Daniele "c'ha fretta". Londra corre. Lui con lei. Da un appuntamento di lavoro a un aperitivo con gli amici. Un saluto e via. Verso un altro cliente o verso un altro drink. Dove parlerà comunque … di lavoro. Frenesia. La underground detta il ritmo di una metropoli dove, per cogliere l'opportunità, non bisogna fermarsi mai. Daniele l’ha trovata. Lavora in radio. E' un expat, un Italian con valigia. Uno dei tanti. Solo nel 2013 sono fuggiti all'estero 94.126 italiani (con un incremento del 19,2% rispetto al 2012 e del 55% rispetto al 2011). Di questi, quasi 13 mila hanno preso un volo per la Gran Bretagna, dicono le statistiche dell'Aire, l'anagrafe italiana dei residenti all'estero, contenute nell’ultimo rapporto sugli italiani nel mondo della Fondazione Migrantes. La storia di Daniele è una delle prime di Cambio Paese, web serie per raccontare in pochi minuti le difficoltà e la voglia di farcela dei molti giovani disoccupati o precari che hanno messo un sogno in valigia e se ne sono andati.
L'idea è di Giovanni De Paola, foggiano, 35 anni, giornalista freelance e social media expert a Bruxelles, dove è approdato dopo un master in Diritto dell’Unione europea e studi in diritto internazionale a Bologna. Nella capitale d’Europa ha coinvolto altri giovani esperti di audiovideo. «Vogliamo raccontare le storie dei giovani italiani andati all'estero per lavorare, insieme alle difficoltà di inserimento dei giovani italiani nel mondo del lavoro», spiega alla Repubblica degli Stagisti. Il progetto ha messo insieme le energie di alcuni videomaker professionisti ma pur sempre volontari. E cerca ora i mezzi per camminare con le proprie gambe, attraverso una raccolta fondi (qui la pagina dedicata) lanciata sulla pagina web ufficiale, su Facebook e Twitter.
«Cambio Paese è un progetto no profit e l’obiettivo non è guadagnare, ma raccontare delle storie che chiedono di non essere ignorate», spiega De Paola. «Vivendo a Bruxelles e viaggiando per lavoro nelle principali capitali europee ho intercettato l'esigenza di tanti giovani - e non - lavoratori italiani che si muovono con disinvoltura in Europa come qualche anno fa si viaggiava per cercare lavoro nella nostra Penisola. Senza arrivare troppo lontano agli italiani che migravano in America, Germania, Belgio, Svizzera. Le loro storie di "cercatori" di lavoro all'estero che provano a realizzarsi all'estero meritano di essere raccontate. E poi Cambio Paese porta già fortuna, infatti Daniele, dopo che l'abbiamo incontrato a Londra, è stato promosso in radio» (nella foto a sinstra, un frame del video).
La voglia di cambiare Paese e occupazione è una sensazione a cui le statistiche danno di continuo una dimensione concreta. Il Kelly Workforce Global Index 2014, ricerca che fotografa le opinioni dei lavoratori sul tipo e luogo di lavoro, è solo una delle ultime in ordine di tempo. In 231 mila hanno risposto all'indagine, da 31 Paesi del mondo e, tra questi, 4mila italiani. Risultato: l'81% di loro sarebbe pronto a trasferirsi per un lavoro migliore, che corrisponda a desideri, aspettative e competenze. Un dato più alto della media complessiva, che comunque si attesta al 71%. «Una volta si parlava di cervelli in fuga. Persone di talento o alta specializzazione professionale. Ora a partire sono anche lavoratori che cercano un lavoro a condizioni oneste che gli permetta di realizzarsi professionalmente», riflette De Paola. Secondo il Kelly Index, infatti, tra gli italiani con la valigia pronta o quasi, il 49% preferirebbe lavorare in un Paese europeo, mentre la molla che spinge a partire non fa differenze di bandiera: conta la voglia di sviluppare nuove competenze e di svolgere un lavoro socialmente più consapevole, molto più che quella di avanzare di carriera. Anzi: secondo la ricerca, per il 58% degli italiani intervistati la possibilità di migliorarsi vale anche più di un aumento di stipendio.
E le “condizioni oneste” di lavoro sono le grandi assenti nei primi video di Cambio Paese. Si ride, ma di un riso amaro, negli sketch che raccontano cliché ancora duri a scrostarsi: «Abbiamo iniziato a produrre video ironici di colloqui di lavoro in Italia, al limite tra fiction e realtà, utilizzando lo stile del 'castigat ridendo mores», spiega il giornalista. Ci sono il figlio di papà e la candidata a dir poco avvenente che ti passano davanti nel colloquio, pur non essendo all'altezza. E, sì, c'è anche la proposta dell'ennesimo stage non retribuito ma che promette una grande esperienza professionale e tanti contatti.
Ora la web serie vuole fare un passo in più, dando un volto a quei trolley che passano da un check-in all'altro, con l'idea di far scoprire le storie, dietro ai numeri: «Vogliamo trasformare gli intervistati in attori che raccontano, recitando se stessi, quello che vedono e vivono all’estero», dice de Paola. Dopo la storia di Daniele raccolta a Londra, la prossima tappa sarà Monaco di Baviera. Il crowdfunding dovrebbe permettere di toccare altre città, non solo europee: «Londra e Monaco sono state autofinanziate. Ma speriamo di arrivare a Berlino, Madrid, Parigi, Dublino e New York. Finora abbiamo raccolto 545 euro e speriamo di arrivare a 3000», precisa Giovanni. Quel che basta per coprire le spese di voli low cost e alloggi altrettanto low, come Airbnb. Per le scene di interni girate a Bruxelles, e il montaggio, ad aiutare De Paola c’è Francesco Cardarelli, cameraman e producer professionista romano: «Se qualcuno mi chiede soldi per un progetto penso sempre che 'me sta a fregà'", spiega il cameraman. "Ma è una distorsione dovuta al malcostume a cui c'ha abituato il nostro paese, alla mentalità italiana. Questo è un progetto per parlare di noi, di voi: nessuno si arricchisce, ma ci si può divertire: 'Datece na mano', basta poco, e salite a bordo che tanto già stiamo tutti sulla stessa barca».
Maura Bertanzon
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