Marianna Lepore
Scritto il 21 Set 2022 in Notizie
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Una campagna elettorale con un programma già visto mille volte, in cui i politici promettono sempre le stesse cose e milioni di cittadini scoraggiati spengono la tv e vanno a dormire. Possibile che in un momento così cruciale per la storia italiana non ci sia altro da offrire e non si possa provare a risolvere i problemi che stanno veramente a cuore alla società civile? Parte da questa riflessione e dalla ferma convinzione di non rimanere fermi a guardare il “Fuori programma!” un elenco alternativo di obiettivi da raggiungere e condividere con tutti i candidati e i prossimi vincitori delle elezioni politiche.
«La campagna è stata lanciata una decina di giorni fa» spiega Federico Anghelé direttore dell’ufficio italiano di The Good Lobby, «Ci siamo interrogati su cosa avremmo potuto fare per dare il nostro contributo per le elezioni. Avevamo visto che i temi che a noi e a moltissimi italiani stanno a cuore non venivano minimamente toccati. L’idea è stata di congiungere i punti, portare avanti la propria causa e inserirsi nelle politiche pubbliche».
Così si è deciso di focalizzare l’attenzione su alcune aree tematiche che sono quelle su cui anche The Good Lobby lavora maggiormente, e sono state create le categorie a cui hanno aderito le varie organizzazioni.
The Good Lobby nasce nel 2015 come organizzazione di volontari della società civile a Bruxelles e dal 2019 ha anche una sede in Italia. Tra i traguardi raggiunti dall’organizzazione c’è per esempio una legge italiana e una direttiva europea per la tutela dei whistleblower, l’introduzione nel nostro ordinamento del diritto di accesso ai dati della pubblica amministrazione, la revoca del vitalizio ai parlamentari condannati.
Per le associazioni che fossero interessate ad aderire basta inviare una mail a info [chiocciola] thegoodlobby.it e sottoporre un video breve in cui spiegare la propria proposta. «La modalità adottata è quella della video presentazione» spiega Anghelé «che seppur in un tempo contingentato, un minuto e mezzo, facilita l’ascolto e la condivisione eventuale della proposta. Abbiamo superato le 40 proposte».
Chi si sente vicino alle tematiche affrontate può aderire al manifesto e firmare il Fuori Programma. Al momento sono state raccolte oltre 3.600 firme, «ci auguriamo di arrivare almeno a 20mila, non c’è una scadenza per aderire. Da qualche giorno abbiamo iniziato a contattare i leader politici e i candidati con specifiche competenze sulle materie proposte nella campagna e abbiamo chiesto un impegno già ora. Sappiamo che sarà molto difficile perché abbiamo pochi giorni a disposizione» dice ancora Anghelé: «La prima cosa è far esporre i candidati su temi che sono nelle aree tematiche, in una seconda fase visto che la legislatura inizierà a ottobre inoltrato e il governo non si formerà subito continueremo a far conoscere queste istanze ai parlamentari. Ci auguriamo che nel frattempo la petizione sia cresciuta e ci sia una sensibilità da parte dell’opinione pubblica di rivendicare la necessità di un ascolto delle organizzazioni e delle proposte della società civile».
Una volta formato il nuovo parlamento e governo, le proposte verranno nuovamente condivise con tutto l’arco politico. «È probabile che anche nella nuova legislatura le istanze della società civile non saranno ascoltate, quindi uno degli obiettivi è fare in modo che questo non avvenga. Lavorare in coalizione, creare delle alleanze e fare in modo che le organizzazione della società civile si abituino sempre di più».
Fuori Programma raccoglie le proposte di quanti ad oggi si sono battuti per conquistare nuovi diritti, salvaguardare l’ambiente, aiutare i nuovi sfruttati del mondo del lavoro, di chi si preoccupa della condizione dei giovani sempre troppo poco discussa nei programmi elettorali. Sono una quarantina le proposte che arrivano da altrettanti organizzazioni no profit o gruppi della società civile, che hanno deciso di mettersi in gioco e spiegare le loro battaglie attraverso dei video in pillole in cui raccontano i loro traguardi raggiunti e su cosa il nuovo governo dovrebbe puntare.
Anche la Repubblica degli Stagisti ha aderito con la sua direttrice Eleonora Voltolina, lanciando un appello tanto semplice quanto potente: «Non dimenticatevi degli stagisti. Questi ultimi mesi erano stati particolarmente buoni per i diritti degli stagisti» ricorda Voltolina, «perché si erano innescati dei processi che stavano migliorando le normative attualmente in vigore sia per i tirocini curricolari, di competenza statale e svolti mentre si studia, sia per i tirocini extracurriculari, che sono di competenza regionale e sono al di fuori del periodo di formazione». La cosa più importante che caratterizza entrambi i tipi di stage è la sostenibilità economica, quindi Voltolina chiede «l’introduzione anche per i curricolari di una indennità obbligatoria e la trasparenza sui dati attraverso un monitoraggio costante. Speriamo davvero che il prossimo parlamento porti avanti queste tematiche».
