Le nuove generazioni, vuoi per fascino vuoi per necessità, rispolverano il lavoro “a bottega”. E lo fanno nella veste moderna – ma nemmeno tanto – del tirocinio. Italia Lavoro, promotrice del progetto, le ha chiamate le“Botteghe di Mestiere e dell’Innovazione”, in riferimento all’intento di reclutare artigiani 2.0, capaci di rinnovare il made in Italy raccogliendo le sfide del futuro. Cambia il nome, ma la formula è più o meno sempre la stessa. Per intenderci, quella dei Progetti Neet e Garanzia Giovani: in questo caso tirocinio semestrale rivolto a giovani disoccupati tra i 18 e i 35 anni (non compiuti), con un rimborso mensile di 500 euro.
Gli aspiranti artigiani digitali hanno tempo fino al 27 luglio per candidarsi a un tirocinio. L’esperienza vedrà impegnati, entro il 31 marzo 2017, 1.815 tirocinanti in 183 botteghe di tutta Italia, concentrate soprattutto in Calabria, Puglia, Marche, Sicilia e Campania. Delle botteghe ammesse al progetto, ben 101 appartengono alla categoria agroalimentare - enogastronomia - ristorazione, in linea con l’exploit del food sulla scia dell’Expo; 31 al settore abbigliamento - moda e 29 a quello meccanico. Seguono legno - arredo casa; grande distribuzione organizzata; navale e artigianato artistico.
Ma le “Botteghe di mestiere e dell’innovazione” non sono una vera novità, se non per la parolina magica “innovazione”. Il Progetto “Spa”. (Sperimentazioni di politiche attive) attualmente in corso ha infatti come antenato il Programma Amva (Apprendistato e mestieri a vocazione artigianale), svoltosi tra il 2012 e il 2014, e chiuso con un anno di anticipo per “esaurimento risorse”, a fronte dell’esorbitante numero di domande (24.201).
Una interruzione che fece scalpore, eppure dell’esito di quel piano si è detto poco o nulla. La Repubblica degli Stagisti ha chiesto allora a Italia Lavoro che fine abbiano fatto i beneficiari del Programma Amva. Ebbene, dei 3.226 tirocini attivati, secondo il monitoraggio della Società, 663 si sono conclusi con la stipula di un contratto di lavoro. In particolare, il 44% dei datori di lavoro ha scelto la formula dell’apprendistato e il 43% ha optato per contratti “a tempo determinato”, categoria comprendente i contratti di lavoro intermittente, i contratti d’agenzia, i contratti a scopo di somministrazione e i contratti di lavoro ripartito a tempo determinato. E ancora, il 7% ha scelto rapporti di lavoro “a tempo indeterminato” (sempre conteggiando i contratti di lavoro intermittente) e il restante 5% altre tipologie contrattuali, come contratti a progetto, prestazioni a partita IVA e lavoro occasionale. Il 18% dei tirocini si sono invece conclusi anticipatamente, per rinuncia del tirocinante o per decisione dell’azienda.
Ma la vera notizia purtroppo è che 1.982, cioè il 61% del totale dei tirocini (non conteggiando nel computo l'alto numero di quelli non giunti a completamento) non hanno portato a nessun tipo di inserimento lavorativo: un bilancio molto magro per Amva, soprattutto a fronte dei 23,5 milioni di euro di investimento statale – mediante fondi Spao (Sistemi di politiche attive per l’occupazione) e Pac (Piani di accumulo) - su quel progetto.
A due anni di distanza, Italia Lavoro e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno comunque deciso di ripetere l’esperienza, con alcuni aggiustamenti. Annamaria Cimino, project manager di Italia Lavoro e responsabile del procedimento delle “Botteghe”, li ha illustrati alla Repubblica degli Stagisti: «Nell’edizione precedente il soggetto promotore era di Italia Lavoro, oggi lo sono - come capofila dei raggruppamenti - soggetti del territorio, per favorire lo sviluppo di politiche sempre più vicine alle esigenze reali delle imprese e dei giovani».
Ma la vera differenza dovrebbe farla la famosa parola jolly “innovazione”. In cosa si traduce concretamente, nel progetto, questo termine spesso abusato? «Si è dato spazio allo sviluppo di competenze legate al digitale e alle imprese innovative. Quindi non soltanto all’inserimento in azienda per la formazione sui mestieri tradizionali, ma anche per quelli che presentano caratteristiche più innovative, legati alle nuove tecnologie e strumentazioni, si pensi ad esempio allo studio delle materie prime usate in pasticceria per stampanti in 3D».
Che cosa rappresenta dunque l’idea di “bottega” di Italia Lavoro? «Non è semplicemente il luogo dove si svolge un tirocinio, bensì un modello che riunisce al luogo di formazione l'opportunità per le imprese di fare rete, di consolidare i rapporti di aggregazione e di filiera». Inoltre il Programma ambisce a «stimolare e rendere centrale il ruolo del sistema della formazione e di rappresentanza delle imprese nel nuovo impianto delle politiche attive, e a implementare e sperimentare il vero percorso di formazione duale e di integrazione scuola/formazione e lavoro tanto auspicato dalla riforma».
Resta però un punto di domanda sull'opportunità di ricomprendere in programmi come questo persone fino a 35 anni, un'età in cui sarebbe lecito aspirare a qualcosa di più che un tirocinio; e poi, data la scarsa efficacia a livello occupazionale del progetto precedente, c'è sopratutto da auspicare che queste nuove Botteghe di mestiere riescano a raggiungere migliori risultati.
Rossella Nocca
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