di laurea è appunto questo: un premio in denaro attribuito a una persona laureata di recente, come riconoscimento per il valore della sua tesi di laurea. E infatti era così, fino all’anno scorso, anche per i premi distribuiti dal Comitato Leonardo. Nati nel 1997 per volontà dell’allora presidente del Comitato, Umberto Colombo, e della stilista Laura Biagiotti, questi premi nell’arco di poco meno di trent’anni sono stati distribuiti ad oltre 160 neolaureati.  

Fino all’ultima edizione, però, quella del biennio 2020/2021 accorpato causa Covid, ai giovani venivano assegnati, appunto, dei premi in denaro: delle borse di studio del valore di 3mila euro. Poi c’è stata un’interruzione nel 2022 e 2023 e infine il bando ora prorogato. Con una novità: anziché soldi, tirocini – con indennità mensile. 

La scelta «è stata voluta dal Consiglio direttivo con l’obiettivo di creare una relazione più forte tra università, studenti e aziende, e dando ai ragazzi un’opportunità concreta di lavoro. Oltre ad andare incontro alla ricerca delle aziende di figure professionali con competenze specifiche», spiegano dall’ufficio stampa del Comitato.  

Nel bando è scritto che il premio per ciascuno dei bandi (distinti) dell’iniziativa consiste in un tirocinio con rimborso spese: quindi, i giovani sanno in partenza che non riceveranno semplicemente una borsa in denaro. «Tuttavia, qualora in casi particolari lo studente fosse impossibilitato a svolgere lo stage, è a discrezione dell’azienda coinvolta valutare un’altra forma di compensazione».

A prima vista si potrebbe pensare che sia una cosa positiva: ai giovani neolaureati si dà l’opportunità di entrare in aziende anche importanti e fare un tirocinio di durata diversa a seconda dell’azienda con un rimborso spese, che in alcuni casi è anche molto alto. Tecnicamente, quindi, i soldi in tasca finali sono di più.

Eppure c’è una grande differenza tra un premio e uno stage. Premiare una persona per una performance eccellente (una tesi di laurea di grande qualità) con uno stage vuol dire che quella persona, anziché intascarsi il denaro e farne ciò che vuole, dovrà dedicare alcuni mesi a un impegno di “learning on the job”. Non è un messaggio edificante.

Vincere un tirocinio invece di una somma in denaro non è necessariamente “meglio”. Perché magari per svolgerlo il giovane dovrà trasferirsi, pagare un affitto e tutte le altre spese che un periodo fuori casa comporta; dovrà recarsi ogni giorno in ufficio, mettendo in stand-by altre attività. Dovrà “guadagnarsi” il premio di laurea “a rate”, ricevendone alla fine di ogni mese una “rata”, legata però indissolubilmente anche alla sua performance di stagista.

Negli anni il numero di candidature al Premio Leonardo è stato sempre piuttosto basso; 60 nel 2011, un incremento fino a raggiungere 200 nel 2014, e poi di nuovo una diminuzione fino ad arrivare ad appena 93 nell’ultimo anno, il 2021.  Le aziende coinvolte sono sempre nomi anche piuttosto noti: eppure l’attrattività di questi brand non sembra bastare a richiamare candidati. 

Tecnicamente, il bando per questi premi di laurea è scorporato in dodici diversi bandi per un totale di 14 stage (vi sono due aziende, Bottega e Fabbrica d’armi Pietro Beretta, che offrono due tirocini). Con una grande disparità di condizioni, e purtroppo anche di trasparenza. Otto aziende offrono stage di sei mesi, le altre di tre mesi. Si può far domanda per una sola tra le aziende presenti e ognuna offre un rimborso spese mensile diverso dall’altra. 

Otto aziende addirittura non indicano nemmeno a quanto ammonta il “premio” che offrono: non dicono cioè a quanto ammonta l’indennità mensile che offriranno agli stagisti.  

Le quattro che invece lo specificano indicano cifre molto diverse tra loro: si va dai 5mila euro totali per i tre mesi di stage in Dompé farmaceutici (quindi uno stage da oltre 1.600 euro al mese), ai 700 euro al mese per sei mesi del Gruppo Adler, che in alternativa allo stage può anche solo assegnare un premio di 3mila euro, ai 700 euro al mese di Pelliconi per sei mesi (pari quindi a 4.200 euro in tutto), ai 500 euro al mese sempre per sei mesi di Zonin 1821 (3mila euro complessivi). 

Ogni giovane che fa domanda non può nemmeno sapere dall’inizio a quanto ammonta il rimborso spese del suo “premio”, a meno che non si candidi per questi quattro bandi. Per gli altri otto, è possibile qualsiasi cosa. Una candidatura al buio.  

Anche i requisiti di partecipazione sono diversi: ogni bando richiede un titolo di laurea attinente al settore dell’azienda corrispondente, però vi è un’ulteriore complessità perché c’è chi chiede la laurea ottenuta dopo il gennaio 2011, chi quella specialistica dopo l’anno accademico 2021/2022, chi una laurea dopo il 2022/2023 e anche chi si è laureato dopo il gennaio 2023. 

In alcuni casi, «se lo studente fosse impossibilitato a svolgere il tirocinio, è a discrezione dell’azienda coinvolta valutare un’altra forma di compensazione», spiega l’ufficio stampa. E, infatti, in alcuni singoli bandi questo è già indicato, ma anche questa è una criticità: il fatto di non aver uniformato per tutti le stesse regole, lasciando quindi più difficoltà nella comprensione delle variabili e oggettivamente disparità di trattamento per gli stagisti. 

Inoltre, molte di queste aziende hanno sedi in luoghi abbastanza decentrati. Quindi, se questi brillanti laureati vincessero con la loro tesi di laurea la competizione, dovrebbero anche trasferirsi magari a centinaia di km di distanza, in paesini sperduti, per pochi mesi. E probabilmente l’intero importo del “premio” verrebbe bruciato dalle spese di viaggio, vitto e alloggio. Visto che si parla esplicitamente di stage in presenza.  

Certo, l’iniziativa ha un valore istituzionale, visto che i premi vengono consegnati durante una cerimonia che si tiene anche alla presenza del Presidente della Repubblica. Un evento importante che permette ai più scaltri, o socievoli, di fare networking. E molte delle aziende che partecipano all’iniziativa sono effettivamente leader nel loro settore, quindi farci uno stage può essere un buon trampolino di lancio nel mondo del lavoro.  

Eppure, nonostante le aziende importanti, il tirocinio pagato e gli elementi di contorno, è proprio il principio di mettere in palio uno stage come se fosse un premio ad essere sbagliato. Perché il tirocinio conviene anche all’azienda ospitante, che ha la possibilità di sperimentare sul campo nuove leve, di pagarle oggettivamente poco, e poter disporre per il tempo dello stage del tempo e dell’impegno dello stagista: due braccia e un cervello in più in un ufficio non fanno mai male, anche se bisogna perdere un po’ di tempo con la formazione.

Quindi, no: era meglio il premio in denaro. E probabilmente la penuria di candidature – con conseguente necessità di prorogare la deadline all’ultimo momento – è un segnale che non è solo la Repubblica degli Stagisti a pensarla così, ma anche i giovani.  

Marianna Lepore

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