Sull'equità intergenerazionale verte la proposta dell’associazione no profit Yezers, composta da oltre 600 attivisti under 35 «accomunati dalla voglia di disegnare un paese migliore». Chiara Manconi, membro dell’associazione, ricorda come «ogni scelta e azione compiuta in merito all’ambiente, al lavoro o al patrimonio culturale ha ripercussioni non solo nel breve ma anche nel medio lungo termine. Da un’attenta analisi dei programmi dei partiti politici candidati alle elezioni è evidente che il concetto di equità intergenerazionale non sia presente o risulti solo nominato senza una chiara strategia di implementazione». Per equità intergenerazionale si intende il prendere in considerazione le conseguenze di ogni decisione politica in un’ottica pluridecennale andando contro le politiche di debito. Yezer propone «l’introduzione di una commissione parlamentare bicamerale di indirizzo vigilanza e controllo e l’istituzione di un portavoce per le generazioni future, che possa non solo monitorare l’impatto delle nuove proposte legislative ma anche suggerire nuove soluzioni per garantire rispetto dell’equità intergenerazionale». Una proposta che mira a fermare il sentimento di sfiducia tra cittadini e istituzioni.
Di diritto a vivere una vita dignitosa e a lavorare in sicurezza potendo progettare la propria vita si fa portavoce, invece, la campagna Abiti puliti per voce di Deborah Lucchetti che nella sua video pillola spiega: «Crediamo che tutti e tutte abbiano diritto a una retribuzione minima sufficiente a mangiare cibo di qualità, abitare una casa confortevole, spostarsi in sicurezza, accedere a cure mediche, pagare le bollette, garantire un’istruzione ai propri figli. Per questo crediamo che sia urgente istituire un salario minimo legale anche in Italia che protegga il potere d’acquisto dei lavoratori. Dai nostri calcoli» quantifica Lucchetti, questo salario «equivale a 11 euro netti all’ora cioè 1905 euro netti al mese», ricordando anche come il salario dignitoso sia un diritto universale già riconosciuto dall’articolo 36 della nostra Costituzione.
Pone un altro problema che ha spesso trovato spazio sulle pagine della Repubblica degli Stagisti, Stefano La Barbera, Presidente del comitato Io voto fuori sede. «L’Italia è l’unico paese europeo insieme a Malta e Cipro che non ha una legge che consente il voto ai cittadini in mobilità ovvero chi per studio, lavoro o viaggio di qualsiasi genere si trovi lontano dal luogo di residenza al momento delle elezioni. Ad aprile 2022 il Governo ha pubblicato il libro bianco sull’astensionismo: qui mette nero su bianco quello che denunciamo da quattordici anni, ovvero che cinque milioni di italiani secondo dati Istat si trovano in queste condizioni e rischiano di non poter votare». Farlo significherebbe sostenere costi in termini di tempo e denaro che non possono permettersi e finiscono per diventare degli astensionisti involontari pari a un decimo degli aventi diritto al voto in Italia. L'appello: «Approvate in tempi brevissimi una legge per il voto a distanza, sanate questa ferita della democrazia».
Tra le tante altre proposte val la pena ricordare anche quella di Mario Mirabile, di South working, lavorare dal sud, che chiede un futuro del lavoro da remoto più sostenibile attraverso la riduzione dei divari esistenti tra nord e sud italia, tra poli più industrializzati e aree più marginalizzate. «Il lavoro agile è un vettore assolutamente incredibile per la riduzione delle diseguaglianze e rendere più sostenibile la nostra società. Il nostro obiettivo è la creazione di una infrastruttura sociale che permetta la riduzione delle diseguaglianze, quindi spazi di aggregazione sociale per i lavoratori e le lavoratrici da remoto che tornano o si recano per la prima volta sul territorio e le comunità locali. Luoghi che devono essere pensati in funzione delle comunità locali di cui stiamo parlando per avviare processi partecipati di costruzione di una infrastruttura sociale che guardi al futuro dei nostri territori».
Non resta che guardare i video, leggere le proposte, farsi qualche domanda e appoggiare Fuori Programma, cercando nel segreto dell’urna di votare chi è più vicino a queste tematiche. Per provare a costruire un futuro migliore.
Marianna Lepore
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