Matteo Moschella
Scritto il 27 Gen 2016 in Notizie
coworking Gruppo Nestlé Italia Milano smart working
«Il lavoro agile, o “smart working”, può essere uno dei tasselli per cambiare profondamente il modo di lavorare degli anni 2000: un modo per migliorare sia le condizioni di lavoro, sia la produttività delle aziende e la qualità della vita delle persone». Con queste parole Andrea Orlandini, vicepresidente dell’AIDP – l'Associazione italiana per la direzione del personale – ha aperto qualche giorno fa l’incontro «Una legge agile per un lavoro agile» organizzato dalla sua associazione e dal Comune di Milano per presentare il nuovo testo sullo smart working collegato alla Legge di stabilità e anche la terza Giornata del lavoro agile fissata dall’amministrazione milanese per il prossimo 18 febbraio (sul sito del Comune tutte le informazioni).
Milano si è in effetti distinta negli ultimi anni per la sua attenzione verso il «lavoro agile», ovvero quella nuova forma di organizzazione dell’impiego che permette al lavoratore di svolgere i propri compiti in luoghi diversi dall’abituale posto di lavoro e con altri orari rispetto a quelli tradizionali, venendo valutato in base agli obiettivi raggiunti invece che per le ore di presenza in ufficio.
Alle precedenti edizioni della Giornata del lavoro agile hanno aderito più di 200 aziende e sono stati organizzati dal Comune spazi di lavoro nei più disparati luoghi pubblici (piscine, parchi e aree comuni), generando una bella partecipazione dei cittadini. La città infatti può contare, come racconta Cristina Tajani, assessore al Lavoro della giunta Pisapia, su 49 spazi di coworking accreditati presso il registro comunale – più del doppio se si contano i non registrati – e si è impegnata a presentare per il prossimo 18 febbraio un’app dedicata ai cittadini per trovare lo spazio di lavoro libero più vicino. E Non solo i privati aderiscono a questa iniziativa, aggiunge l’assessora, ma anche la pubblica amministrazione.
Il lavoro agile permette di ripensare il proprio rapporto con l’orario e il luogo di lavoro. E la nuova legge «mancava in passato», come ci tiene a chiarire una “collega” di giunta della Tajani, l’assessora Chiara Bisconti [nella foto, le due assessore insieme durante l'evento], che guida il settore di Palazzo Marino che si occupa di benessere e qualità della vita: una legge necessaria, insomma, che finalmente «risolve gli aspetti problematici dello smart working».
Maurizio Del Conte, professore associato di Diritto del lavoro all'università Bocconi e tra gli ideatori della legge, identifica questi problemi nella sicurezza del lavoratore fuori dall’ufficio o nell’evitare l’isolamento che il lavoro autonomo potrebbe creare. Oltre a questi problemi, il testo fornisce una nuova definizione del lavoro agile: si applica a ogni tipo di contratto subordinato privato, è su base volontaria, in caso di abbandono si torna al contratto precedente; gode di speciali assicurazioni sugli infortuni e si applicano le normali condizioni di recesso. Per la pubblica amministrazione verranno definite regole particolari nella futura Riforma della pubblica amministrazione, ancora in fase di studio.
Il disegno di legge vuole essere «leggero, e non porre paletti» e in particolare «non predefinire livelli organizzativi a cui il lavoro agile può essere offerto ma lasciare aspetti di sviluppo, perché se c’è una cosa che abbiamo riscontrato è che le sperimentazioni di lavoro agile sono molto timide».
Chi non è stato timido nelle sperimentazioni è Nestlé, come racconta Giacomo Piantoni, direttore risorse umane Italia della multinazionale svizzera che non a caso ha ricevuto dal Comune di Milano e dalla Repubblica degli Stagisti, l'anno scorso, proprio il premio "RdS award speciale Giornata Lavoro Agile": «Abbiamo iniziato nel 2012. Non avendo una normativa di riferimento ci siamo ispirati a ciò che volevamo raggiungere: una nuova cultura aziendale più orientata alla performance che alla presenza fisica del lavoratore».
E i numeri di questo singolo caso evidenziano risultati importanti: nella sede di Assago dell’azienda, su 1800 persone circa il 90% ha utilizzato una o più volte lo smart working, per una media di circa 300 al mese. Nestlé ha sperimentato un approccio sistematico, con quote fisse di lavoro fuori dalla sede per ogni dipendente, e uno occasionale quando ragioni contingenti rendevano necessario al lavoratore utilizzare una sede differente. Allo stesso tempo sono stati registrati un aumento della produttività e una diminuzione di richiesta degli straordinari. L’azienda è più che soddisfatta dell'esperienza e scommette sulla sostenibilità del lavoro agile anche per il futuro: «Siamo convinti che contribuisca alla parità di genere, dato che non si sono rilevate da noi differenze nella richiesta tra uomini e donne infatti» conclude Piantoni «e che piaccia ai giovani».
«Il tema di attrarre persone giovani e dei talenti è un tema importante che non possiamo tralasciare» concorda Patrizia Bonometti, responsabile risorse umane di Tenaris Dalmine, azienda che al momento invece non usa il lavoro da remoto ma non esclude di introdurlo in futuro: «Cerchiamo sempre di migliorare il rapporto fra vita e lavoro dei nostri dipendenti. Nel tempo vogliamo coinvolgere alcune aree aziendali, tra quelle possibili, per trovare un modo di iniziare a instillare alcune forme di lavoro agile». La maggiore flessibilità dell’impiego e dell’orario infatti sono un plus per le nuove generazioni: «I giovani riconoscono un’impresa che usa il lavoro agile come più vicina ai loro stili di vita» ribadisce alla Repubblica degli Stagisti l’assessora Bisconti.
E poi in realtà questa modalità non favorisce solo chi si affaccia per la prima volta sul mercato del lavoro. Anzi, sono sopratutto i lavoratori con figli a carico a poter apprezzare e sfruttare una maggiore indipendenza nell’organizzazione. L’equilibrio maggiore tra vita e lavoro sembra essere veramente una delle caratteristiche principali del lavoro agile, capace di creare un vero e proprio vantaggio competitivo per le aziende che lo utilizzano come spiega la Bisconti: «Noi questo vantaggio l’abbiamo misurato fisicamente durante le edizioni precedenti della Giornate del lavoro agile, in due ore di tempo risparmiate quotidianamente per ogni lavoratore».
Insomma questa modalità di lavoro sembra aiutare non solo le aziende ma tutti i cittadini: per questo la Bisconti lancia un ultimo appello ad aderire alla terza Giornata del lavoro agile: «Un’intera città può trarre vantaggi dal ripensamento di un nuovo rapporto con il lavoro. Il lavoro agile fa bene anche al territorio. Il singolo individuo può raggiungere nuovi livelli sia di produttività sia di qualità della vita».
Resta solo da vedere quando la nuova normativa sul lavoro agile verrà approvata, e diventerà uno strumento concreto a disposizione di datori di lavoro e lavoratori del nuovo Millennio.
Matteo Moschella
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