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Ilaria Mariotti
Scritto il 11 Feb 2025 in Storie
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Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti vuole dare voce alle testimonianze di donne - occupate nelle aziende dell’RdS network - che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" e/o ricoprono ruoli solitamente affidati a uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio degli uomini. La storia di oggi è quella di Anastasija Bakmaz, 31enne manager dell'area AI&Data per EY.
La pubblichiamo oggi, 11 febbraio, per festeggiare la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza.La mia vita inizia in un momento storico drammatico. Sono nata a Novi Sad, in Serbia, nel 1993, in un periodo di guerra e grande instabilità nella penisola balcanica. Eventi che hanno segnato il mio percorso. A cominciare dai trasferimenti, che erano necessari per sfuggire ai bombardamenti: crescendo ho vissuto in tre città diverse tra Serbia e Bosnia ed Herzegovina. Ho frequentato la scuola materna a Novi Sad fino al 1999, per poi trasferirmi a Trebinje – fino al 2008 – dove ho studiato alle medie. Infine a Banja Luka, dove nel 2012 mi sono diplomata al liceo classico.
Già in questi anni c’è stato un passaggio cruciale. In Bosnia le superiori durano quattro anni. Al secondo anno si è presentata l’opportunità di finire gli ultimi due anni in una classe internazionale in cui tutte le lezioni erano tenute in inglese. Ogni studente poteva scegliere soltanto sei materie sulle quali concentrarsi, due delle quali a livello avanzato. La mia scelta è caduta su fisica e informatica. Ed è qui che mi è capitato per la prima volta di vedere e sentire una differenza così marcata tra i generi: nella classe di entrambe le materie eravamo pochi, sei in totale, e io ero l’unica ragazza. Che è poi ciò che si riflette nelle aziende tech, come quella in cui lavoro oggi, EY. Non c’è parità tra uomini e donne, non si è ancora al 50 e 50 di presenze non tanto per discriminazione, ma per il semplice fatto che già in partenza i profili femminili sono numericamente inferiori.
I miei genitori hanno avuto un peso nelle mie decisioni. Entrambi hanno sempre creduto che matematica e inglese fossero le materie più importanti; mio padre per giunta è ingegnere, e mia madre è sempre stata brava in Economia. La loro idea era che il pensiero logico matematico aiutasse in diversi contesti. Vale anche per la musica, tant’è che ho frequentato una scuola in parallelo durante le elementari.
Quando è stato il momento di iscriversi all’università hanno però mostrato titubanza. Nel 2012 ho detto che volevo iscrivermi a Fisica a Pavia. Il problema non era espatriare, ero abituata ai continui cambiamenti. Ma nessuno comprendeva l’ambito su cui stavo puntando, né loro né gli amici né il resto della mia famiglia. Consideravano la decisione non convenzionale, troppo difficile e con pochi sbocchi professionali. Stavo quasi per cedere anche io. Avevo preparato tutta la documentazione per iscrivermi a Economia… poi, un giorno prima della consegna, ho cambiato idea scegliendo definitivamente Fisica.
In facoltà, ancora una volta, ho trovato una grande differenza tra i generi. Al primo anno eravamo circa in 45, di cui appena sei o sette donne. Ricordo che quando conoscevo qualche persona nuova, facevo un gioco: chiedevo di indovinare cosa studiassi. Nessuno scommetteva su Fisica. Tutti, essendo una ragazza, pensavano a Lettere, Storia e in generale indirizzi umanistici.
C’è da dire poi che sono in tanti a mollare il corso dopo il primo anno, ma non per questioni di genere in questo caso. Il tasso di abbandono di queste facoltà dipende dalla complessità degli esami, che rappresentano dei veri e proprio scogli. Studiare Fisica ha richiesto dedizione e costanza. L’ostacolo era anche la lingua, il mio italiano all’epoca era ancora scolastico. In alcuni momenti ho pensato di lasciare tutto e tornare in Bosnia, pensavo di non potercela fare e di aver fatto il passo più lungo della gamba. Ma non ho ceduto: a trasmettermi forza erano i miei genitori, che stavano facendo sacrifici per permettermi di studiare in Italia senza mai smettere di credere in me.Dal secondo anno ho trovato un mio equilibrio e ho potuto dedicarmi anche ad altro. Avevo l’aiuto economico dei miei, ma oltre al volontariato presso i doposcuola per bambini con famiglie segnalate ai servizi sociali, ho anche lavorato come cameriera e come insegnante privata di fisica, matematica e inglese per i ragazzi con disturbi di apprendimento.
Poi l’incontro con EY. Il contatto è avvenuto sul portale Almalaurea, ancora prima della laurea magistrale, con la proposta da parte loro di uno stage trimestrale a Milano. Concluso il tirocinio, ho iniziato un apprendistato. A Milano sono restata per quattro anni, e poi mi sono trasferita a Roma, dove sono adesso, con contratto a tempo indeterminato. Sono indipendente economicamente già dal primo contratto. Tutte le preoccupazioni relative agli sbocchi professionali di Fisica si sono insomma rivelate infondate!
Sono manager all’interno del team che si occupa di disegno e sviluppo delle soluzioni di Intelligenza Artificiale. Ci rivolgiamo alle aziende farmaceutiche che hanno bisogno di capire dove indirizzare le applicazioni all’interno dei loro processi. Utilizzo la fisica come ‘forma mentis’, per l’approccio alla risoluzione dei problemi, e le abitudini ‘lavorative’ che ho conseguito durante gli studi mi hanno aiutato molto nel percorso professionale.
In azienda non c’è nessun gender pay gap: esistono griglie uguali per tutti e non si scappa. Né abbiamo trattamenti differenziati di sorta. Anche perché, sarò sincera: credo che la mia generazione abbia superato certi stereotipi, quello che si avverte sono solo strascichi. Succede ovunque che magari una persona di mezza età faccia commenti inappropriati sull’aspetto esteriore. E spesso è questa generazione a essere alla guida delle aziende.
Ma in EY è stato valutato solo il merito. Ed è una realtà che offre supporto anche in caso di maternità. Capisco le preoccupazioni di chi è in attesa di un bambino, perché ci si deve assentare per mesi, però il team corre in aiuto per fare in modo che non si perda il filo. Il consiglio che mi sento di dare è di seguire la propria passione, anche quando gli altri non la capiscono. Le scelte difficili richiedono coraggio, ma la determinazione e il duro lavoro ripagano sempre.
Ilaria Mariotti
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